L’ Arcadia è un prosimetro di Jacopo Sannazaro apparso nel 1504. Questo fu, però, una seconda redazione perché precedentemente era già stata pubblicata all’insaputa dell’autore.
La prima redazione dell’Arcadia presenta dieci prose e dieci egloghe, la seconda redazione invece dodici prose e dodici egloghe. Le due redazioni si differenziano anche per la linea narrativa, infatti, nella seconda parte si è aggiunto un finale diverso e l’epilogo “A la Sampogna”. La prima redazione è un romanzo d’esilio nella regione greca di Arcadia: il protagonista Sincero ha deciso l’esilio volontario in Grecia da Napoli per sfuggire alle sofferenze d’amore.
“…presi per partito di abbandonare Napoli, e le paterne case, credendo forse di lasciare amore e i pensieri insieme con quelle.”
La seconda redazione vede il romanzo d’esilio trasformarsi in romanzo del ritorno dalla regione di Arcadia a Napoli con l’aggiunta, quindi, di due prose e due egloghe.
Dall’ Arcadia a Napoli
Il ritorno a Napoli e alla donna amata è preannunciato a Sincero dal pastore Carino, che assume nel romanzo un atteggiamento simile al Virgilio dantesco:
“Rallegrati -mi disse- napolitano pastore, e la turbidezza de l’animo, quanto puoi, da te discaccia, rasserenando omai la malinconica fronte; ché veramente e a la dolce patria e a la donna che più che quella desideri in brevissimo tempo ritornerai, se ’l manifesto e lieto segnale che gli dii ti mostrano non mi inganna. […] Adunque confortati e prendi speranza di futura letizia, che certo io spero che ’l tuo sperare non fia vano.”
Ma solo nella dodicesima egloga e nell’ultima prosa il viaggio di ritorno attraverso il ventre concavo della terra e l’arrivo a Napoli diventano argomento di narrazione. Per i tre quarti nell’Arcadia è dominante il tema dell’esilio, che si svolge in una stagione primaverile, di cui non si specifica l’anno, precisamente nella settimana dal 20 al 25 aprile. Questo arco di tempo è circoscrivibile sulla base dei festeggiamenti che si svolgono nell’opera di Pale, divinità pastorale, celebrati per tradizione il 21 aprile.
Dialogando col pastore Carino, Sincero racconta le ragioni del suo viaggio in Arcadia, racconta della sua terra, Napoli, celebrata come luogo ameno e si narra la leggendaria fondazione della città ad opera dei Calcidesi sulle coste campane dove giaceva il corpo morto della sirena Partenope, suicidatasi dopo il tentativo di ammaliare Ulisse.
“Napoli, siccome ciascuno di voi molte volte può avere udito, è nella più fruttifera e dilettevole parte d’Italia, al lito del mare posta, famosa e nobilissima città, e di arme e di lettere felice, forse quant’ alcuu’ altra, che al Mondo ne sia; la quale da’ popoli di Calcidia venuti, sovra le vetuste ceneri deila Sirena Partenope edificata, prese ed ancora ritiene il venerando nome della sepolta giovane. In quella dunque nacqui io…”
Nel descrivere la sua città Sincero descrive sequenze paesaggistiche che sembrano essere la descrizione a parole della Tavola strozzi, dipinta prima del 1487 da un fiorentino per Filippo Strozzi. Il viaggio mentale di Sincero permette sulla scena dell’Arcadia di recuperare le singole tessere della città, filtrata attraverso una fitta rete di riferimenti letterari, realizzando una geografia letteraria per Napoli che viene appunto definita come città delle lettere.
Ventre della terra e geografia letteraria
Solo nel finale Sincero torna sul serio a Napoli, intraprendendo il suo viaggio dall’Arcadia attraverso un’immaginaria via di grotte sotterranee, guidato da una ninfa fluviale che assume il ruolo di guida, e il testo dell‘Arcadia dialoga ancora con la “Divina commedia” di Dante, con la figura e le opere di Virgilio: la discesa di Sincero e la ninfa nel ventre della terra trae spunto dal IV libro delle Georgiche.
Il percorso è singolare e la geografia del ventre della terra è fantastica. La ninfa e il poeta giungono nella grotta sorgiva e poi in quella dove sono le nife sorelle della guida, alcune impegnate a setacciare l’oro alla sabbia, altre nel tessere una tela con fili d’oro e colorati. Sulla tela è ricamata la “doppia morte” di Euridice: prima morsa da un serpente poi quando il suo amato Orfeo nel tirarla fuori dagli inferi si volta a guardarla venendo meno al patto che gli consentiva di riaverla.
