È risaputo che l’ambiguo principato costruito da Augusto si basasse, tra le molte riforme, anche su un’accurata propaganda culturale. Augusto, uomo di cultura ed egli stesso scrittore, sapeva benissimo, a differenza dei suoi futuri successori, che la letteratura è mezzo di trasmissione (e di condizionamento) di idee: per questo motivo, durante la sua vita, dedicò molti dei suoi sforzi ad ingraziarsi poeti e scrittori e, ad un passo dalla morte, non perse tempo a scrivere le celeberrime Res gestae. Espressione della nuova maniera di intendere la letteratura come arma di potere furono i circoli: il circolo di Mecenate e il ben meno noto circolo di Messalla.
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Messalla Corvino: una vita politica turbolenta
Chi era Messalla Corvino? Messalla visse un’adolescenza piuttosto turbolenta dal punto di vista politico: prima patteggiò per Bruto e Cassio, e combatté con loro a Filippi; poi durante la guerra tra Ottaviano, futuro Augusto, e Cleopatra, si schierò dalla parte di Antonio. Tutto faceva presagire un futuro da strenuo repubblicano, opposto a qualsiasi forma di potere ambigua (come quella di Cesare). Tuttavia, durante le ultime fasi della guerra tra Ottaviano e Antonio, Messalla procedette ad un rapido (e sospetto) cambio di rotta: passò dalla parte del futuro princeps e, grazie al suo appoggio, raggiunse le massime cariche. Ci fu, però, un aspetto in cui Messalla rimase sempre ai confini del “consentito” nel principato augusteo, e questo è proprio la letteratura.
Circolo di Mecenate e circolo di Messalla
Sebbene chiunque ricordi solo il circolo di Mecenate come polo di attrazione per poeti e scrittori augustei, la prima età imperiale annovera anche un altro circolo letterario, meno “in voga” e un po’ più ambiguo nei suoi intenti: proprio il circolo di Messalla. Egli, oltre ad essere un uomo politico, fu infatti anche grande appassionato di poesia, ed è in quest’aspetto che la sua cerchia iniziò a differenziarsi da quella di Mecenate: mentre quest’ultimo “promosse” poesia e prosa favorevole al princeps, Messalla predilesse solo poeti. Tra i suoi, vanno ricordati senza dubbio Tibullo, Sulpicia e Ovidio.
I nomi già indicano l’indirizzo culturale (e anche un po’ ideologico) del circolo: un elegiaco che rifiutò l’invito di Mecenate; una donna; un poeta stravagante che si inimicò addirittura lo stesso Augusto. Insomma, tre figure marginali ed isolate, quasi mal volute da Augusto. È dunque intuibile che, nonostante l’assenso di facciata che Messalla diede (o fu costretto a dare) al nuovo princeps, i suoi gusti letterari fossero non proprio conformi a quelli augustei.
La testimonianza di Tibullo
In particolar modo, tra i tre poeti annoverati poco prima, fu Tibullo l’amico più stretto del protettore, ed è da suoi componimenti che deduciamo alcune informazioni biografiche su Messalla. L’elegiaco, infatti, gli dedicò un componimento in nome del trionfo che Messalla ottenne in Aquitania nel 28 a.C.:
“Questo è il giorno che le Parche predissero,
filando gli stami del fato,
che nessun dio mai può recidere;
questo, che avrebbe sconfitto le genti d’Aquitania e atterrito l’Àtace, vinto da un esercito di prodi. Cosí è stato, e ancora una volta la gioventú romana poté ammirare i trionfi e i condottieri nemici
con le braccia in catene,
mentre, tirato da cavalli scalpitanti,
un cocchio d’avorio ti portava, Messalla, fregiato col lauro dei vincitori.”
(Elegie, 1,7)
Ecco come un Tibullo, totalmente indifferente (a differenza dell’ultimo Properzio) alla vita militare del tempo, rompe le barriere di una poesia solo “bucolica” e si interessa agli ultimi eventi politici del suo Messalla: una vittoria nell’esercito di Augusto. Tutto ciò, però, non deve ingannarci, in quanto non nega quanto detto prima, ma lo conferma: Tibullo scrive per Messalla, e quando fa rari accenni agli eventi del principato, lo fa solo per Messalla. Dobbiamo dunque immaginare un circolo isolato, chiuso nell’ambigua indifferenza verso Augusto, ai margini della vita del tempo.
Una scelta di vita cauta
Il circolo istituito da Messalla, dunque, è un’imprescindibile testimonianza di come andassero i rapporti tra intellettuali e princeps: tra gli estremi di un’opposizione/eccentricità (vedi Ovidio) e di un evidente asservimento culturale (vedi Virgilio, Orazio o Livio), Messalla scelse la via mediana, quella dell’appoggio di facciata accompagnato dalla pretesa di una netta indipendenza nei campi che non riguardassero la politica.
L’esempio di quest’uomo romano dimostra come l’atmosfera del principato augusteo fosse spesso asfissiante riguardo alla propaganda: se non ci si conformava ai “canoni” letterari della cerchia del princeps la risposta era o l’esilio o l’isolamento. Il primo toccò ad un poeta dello stesso circolo di Messalla, cioè Ovidio; il secondo, invece, fu l’unica soluzione, per un uomo di gens repubblicana, per sopravvivere nel nuovo, ideologicamente pressante principato di Augusto.
Alessia Amante