Il Quinto Figlio è un romanzo della scrittrice inglese Doris Lessing, premio Nobel per la letteratura nel 2007. Nata in Persia, cresciuta in Zimbabwe e approdata a Londra negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, Doris Lessing è stata una delle voci femminili più rappresentative della letteratura inglese del secolo scorso. Il retroterra culturale di stampo coloniale, accompagnato a un impegno politico di sinistra e alla mancanza di un’istruzione accademica, la rendono una scrittrice impegnata e atipica sulla scena letteraria della seconda metà del Novecento. È molto complesso tracciare una linea coerente della sua vasta produzione letteraria, che attraversa fasi molto differenti tra di loro sia nelle tematiche affrontate sia nelle formule stilistiche impiegate: alla fase realista delle prime opere si succedono tendenze verso lo psicologismo, il fantascientifico e il sufismo. Pur rifiutando l’etichetta di scrittrice femminista, è considerata una delle più importanti rappresentanti della letteratura femminile.
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La trama de Il Quinto Figlio
Pubblicato nel 1988, il romanzo Il Quinto Figlio (The Fifth Child) racconta le vicende familiari di Harriet e David, due ragazzi che condividono il sogno di creare una famiglia felice e numerosa. Dopo il matrimonio, i due sembrano riuscire a esaudire in poco tempo i loro desideri: comprano una casa ampia a poca distanza dalla capitale inglese, trascorrono ogni festività in compagnia dei loro numerosi familiari e, soprattutto, mettono repentinamente al mondo quattro figli. Tutto sembra proseguire nel segno della tranquillità e della felicità. Ma ben presto saranno costretti ad affrontare l’incubo che incrinerà per sempre l’equilibrio facilmente raggiunto: il quinto figlio della coppia, Ben, è una creatura anormale e animalesca, che incute paura e presenta tendenze omicide. La sua nascita segnerà la rottura dell’equilibrio e l’inizio della disgregazione della famiglia.
La frantumazione del sogno familiare
Il Quinto Figlio è innanzitutto una parabola di decadenza familiare. Le certezza della felicità familiare vengono rappresentate nella loro debolezza e nella loro fallibilità nella storia dei due coniugi. L’arrivo di un figlio descritto come bestiale, anormale, violento rivelerà nel corso della narrazione le ambiguità e gli egoismi dei personaggi che lo circondano: i parenti che ogni anno visitavano la casa di David e Harriet cercheranno in ogni modo di evitare le visite usuali, i fratelli di Ben sceglieranno di allontanarsi dalla casa familiare per seguire la loro strada, David cercherà progressivamente di passare la maggior parte del tempo a lavoro. Solo Harriet, spinta da un irremovibile istinto materno, saprà prendersi cura del figlio diverso. Ben manifesta la sua problematicità fin dal periodo della gestazione, in cui infligge costantemente calci e pugni al ventre della madre: il seme disgregatore della felicità familiare è dunque interno, nascosto sotto la superficie visibile.
Harriet e la condizione femminile
L’attenzione alla condizione femminile si esplicita nella predominanza del punto di vista di Harriet nella narrazione degli eventi. Di lei vengono filtrate l’umanità e la sofferenza di madre che di fronte alla differenza del proprio figlio non riesce a resistere ad accudire Ben nella speranza, vana, di renderlo un bambino e poi un ragazzo normale. Ma la questione del genere si esplicita anche nella rappresentazione della sua condizione principalmente domestica, a dimostrazione di quanto certi stereotipi e costrizioni fossero ancora vividi negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. Inoltre, lei è l’unica che fronteggia il problema di Ben, senza cercare alla fine vie di fuga come gli altri personaggi del romanzo. E in questa tensione di mamma, che preferisce accudire Ben piuttosto che lasciarlo morire in un ospizio, si addensa il capro espiatorio contro cui tutti si ribellano. Su di lei dunque si addensano molteplici tensioni sociali e personali.
La differenza di Ben
La differenza di Ben, che ritorna ripetutamente nella narrazione della storia, non è mai chiarita nel corso del romanzo. A riguardo, sono state proposte diverse teorie che offrano un maggiore grado di comprensione della vicenda. Il bambino è spesso descritto come un alieno, un animale, uno scherzo della natura: senza dubbio, Ben è rappresentazione dell’alterità. Non a caso, è stato anche interpretato come la personificazione del diverso in senso razziale, sociale, nazionale, del diverso che invade lo spazio della nazione inglese negli ultimi decenni del ventesimo secolo. Ma molto più probabilmente, la differenza di Ben è associabile a una disabilità cognitiva, l’autismo, come rivelano molti degli atteggiamenti del bambino: la sua incapacità di comunicare normalmente, di integrarsi nelle situazioni sociali e familiari, il suo deficit di comprensione. I costanti paragoni con Amy, la cugina affetta da sindrome di Down, sembrerebbero confermare questa ipotesi interpretativa.
Corpo disabile e corpo femminile
La rappresentazione della sua disabilità potrebbe essere legata anche alla rappresentazione della femminilità e maternità di Harriet. L’atteggiamento di Harriet nei confronti del figlio è motivo di critica da parte degli altri personaggi della storia, che non riescono a comprenderla a fondo. Ci sarebbe dunque una specularità tra la diversità della madre e la diversità del figlio, la prima esplicitata dall’essere disabile, la seconda esplicitata dall’essere donna. Nella sua riflessione sulla rappresentazione della disabilità nella cultura e nella letteratura, Rosemarie Garland Thomson afferma che, sia il corpo femminile che il corpo disabile, sono considerati inferiori e devianti, entrambi sono esclusi dalla piena partecipazione alla vita pubblica e sono definiti in opposizione a una norma che presume una naturale superiorità fisica (quella del corpo non disabile nel caso di Ben e quella del corpo maschile nel caso di Harriet). Il romanzo sarebbe dunque da leggere anche in una prospettiva di genere.
Salvatore Cammisa
Fonti:
Emily Clark, Re-reading horror stories: maternity, disability and narrativa in Doris Lessing’s The Fifth Child, in Feminist Review 98 (2011)
Doris Lessing, Il Quinto Figlio, Milano, Feltrinelli, 2008
R. G. Thomson, Extraordinary Bodies: Figuring Physical Disability in American Culture and Literature, New York, Columbia University Press, 1997