“…tra li molti ricami tenevano allora in mano i miserabili casi de la deplorata Euridice: sì come nel bianco piede punta dal velenoso aspide fu costretta ad exalare la bella anima, e come poi per ricoprarla discese all’inferno, e ricoprata la perdé la seconda volta lo smemorato marito.”
Il viaggio continua segnato dalle acque: la ninfa e Sincero passano in ampi luoghi con laghi e sorgenti di fiumi. I corsi d’acqua segnalati dalla ninfa sono presenti nelle mappe della letteratura antica e moderna con ampi riferimenti a Virgilio e alle Georgiche: una geografia letteraria.
Infatti più avanti, quando si comincia “a scoprire un gran foco e a sentire un puzzo di zolfo”, la ninfa riferisce, sulle tracce di Ovidio e di Dante, dei Giganti, i quali nel tentativo di “assalire il cielo”, furono colpiti dai fulmini di Giove e il loro respiro ora alimenta il fuoco dei vulcani. Passando in rassegna i Giganti con i relativi vulcani si sofferma sul Vesuvio e ricorda l’eruzione del 79 d.C. che seppellì Pompei. Il breve racconto della ninfa coincide con l’andare di Sincero dall’Arcadia a Pompei e alla descrizione dell’antica città segue la visita archeologica di edifici privati e pubblici ancora intatti.
“E già in queste parole eramo ben presso a la città che lei [la ninfa] dicea, de la quale e le torri e le case e i teatri e i templi si poteano quasi integri discernere”
Poi finalmente Sincero e la guida scorgono il fiume Sebeto; qui la ninfa si congeda, come Virgilio con Dante prima del Purgatorio, ma Sincero è subito condotto a altre due ninfe all’uscita. Il percorso terreno inizia alle falde del monte Somma dove Sincero incontra Cariteo e Pietro Summonte, due pastori napoletani che si stanno ritirando con il loro gregge e si accingono a suonare la Sampogna.
L’ultima egloga è il canto dei due pastori del dolore di Meliseo, personaggio di Pontano che perse la moglie: il lieto fine di Sincero che torna alla terra e alla donna amata, che era stato preannunciato dl pastore Carino in Arcadia, è contraddetto dal finale tragico del congedo “A la Sampogna”, dove Sincero viene a conoscenza della prematura morte dell’amata. Il poeta è sepolto dal dolore:
“… se pur si può dir che viva chi nel profondo de le miserie è sepelito.”
La città “deformata” e la dedica dell’Arcadia
Parallelamente alla morte della donna amata si registrano, sul piano storico, le disgrazie degli Aragonesi a Napoli sul finire del ‘400, e nel 1501 il re francese Luigi XII occupa Napoli. Ora la città una volta solare e chiassosa calano il gelo e il silenzio. La morte della donna amata e gli avvenimenti politici cambiano radicalmente il quadro individuale e sociale nel quale Sincero si trova a operare al suo ritorno a Napoli, per cui la letteratura pastorale dichiara esaurite le proprie ragioni:
“Ecco che qui si compieno le tue fatiche, o rustica e boscareccia sampogna, degna per la tua bassezza di non da più colto, ma da più fortunato pastore che io non sono, esser sonata. Tu a la mia bocca et a le mie mani sei non molto tempo stata piacevole esercizio, et ora, poi che così i fati vogliono, imporrai a quelle con lungo silenzio forse eterna quiete.”
Alla zampogna viene meno il suono, al poeta vengono meno il cantare e lo scrivere; Sannazaro, dunque, sente il bisogno di cambiare il registro poetico pastorale, e si interroga sulle future scelte letterarie perché appaghino i nuovi destinatari della città.
La dedica dell’Arcadia è di Pietro Summonte a Luigi d’Aragona e non dello stesso Sannazaro. Summonte narra delle disgrazie del poeta parallele alle disgrazie della città: Napoli è deformata dalla guerre così come l’opera di Sannazaro è deformata da edizioni clandestine, non autorizzate. L’edizione del 1504 sancisce la forma definitiva dell’opera ma a Napoli imperversano ancora i conflitti politici.
Maurizio Marchese
Fonti
Iacopo Sannazaro, Arcadia, Mursia, 1990
Pasquale Sabbatino, Scritture e atlanti di viaggio, Dal Medioevo al Novecento, Carrocci Editore, 2015