L’analisi della sessualità nei drammi di William Shakespeare è stata a lungo bistrattata dalla critica letteraria, che solo negli ultimi decenni, sulla scia di nuove correnti accademiche e tendenze sociali, ha approfondito lo studio delle forme della sessualità nelle opere del drammaturgo inglese. La dimensione della sessualità, che persegue scopi differenti nelle tragedie e commedie shakespeariane, è ostinatamente presente nei drammi del bardo: nelle battute sconce pronunciate col fine di suscitare il riso (come in Romeo e Giulietta), nella concretizzazione carnale di un adolescenziale sentimento d’amore, come motore dell’azione o come causa della psicologia dei personaggi, esplicitamente manifesta o nascosta tra le righe e le battute. Se paragonato ai grandi temi storici, esistenziali, tragici dei suoi drammi, l’analisi della sessualità può apparire a primo impatto superficiale, ma non fa altro che rendere ancora più umano l’universo drammatico creato dallo scrittore inglese, che spesso appare troppo complesso e lontano dalla realtà.
Indice dell'articolo
Le forme dell’eros in Romeo e Giulietta
Romeo e Giulietta, la famosa tragedia che narra le vicende amorose dei due adolescenti omonimi, è piena di doppi sensi e battute sconce: qui, la sessualità è presente nella lingua, nella parole di taluni personaggi e ha lo scopo, dunque, di fornire maggiori informazioni sul personaggio e la sua psicologia.
I doppi sensi e le battute sconce di Sansone e Gregorio
Già dalle prime scene vediamo uno dei due servi di casa Capuleti, Sansone, rispondere alle provocazioni dell’amico Gregorio con una lunga sfilza di doppi sensi sessuali, che sono creati dal bardo inglese grazie alla sua maestria linguistica e la sua profonda conoscenza della lingua inglese. Sansone riproduce il tipo del soldato smargiasso, noto personaggio caratterizzato dell’universo comico di Plauto, la comicità dei cui testi è spesso generata da battute scurrili e riferimenti sessuali.
Verissimo; e per questo le donne, che sono i vasi più deboli, sono spinte sempre contro il muro. Caccerò, dunque, via dal muro i servi dei Montecchi e forzerò al muro le sue serve. (Sansone, Atto I, Scena I)
Con queste battute, nella prima scena del primo atto Sansone si difende dalla provocazione di Gregorio, che lo aveva accusato di essere uno schiavo debole, con riferimento alla sua forza mascolina, che è qui sessualmente connotata.
La sessualità usata per ostentazione e vanteria
Sulla stessa scia di ostentazione e vanteria continua Sansone:
When I have fought with the men, I will be civil with the maids, I will cut off their heads. […] Ay, the heads of the maids, or their maidenheads, take it in what sense thou wilt. (Sansone, Atto I, Scena I)
La citazione in inglese è qui necessaria, poichè in questo scambio di battute c’è gioco visibile tra le parole “maid” (ragazza), “head” (testa) e “maidenhead”, che significa verginità e può essere messa in relazione con il “poor john” (baccalà) di qualche battuta successiva, usato all’epoca per riferirsi all’atto dell’abuso. Con la seconda parte dell’ultima battuta “Take it in what sense thou wilt” (“Prendilo nel senso che vuoi”), sembra che Shakespeare voglia esplicitare e rendere noto allo spettatore il gioco di parole che sta portando avanti.
Allusioni all’organo sessuale
“E lo sentiranno finché potrò tener duro. Sono un bel pezzo di carne, questo si sa”, con questa battuta cominciano invece le allusioni all’organo genitale maschile, qui evocato nel chiaro gioco tra “tener duro” e “pezzo di carne”. Successivamente, invece, è l’immagine dell’arma a evocarlo: Greogorio dice a Sansone di “cacciare la sua spada” e Sansone risponde “che la sua nuda arma è fuori”. E l’immagine dell’arma, in particolar modo della spada, è spesso usata con riferimenti e allusioni sessuali nell’intera tragedia.
Le oscenità di Mercuzio
Un altro personaggio a cui Shakespeare fa spesso pronunciare doppi sensi e giochi di parole osceni è Mercuzio, il personaggio forse più interessante ed enigmatico di tutta la storia. Mercuzio è sfacciato e spontaneo, spudorato e ironico, si fa continuamente beffe di tutti: a nessuno più che a Mercuzio si adattano le battute pregne di scabrosi riferimenti sessuali. Nella sua prima apparizione con Benvolio e Romeo lo vediamo in un’accesa discussione sull’amore con quest’ultimo, in cui ironizza continuamente sulle sofferenze amorose dell’amico.
