Monte di Procida: Acquamorta e la sua leggenda

Monte di Procida: cenni storici

Monte di Procida offre un panorama di straordinaria bellezza: quando la luce ambrata del tramonto accarezza le acque del golfo e la vista si distende da Procida a Ischia, da Capri al Vesuvio, fino a perdersi nell’orizzonte, la sensazione è quella di ritrovarsi in un sogno, tra il cielo e il mare di uno scenario fiabesco.

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Affascinante è anche la storia di questa località, che risale all’epoca delle invasioni dei popoli indoeuropei. Cuma e Miseno erano occupate da Opici, una tribù degli Enotri, che costruirono diversi villaggi nei Campi Flegrei. Durante il periodo greco e romano, Monte di Procida stabilì legami commerciali e bellici con Cuma e Miseno.

Una testimonianza storica della presenza di queste popolazioni è possibile leggerla nella Guida di Pozzuoli di Andrea de Jorio (1817), che, parlando delle ville di Cuma, sostiene: si son rinvenuti a molta distanza da Cuma, sul più alto delle colline, delle tombe greche, e quel ch’è più eleganti ipogei incavati nel tufo. Il fatto dimostra che gli antichi, sì Greci che Romani, avevano come noi le loro edicole rurali con familiari sepolcreti adiacenti nelle loro case di delizie.

L’importanza di Monte di Procida crebbe con la vittoria dei Romani su Etruschi, Sanniti e Cartaginesi, divenendo un centro fiorente. Tuttavia, in seguito alle invasioni barbariche e alla sconfitta di Miseno, il Monte si affiliò amministrativamente all’isola di Procida, fino al 1907 quando ottenne l’autonomia, dovendo, però, accettare l’attuale denominazione di “Monte di Procida”.

La leggenda di Acquamorta

monte di procidaMonte di Procida può vantare un piccolo porto ed una spiaggia annessa, che regala una seducente veduta da cartolina. Si tratta di Acquamorta, un luogo che, oltre ad aver avuto la funzione di permettere gli spostamenti delle flotte cumano-siracusane, è la culla di una antica leggenda ancora oggi tramandata dal popolo di pescatori, ma poco conosciuta.

Si narra che, ai tempi in cui Monte di Procida non esisteva ed era solo un luogo di lavoro per i pescatori dell’isola di Procida, i quali vi coltivavano i campi, c’era un ricco signore di nome Cosimo, proprietario di un terreno proprio sopra il costone. Quando andava a controllare il suo possedimento, capitava che portasse con sé anche l’unica figlia femmina, una giovane bellissima di nome Acqua.

monte di procidaUn giorno Acqua, approfittando di un momento di distrazione del padre, si recò in spiaggia da sola per fare un bagno. Tra un tuffo e l’altro, la ragazza si era spinta troppo al largo. Un’onda la trascinò sott’acqua facendola quasi annegare, ma improvvisamente una forza inaspettata la riportò in superficie. Quando rinvenne si ritrovò in una piccola barchetta con Giosuè, un giovane pescatore procidano che, dirigendosi verso la spiaggia, l’aveva vista annegare.

E così i due si conobbero raccontandosi di come si sentivano a casa solo quando potevano vedere il mare. La barchetta giunse a riva e i due dovettero salutarsi. Ogni giorno, all’incirca la stessa ora, Acqua scorgeva sulla spiaggia la barchetta di Giosuè, alzava il braccio e lo salutava. Lui lasciava andare il remo per rispondere al saluto.

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Un giorno la barca di Giosuè non arrivò, e Acqua apprese la notizia che a Procida alcuni pescatori, sorpresi dalla tempesta, non avevano fatto più ritorno. Acqua attese per diverso tempo la barca di Giosuè e, non vedendola più arrivare, si avviò verso il mare senza fare più ritorno.

La voce si sparse con grande dolore di tutti. E da allora quel posto cominciò ad essere chiamato Acquamorta. Il paese cresceva, e della storia di Acqua e Giosuè nessuno si ricordava più. Solo il mare, il quale conservò il ricordo di un amore che non ebbe mai l’occasione di compiersi.

Bibliografia:

  • Monte di Procida. Antica Misenum, Gnolfo A. Antonino,2003.
  • Guida di Pozzuoli e contorno, Andrea de Jorio, Editore Giovanni de Bonis, 1817

Sitografia:

Giovannina Molaro