Ligea vide sua sorella Partenope lanciarsi giù dalla rupe, bellissima come l’aveva sempre ricordata. Ed era così persino in quel momento, mentre il corpo della sirena volava a velocità folle contro gli scogli che affioravano dal mare. Su udì solo un rumore sordo, soffocato, come un grido disperato nel silenzio. Ligea urlò presa dal terrore”.
Narra più o meno così la leggenda di Ligea, la più piccola delle sirene, la Melodiosa, come viene ricordata dalle antichissime tradizioni, che tramandano la sua storia. Nel mito cantato dal poeta calcidese, Licofrone, Ligea era chiamata la melodiosa dalla voce incantevole. Insieme con le sue due sorelle, Partenope, la fanciulla che sembra una vergine, e Leucosia, dalle membra candide, erano le tre Sirene, figlie di una Musa e del fiume Acheloo.
Il mito di Ligea, la sirena dalla voce incantevole
Cantavano di loro e della bellezza sovrumana gli antichi aedi delle prime città della Grecia, descrivendone le morbide membra semiumane e l’ inafferrabilità del soave canto, musica melodiosa e insieme ingannevole per viandanti, naviganti e uomini di mare. Il mito tramandato racconta che il canto delle sirene, nascoste oltre le rupi scoscese degli scogli del mare, ammaliava i naviganti, che si riparavano dai venti, costeggiando le sponde del Tirreno, fin giù a Scilla.
Le storie più antiche raccontano ancora che le figlie del fiume Acheloo sarebbero state trasformate in donne uccello da Demetra. La dea, sorella di Zeus, portatrice delle stagioni e regina della fertilità negli Inni omerici, avrebbe punito le sirene, in quanto le fanciulle si sarebbero rifiutate di prestare aiuto a Persefone, rapita da Ade, incantato dalla bellezza della giovane. Strappata alle amiche durante una giornata di giochi, Persefone venne trascinata nell’Averno, dove, si racconta, Ade aveva nascosto l’ingresso al Regno dei morti.
Apollonio Rodio, vissuto nel III secolo a. C., racconta ne Le Argonautiche il triste destino delle Sirene. Addolorate, quando Ulisse riuscì a sottrassi al fascino irresistibile del loro canto soave, decisero di lanciarsi in mare e di andare incontro ad una tragica morte. Unite in vite, nella morte si separarono. Le onde del mare trascinarono il corpo di Partenope sulla spiaggia dorata, luogo dove poi sarebbe nato il piccolo villaggio di pescatori, Napoli; Leucosia giunse sulle coste di Posidonia, oggi chiamata Paestum, e Ligea arrivò sospinta dalla corrente sulla riva calabrese nei pressi di Terina.
E Ligea pertanto sarà sbalzata presso Terina sputando acqua di mare; e i naviganti la seppelliranno nella sabbiosa spiaggia presso le rapide correnti dell’Ocinaro; e questo, forte nume dalla fronte cornuta, con le sue acque bagnerà il sepolcro e tergerà il busto dell’alata fanciulla […]. Altri, stanchi di vagare penosamente di qua e di là, si stanzieranno nel paese di Terina, dove bagna la terra l’Ocinaro versando le sue limpide acque nel mare”.
Nell’iconografia classica e nell’arte greca, Ligea è da sempre raffigurata e conosciuta come una donna con le braccia umane e il corpo di uccello, contornato da splendide e grandi ali. La sua figura, riportata su simulacri, tombe e statue, è sempre accompagnata da una cetra, simbolo della musica e della melodia.
Le sirene, nella mitologia classica portatrici di morte, sono presenti nell’ Odissea di Omero come le tentatrici, che con il canto ammaliatore, conducevano uomini e viandanti ad infrangere sugli scogli le loro navi, andando incontro ad un tragico destino.
La sede, dove le sirene si annidavano per spiare i naviganti, fu individuata nell’Italia meridionale, lì dove il mare si incontrava con gli scogli rocciosi. La leggenda racconta che, come quella delle altre sirene, anche la storia di Ligea ebbe un triste finale.
Con fare tremante, la sirena si affacciò e vide nella spuma bianca e vermiglia del mare il corpo senza vita di sua sorella, la sirena Partenope. Oltre l’orizzonte, la nave di Ulisse prendeva il largo, mentre l’aria intorno odorava di morte. Tra i singhiozzi e le lacrime, Ligea maledisse quegli uomini. Un attimo dopo anche Leucosia si tuffò in mare e la vide cadere e scomparire tra le onde, perdendo la vita.
Non fu la rabbia, la frustrazione o il fallimento. Ligea fu invasa da un oscuro e denso senso di solitudine. Non riusciva ad immaginare la sua vita senza le sue sorelle. Attese che il mare tornasse ad agitarsi, ad abbattersi con violenza sugli scogli, a spingersi in alto, oltre il cielo, e prese la decisione estrema.
La sirena si lasciò cadere nel mare, si lasciò cullare dalle onde fluttuose, libera finalmente del senso di abbandono e solitudine. Il corpo senza vita di Ligea, racconta ancora la leggenda, venne trovato alla foce del fiume Okinaros. I pescatori del posto la osannarono come protettrice del luogo”.
“Tu, viandante, se vorrai conoscere il percorso della sirena Ligea che sarà spinta dai flutti a Terina…I Faleri la seppelliranno nelle arene del lido contiguo ai vortici dell’Ocinaro dove era anche il sepolcro del Marte dalle corna di bue, dovrai attraversare la Via Traiana, raggiungere Terina dal Golfo Terineo o Lametino…”.
Valentina Labattaglia