Continua il viaggio in quella che il filologo tedesco Victor Klemperer ha definito LTI, ossia la lingua del Terzo Reich. Un viaggio che non si limita alla pura indagine filologica ma va oltre: ai numerosi interventi dell’autore sulle parole usate dai tedeschi si aggiungono i racconti di una quotidianità fatta di violenze e angherie, continuamente subite da Klemperer.
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LTI: l’ancora di salvezza del filologo
La denominazione Lingua Tertii Imperii prende vita in Klemperer quasi per scherzo e per parodiare Hitler e i suoi seguaci ma, col passare del tempo, diventa per l’autore un vero e proprio «SOS rivolto a me stesso». Il diario di Klemperer, in cui il filologo raccoglie le sue riflessioni sul “fenomeno” della lingua del Terzo Reich, diventa una sorta di ancora di salvezza, «un bilanciere per reggermi in equilibrio, senza il quale sarei precipitato mille volte», soprattutto nei momenti più difficili: durante il lavoro in fabbrica, con i malati, i moribondi e i morti, «quando il cuore si rifiutava di funzionare». Dunque, lo studio della LTI costituisce per Klemperer un incitamento ad andare avanti e a non arrendersi al nazismo.
Perché la lingua del Terzo Reich?
Come si suole parlare della fisionomia di un’epoca o di un paese, così un paese si esprime attraverso il suo linguaggio.
La scelta di indagare lo sviluppo e la diffusione della lingua del nazismo non è casuale: infatti, secondo Klemperer, la lingua dell’uomo, anzi lo «stile del suo linguaggio» rivela la vera natura umana. Purtroppo, fuggire dalla lingua del Terzo Reich è impossibile: se all’inizio Klemperer la rinnegava, evitando qualsiasi tipo di contatto con essa e dedicandosi esclusivamente ai suoi studi sulla letteratura francese e all’insegnamento a Dresda, dopo aver perso la cattedra e il divieto di frequentare le biblioteche, di consultare libri e di possederne a casa, «la lingua del tempo« diviene l’interesse primario del filologo.
Studiare la LTI
Esplorare la lingua del Terzo Reich non è cosa semplice. Rifarsi a degli “esempi viventi” come gli operai, gli ebrei e «le bestie della Gestapo» (la cosa sorprendente è che nel loro modo di esprimersi «non si potevano notare molte differenze») può risultare utile ma, per uno studio più approfondito, è necessario basarsi su dei modelli “concreti”: libri, giornali e scritti ufficiali. Purtroppo, in quanto ebreo, Klemperer non aveva accesso alle biblioteche e non poteva nemmeno contare sugli «antichi allievi, ora divenuti funzionari».
L’amicizia ai tempi del nazismo
La riflessione nelle pagine del diario di Klemperer si sofferma, dunque, anche su quegli amici andati perduti e «que vent emport», portati via dal vento. Nonostante le molte amicizie nate in un periodo tanto oscuro per l’intera umanità, Klemperer prova comunque nostalgia per le conoscenze oramai perse e che potrebbero certamente rivelarsi utili per le sue indagini linguistiche. Aiutarlo però costituirebbe un enorme atto di coraggio che in pochi sarebbero in grado di fare.
Lo scopo di Klemperer
Sin dalle pagine iniziali del suo diario, pubblicato dopo la fine della guerra, Klemperer rende chiaro quale sia il fine della sua opera: il filologo tedesco vuole non solo offrire una visione d’insieme degli anni del nazismo e dopo Hitler, ma anche perseguire uno scopo didattico. Tutto ciò, secondo Klemperer, è necessario per poter estirpare del tutto sia la mentalità sia la lingua del Terzo Reich che «sembra voler sopravvivere in parecchie espressioni caratteristiche, penetrate così a fondo col loro potere corrosivo da apparire come un duraturo possesso della lingua tedesca». A colpire sono le modalità e i tempi in cui si è diffusa la LTI: lentamente ma inesorabilmente le parole pronunciate nei discorsi di Hitler e Goebbels sono penetrate nella mente dei tedeschi, plasmando così il loro pensare, sentire ed essere spirituale. È possibile, secondo il filologo tedesco, trovare un rimedio?
Quando un ebreo ortodosso ritiene che una stoviglia sia diventata impura, la purifica sotterrandola. Bisognerebbe seppellire in una fossa comune molte parole dell’uso linguistico nazista, per lungo tempo, alcune per sempre.
L’incontro con il nazionalsocialismo
La prima volta che Victor Klemperer ebbe contatti con il nazionalsocialismo e la sua lingua avvenne al cinema, con un documentario trasmesso prima di un film: si rappresentava una delle tante marce a Berlino. A sconvolgere il filologo non sono tanto i soldati che sembrano muoversi come un unico corpo, bensì il suonatore di tambour:
Qui vidi per la prima volta il fanatismo nella sua forma specificatamente nazista; da questa figura muta mi venne incontro per la prima volta la lingua del Terzo Reich.
Pia C. Lombardi
Bibliografia
V. Klemperer, LTI. La lingua del Terzo Reich, Firenze, Giuntina, 2001.