Se Amore è brutale con te, sii brutale con Amore,
rendi a lui puntura per puntura, e lo metterai giù.
Datemi una guaina per metterci dentro il mio viso.
(Mercutio, Atto I, Scena IV)
All’innocente battuta di Romeo “punge come una spina”, Mercuzio risponde con un gioco di parole tutt’altro che innocente: l’atto del pungere è sessualmente connotato e la “guaina” è un riferimento all’organo sessuale femminile, ponendosi in contrapposizione all’immagine dell’arma e della spada.
Mercuzio e Romeo
Ma è all’inizio del secondo atto, in cui lo vediamo alla ricerca di Romeo in compagnia di Benvolio, che Mercuzio fa sfoggio di tutta la sua ambigua malizia. Con l’intento di “evocare” l’amico, Mercuzio giunge all’estremo della scabrosità e, sebbene non sfoci mai nella scurrilità e nel registro basso, i suoi riferimenti sono tutti abbastanza espliciti e manifesti. Mercuzio, convinto che Romeo sia nascosto a causa delle sue pene d’amore per Rosalina, cerca di provocarlo con battute che hanno per soggetto la casta fanciulla: Mercuzio passa in rassegna il corpo di Rosalina, prendendo in considerazione alcune parti anatomiche, dalla fronte ai piedi, prima di approdare al riferimento al suo sesso “che giace in prossimità delle cosce”.
Un atto sessuale completo
Successivamente, invece, Mercuzio sembra descrivere un atto sessuale completo, dicendo che Romeo farebbe bene a infuriarsi con lui se facesse “rizzare nel cerchio della sua amata, / uno spirito di strana natura e ve lo lasciassi là diritto / fino a che lei non l’avesse soddisfatto / e placato”. Dal “rizzare”, che allude chiaramente a un’erezione, a soddisfare e placare, che alludono alla fine dell’atto e alla sua conseguente soddisfazione. Ma Mercuzio non si arrende, è ostinato e persistente in questo gioco portato avanti fino alla fine della scena, in cui fa perfino un riferimento a un rapporto anale tramite l’espressione “open-arse” (culo aperto), sostituita per il tono volgare dalla più generica ed eufemistica “open et coetera”.
Shakespeare osceno e volgare?
Di fronte a queste letture sorgono delle domande. Perché Shakespeare, da sempre considerato uno scrittore elevato e colto, pone momenti in cui il tono altamente lirico-tragico dei drammi si abbassa fino a sfociare nell’osceno e nel volgare? Innanzitutto, è la particolare condizione socio-culturale dell’epoca in cui egli opera a rendere necessari i momenti di scurrile comicità. Nell’Inghilterra elisabettiana, accanto al teatro delle corti i cui spettatori erano colti aristocratici, nasce e si sviluppa progressivamente il teatro pubblico, letteralmente aperto a tutti, anche agli strati più bassi e più poveri della società inglese. Ciò implica la presenza di un pubblico fortemente variegato da un punto di vista culturale, decretando la necessità dei drammaturghi di adattare le loro opere ai gusti molteplici del pubblico, che viveva il teatro essenzialmente come un’esperienza di divertimento.
I motivi dei riferimenti sessuali
Dunque, la comicità scabrosa e apparentemente stonante con il resto dell’opera shakespeariana trova la sua giustificazione nella necessità e volontà del drammaturgo di abbracciare il gusto dell’intero pubblico elisabettiano, anche degli spettatori provenienti dai bassi ranghi sociali e culturali, che non avevano presumibilmente compiuto alcun tipo di formazione culturale. Inoltre, come già accennato precedentemente, i riferimenti alla sessualità servono a caratterizzare psicologicamente i personaggi. Sebbene il ricorso alla sessualità sia frequente in molte opere shakespeariane e ossessivamente presente in Romeo e Giulietta, essa è legato soprattutto a determinati personaggi. Nell’opera in questione questi sono Sansone, che riprende un tipo della bassa e scurrile comicità plautina, e Mercuzio, che è provocatorio e antiromantico e si contrappone al lirismo cortese di Romeo.
Salvatore Cammisa
Fonti:
William Shakespeare, Romeo e Giulietta, traduzione di Salvatore Quasimodo, Mondadori, Milano, 2001
William Shakespeare, Romeo and Juliet, Bloomsbury Arden Shakespeare, London, 2013