Benché la tradizione bizantina ci abbia tramandato solo l’opera dei tre massimi autori tragici, cioè Eschilo, Sofocle e Euripide, c’è un quarto nome meritevole di menzione per l’innovazione che introdusse nella tragedia e per la sua presenza nel Simposio di Platone: Agatone.
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Tra Atene e Pella
Agatone nacque e visse per buona parte della sua vita ad Atene. Fu amico di molti intellettuali del pieno V sec., quelli che notoriamente non erano visti di buon occhio dalle precedenti generazioni per le novità che stavano introducendo nella letteratura e nel mondo intellettuale: tra essi va annoverato, senza dubbio, Euripide.
Euripide e Agatone, per certi versi, seguirono un percorso simile: soggetti a qualche critica in Atene per il tipo di teatro che proponevano, decisero entrambi di recarsi a Pella, presso il re macedone Archelao. Archelao fu il primo sovrano macedone a tentare un vero avvicinamento alla cultura greca. I Macedoni saranno sempre accusati di essere barbari (si ricordino le lunghe orazioni di Demostene contro Filippo II), eppure ospitarono da sempre grandi personalità greche alla loro corte: basti pensare che sia Euripide sia Agatone morirono a Pella.
Agatone nel Simposio
L’altro grande compagno di Agatone fu Platone, ed è da lui che traiamo le informazioni che abbiamo sul poeta tragico. Il Simposio, uno dei dialoghi più celebri del filosofo, prende avvio dalla vittoria di Agatone alle Lenee (il festival teatrale di minore importanza) del 416 a.C. Agitone indice così un banchetto per festeggiare, ed invita tra gli altri Socrate, il poeta Pausania, Aristofane e Alcibiade che, per meglio dire, fa irruzione alla fine della festa. Tutti i partecipanti sono esortati a discutere su un argomento particolare: Eros. Agatone interviene per quinto, e traccia un elogio pomposo del dio, definendolo il più bello tra gli dei perché il più giovane, flessuoso e giusto. Alla fine conclude componendo dei versi in suo onore:
«Pace fra gli uomini e sul mare una tranquillità senza vento,
luogo di quiete e di sonno nell’affanno dei soffi impetuosi.»
(Simposio 197c)
Lo stile
Dai versi che riporta Platone e dalla descrizione che egli fa di Agatone (un uomo elegante, piuttosto ricco e ben in vista ad Atene) riusciamo a ricostruire parte della sua personalità. Chiaramente vengono in soccorso anche i pochi frammenti che sono stati tramandati per tradizione indiretta dagli altri autori.
Pare che Agatone non fosse sfuggito del tutto all’influenza dei sofisti: il discorso che egli fa in onore di Eros è pieno di manierismi e di complesse costruzioni. La tradizione, infatti, riporta che egli era solitamente accusato di essere eccessivo nella sua poesia e di impiegare un linguaggio troppo artificioso. Nonostante molti contemporanei e posteri gli attribuirono il definitivo declino della tragedia iniziato già con gli ultimi drammi di Euripide, pare che Agatone andasse ben fiero del suo modo di comporre. Anche Aristofane, probabilmente per amicizia, ne tesse un modesto elogio nelle sue Rane.
Le innovazioni
Ma quali furono queste innovazioni che tanto furono criticate? Aristotele, nella Poetica, ricorda la novità più grande che Agatone introdusse col suo Anthos (il “Fiore”): per la prima volta una tragedia non era attinta dalla mitologia greca, ma era frutto della fantasia del poeta. I drammi, inoltre, erano caratterizzati solitamente da improvvisi rivolgimenti e inaspettati esiti che, insieme allo stile ampolloso, dovevano provocare stupore nel pubblico.
Come era successo per l’ultimo Aristofane, anche Agatone eliminò i tradizionali canti corali per sostituirli con dei semplici intermezzi musicali, assolutamente interscambiabili. Secondo la tradizione, anche la musica impiegata era troppo “innovativa” e moderna, quasi eccessiva, volta ad aumentare ancora di più il pathos negli spettatori.
Aristotele è preziosissimo per noi perché riporta i titoli di alcune tragedie di Agatone, tutte perdute eccetto circa trenta frammenti: Alcmeone, Erope, Tieste, Telefo. Esse erano caratterizzate anche da alcuni pezzi avulsi dal vero mito di base, a metà tra commedia e idillio.
Euripide e Agatone: davvero così simili?
Nonostante la tradizione accomuni in parte Euripide e Agatone, per il loro approdo a Pella e per il loro teatro innovativo, è chiara la sostanziale differenza tra i due: se entrambi furono influenzati in parte dai sofisti e distrussero, alla fine della loro produzione, alcuni elementi costitutivi della tragedia tradizionale, Agatone manca rispetto ad Euripide di un vero pensiero di fondo.
È palese, tuttavia, che l’involuzione della tragedia era già scritta: le spinte dei nuovi ambienti intellettuali e l’influenza dei sofisti erano troppo forti per preservare la tragedia nella sua forma originale. Accantonando dunque ogni giudizio critico sullo stile di Agatone, il poco che resta di lui testimonia innanzitutto un profondo cambiamento non solo nella tragedia, ma in tutta Atene. Non è un caso che nel dialogo platonico Agatone sia affiancato a personalità come Socrate, Aristofane e Alcibiade: ognuno di loro nel proprio campo, che sia la filosofia o la commedia o la guerra, cambiarono il volto della polis, indirizzandola irrimediabilmente verso l’acme e il conseguente declino.
Alessia Amante