Sempre più frequentemente i dibattiti internazionali vedono protagonista l’interesse per uno stile di vita di impronta animalista, ovvero cruelty free. Ogni ambito della produzione ha dovuto, negli ultimi anni, confrontarsi con le politiche della non violenza. Sono nate, così, risposte alternative nel rispetto degli animali.
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La moda Cruelty free
Anche il più inaccessibile e spregiudicato dei mondi ha accettato la sfida della nuova frontiera di abbigliamento vegan. Quello che negli anni ’20 era il capo più amato e indossato negli atelier, la pelliccia, è diventato uno dei soggetti più bersagliati delle proteste animaliste riferite al settore. D’altronde, a livello mondiale, il business delle pellicce vede coinvolti circa 70 milioni di animali l’anno. Dagli allevamenti europei provengono il 60 per cento delle pellicce commercializzate nel mondo, a fronte della produzione cinese che ammonta al 25 per cento . Questa brutale commercializzazione avviene senza alcuna regolamentazione e nessun diritto per gli animali, il cui unico destino sta nell’essere uccisi nei modi più cruenti e, infine, scuoiati (1).
L’appoggio dei grandi stilisti
Gli stilisti e le case di moda di fama mondiale, da Giorgio Armani al marchio Adidas, hanno abbracciato il motto della campagna PETA (People for the Ethical Treatment of Animals): “meglio nudi che in pelliccia“. Rendendo out l’ingiustificabile violenza perpetuata agli animali, hanno creato una nuova associazione tra estetica ed etica.
Innovazione con Cruelty free
Il cruelty free diventa quindi sinonimo di innovazione, tramite l’uso materiali vegetali ed ecosostenibili, e di riscoperta delle produzioni artigianali, rivoluzionando il nostro modo di vestirci.
La moda, ancora una volta, dimostra di riflettere le mutazioni sociali dei tempi e dei consumatori.Il nuovo fronte trova sempre più sostenitori nel mercato, giacché sin dai dati Eurispes risalenti al Report sull’Italia 2014, più dell’85,5% degli intervistati si dichiarò contrario all’allevamento finalizzato alla produzione di pellicce . Si preannuncia, così, l’arrivo di una stagione interamente cruelty free.
Dieta, un nuovo <<modo di vivere>>
Nell’immaginario collettivo il cibo viene associato all’amore. Eppure attualmente esso è la più velenosa pillola dell’odio che ingeriamo nel nostro corpo. Cibo significa sprechi, sacrifici, soldi, industrie intensive, inquinamento ed è allo stesso tempo la manifestazione più veritiera dell’ identità e della cultura.
La piramide alimentare mostrata in figura è una revisione elaborata dal Dipartimento dell’Agricoltura Statunitense. Come si può vedere, è consigliato mangiare la carne più di una volta al giorno.
Oltre l’etica animalista
Recenti indagini , come quelle condotte da giornalista, Jonathan Safran Foer nel suo libro “se nulla importa. Perché mangiamo gli animali”, documentano le atrocità a cui sono sottoposti gli animali pur di essere costantemente serviti nei nostri piatti.
Questi riferisce gli aspetti negativi dell’allevamento intensivo: anche in questo caso la crescita degli animali avviene in maniera del tutto insana, in spazi soffocanti, che portano all’insorgenza di malattie e deformazioni tali da necessitare amputazioni. La costante richiesta ha inoltre favorito l’assunzione di antibiotici e farmaci che favoriscano lo sviluppo corporeo, principalmente ormoni, nocivi tanto per l’animale quanto per il consumatore.
L’impatto ambientale
Tuttavia le denunce dello scrittore Safran Foer riguardano anche l’impatto ambientale che questo tipo di produzione comporta. Inaspettatamente questa si è rivelata la principale fonte di produzione di gas serra. Con un rilascio di oltre il 18 per cento, contribuisce per il 40 per cento in più rispetto al trasporto mondiale al surriscaldamento mondiale, guadagnando il primato di principale causa dell’inquinamento (2). Le testimonianze trovano conferma anche dalle stime rilasciate dalla Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO). Queste rivelano che si è verificato un raddoppio delle emissioni dei gas serra negli ultimi cinquanta anni causati dagli allevamenti. I dati confermano un passaggio dai 4,7 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio nel 2001 a oltre 5,3 miliardi di tonnellate nel 2011.
La testimonianza
Un simbolo della campagna alla sensibilizzazione e consapevolizzazione dell’uso di una alimentazione di origine animale è l’oncologo italiano, Umberto Veronesi. Vegetariano convinto, spiega in una intervista rilasciata al Corriere della Sera le ragioni di una vita cruelty free: “ per me stesso, per gli animali e per la natura”.
La scelta di rinunciare alla propria onnivoricità è sicuramente complessa, ma dovrebbe motivare ognuno di noi a riflettere anche su cosa scegliamo di mangiare.
Chiara Nardo
Fonti:
1) I dati sono riportati dalla Lega Italiani Difesa Animali e Ambiente (Leidaa), di cui sono fondatori Maria Vittoria Brambilla e Umberto Veronesi
2) Se nulla importa ,perché mangiamo gli animali, Guanda, 2011