Un bel lavoro di Baricco: “Smith e Wesson”
Procediamo ad una logica operazione matematica: la somma di un autore che scrive anche per il teatro e lo fa bene, di tre attori che tengono una performance vivace tanto da non permettere agli spettatori di distrarsi, e di un teatro accogliente che si difende bene dagli altri luoghi d’arte convenzionali, in quanto spazio alternativo, darà come risultato non solo una rappresentazione, ma un’esperienza da intascare con il sorriso.
Un’esperienza possibile da vivere fino al 9 aprile 2017, presso il teatro “il pozzo e il pendolo”, situato in un palazzo (al civico 3, per la precisione) di piazza San Domenico Maggiore.
La storia di Smith e Wesson, scritta da Alessandro Baricco nel 2014, si presta ad una piacevole lettura. I due protagonisti sono pregni si significati già sulla carta, e gli acuti riferimenti e spunti di riflessione partono con la simpatica associazione dei loro cognomi, che richiama un’importante armeria, e non manca in quella dei loro nomi, omonimi di quelli dei simpatici personaggi dei cartoni animati, Tom e Gerry.
Le loro storie, e quella che poi diviene storia comune, travolta ed intrecciata da quella della protagonista femminile, Rachel Green, sono in sé stesse, nell’ovvietà con la quale presentano situazioni e condizioni per niente ovvie, emblema di sensi profondi.
Questo lo dobbiamo al presupposto a prescindere: la drammaturgia. Baricco è uno che pensa cose belle, e meravigliosamente le sa mettere nero su bianco nella loro forma più scorrevole, che suggerisce tutto, senza dire tutto.
Senza rendere scontato niente.
La trama sembra semplice, ma è un ingarbuglio complicatissimo di vite, umori, ambizioni, tentazioni, posizioni, fallimenti, frustrazioni umane.
Tom Smith entra in scena nella sua tenuta da metereologo, inventore di un metodo strambo per predire tuoni, fulmini e giornate serene; un metodo statistico che gli richiede l’impegno di girare fra la gente del mondo per appuntare, sulla base dei loro ricordi, che tempo faceva in dei giorni particolari. Ognuno ha vissuto dei giorni particolari, belli o brutti che fossero, ma indelebili nella mente. Nessuno dimentica se splendeva il sole o scrosciava la pioggia in quei giorni. E il metodo di Smith si rivela ben presto essere un modo per strappare i giorni alla memoria delle persone, impedendo che il tempo li cancelli. Insomma, un romantico. Un romantico, che poi si scopre essere poco metereologo e molto inventore; cattivo investitore e abilissimo mago della sparizione. Disturbato emotivamente da problemi affettivi contratti in età infantile, ma dal cuore tenero e facile da sciogliere. Un cuore probabilmente ancora alla ricerca di sogni da esaudire, anche di sogni non suoi, laddove i suoi sembrano tutti mancare in qualcosa.
A portare una ventata di sogni nuovi ci pensa proprio Rachel Green, una giornalista ventitreenne che irrompe nella vita dei due compari con il suo carico di progetti e piani, decisa ad intervenire nei loro programmi.
Rachel è un’impiegata del “Cronical”, dove però le riservano solo mansioni umili ed umilianti, ma sogna di scrivere, e cerca una storia. Allora pensa bene di crearla lei, la sua storia, la sua avventura; in quell’età in cui la morte non ci appartiene, non ci fa paura e pertanto non la prendiamo proprio in considerazione.
Ci convive, invece, con la morte, Jerry Wesson, che di mestiere fa il pescatore; il pescatore di cadaveri. Infatti a Wesson è andato male il tentativo di ricalcare le orme di un padre, che i corpi dal fiume li pescava si, ma per salvargli la vita. Anche il pescatore, pertanto, nella sua curiosa vita composta di singolari rituali, cerca la strada della propria storia personale, come d’altronde ogni essere umano.
Il tutto sullo sfondo delle fantastiche cascate del Niagara … in contemporanea natura spettacolare e spettacolo di morte. Umanità che fa spettacolo di ogni cosa, finanche della morte.
Di significati, in questo romanzetto di Baricco, ce ne sono quasi più delle parole. Ma l’abilità, oltre che dell’autore che crea, è anche dell’attore che attua.
Quando negli occhi brillanti di Rachel Green (Marianita Carfora) vediamo luccicare i sogni imbattibili di una ventenne o nello sguardo di Wesson (Antonello Cossia) leggiamo la malinconia dei suoi ricordi, dei suoi progetti, dei suoi fallimenti, affogati insieme al tempo e ai corpi dei suicida che non è riuscito a salvare, e quando nondimeno nei comici cambi di umore di Smith (Paolo Cresta) leggiamo le frustrazioni di chi avrebbe voluto, avrebbe anche potuto, ma non ha saputo, perché in qualcosa ha sbagliato, e non sa se la vita gli concederà un’altra possibilità; ecco, quando tutte queste emozioni il pubblico le sente, le assaggia come esistenti, vuol dire che gli attori le vivono e ne fanno da tramite ottimale.
Di contro alle spettacolari scenografie che ci si aspetterebbe per una storia ambientata sulle imponenti cascate del Niagara, la suggestione del contesto è stata tale da rendere efficiente e credibile la scena composta da un amaca, un secchiello di zuppa di fave, luci gialle, basse o buio pesto a rappresentanza del mattino, della notte o del trascorrere del tempo; e rumori, suoni … quelli della pioggia o dell’acqua che cade giù, rotolando in cascata.
Nel complesso, se il drammaturgo e gli attori sono fautori rispettivamente, di ottime idee e di una buona applicazione di queste, il ruolo della regia, di Paolo Cresta, che filtra, spiega e dirige l’applicazione delle idee perché si esprimano senza perdere alcun valore, merita altrettanto riconoscimento.
Letizia Laezza
Smith e Wesson- Teatro “Il pozzo e il pendolo”- (sito ufficiale)