Le due metà della mela avranno sempre in comune uguali semi : debutta lo spettacolo di Marina Cioppa e Michele Brasilio
Volge al termine la sesta edizione della rassegna teatrale “Teatro alla deriva”, ambientata alle stufe di Nerone (complesso termale sito a Bacoli), e caratterizzata da un palco-zattera; un palco“galleggiante” sul quale la sera del 16 luglio 2017 ha debuttato lo spettacolo “ Semi (peccato, non esiste più l’amore platonico)”, scritto da Marina Cioppa, diretto da Michele Brasilio ed interpretato da entrambi.
Per una produzione Vulìe Teatro, il testo si orienta su una tematica che riesce con facilità a trascinare un pubblico molto eterogeneo in quanto ogni fascia sociale e generazionale si sarà trovata in un modo o nell’altro ad affrontare gli stessi problemi di Ugo e Claudia.
Il topos è semplice: crisi di coppia. Noia, paranoia, Insoddisfazione.
Tre anni di matrimonio: disincanto, cinismo, mal sopportazione di tutti quegli aspetti o difetti che si credeva di poter tollerare in nome di quel sentimento tanto esaltato ed esasperato che usiamo chiamare “amore”. Così inconcreto, indefinito … “platonico”. In quanto etereo rischia di sfumare. In quanto immateriale, rischia di non riuscire a resistere sotto i colpi della realtà, quando si dissolve l’infatuazione e subentra la vita vera.
Non ci si sa più prendere. Forse non lo si è mai saputo fare, finchè non si arriva a quel momento in cui questa mancanza acquisisce un peso insostenibile. Si cambia e non ci si riconosce più, o si desidera un cambiamento dell’altro che non arriva mai.
Ci si dimentica cosa ci ha tenuti uniti, o si scopre che in realtà non c’era niente che lo abbia mai fatto davvero. Ci si riscopre incompatibili, non ci si ricorda cosa si è mai apprezzato dell’altro, come lo si è conquistato, né se ci va ancora di farlo.
Insomma, questioni di tutti; questioni di tutti i giorni.
Questioni meschinamente concrete, poco platoniche, miseramente quotidiane.
Era bello quando si pensava che a tenere insieme due esseri cresciuti e formatisi secondo due diversi sistemi, educazioni e mentalità, due persone dai diversi caratteri ed impostazioni, bastasse un sentimento; un concetto. Molto platonico. Ma non esiste più, l’amore platonico.
Dopo l’incanto , l’entusiasmo, la bonarietà, arrivano gli affari di convivenza. Si esasperano i dettagli che prima si vedevano solo per un quarto, le aspettative puntano i piedi in terra, scende in campo l’intolleranza.
Simpatica e dinamica la soluzione di spezzare il flusso di quello che rischiava di diventare un noioso litigio di cinquanta minuti di una coppia in crisi con dei flashback, degli intermezzi, dei cambi improvvisi.
Anche stimolante, in realtà. Rewind.
Come ci siamo conosciuti? Chi eravamo? Perché ci amavamo? Come ci siamo presi? Come ci siamo persi? Magari possiamo capire perché ci stiamo lasciando andare … e perché, poi in realtà, non ci perdiamo mai davvero.
Si perché poi alla fine facciamo le valigie, fingiamo di andarcene, ci convinciamo che è davvero ciò che vogliamo; ma poi torniamo, perché abbiamo sempre dimenticato qualcosa, appositamente o per puro caso. Dimentichiamo il perché. Cerchiamo una scusa per guardarci indietro; poi, da là, aneliamo a qualsiasi cosa ci sia davanti.
Restiamo, infelici, nel mezzo. Fra chi vuole cambiare le cose ma non vuole perderle per sempre. Non sappiamo restare, né piantare tutto.
Basterebbe imparare a cercarsi. A non dare per scontato. Basterebbe ritrovarsi, in quei difetti che ci appartengono e che ci legano, profondamente, l’uno all’altra, in un imperfetto garbuglio umano che funziona finchè va bene, e va bene finchè funziona.
Finchè non scoppieranno i palloncini, e non si potrà più gonfiarli. Finchè non si romperanno i piatti, e non si potranno più aggiustare.
E allora vogliamo reazioni, le provochiamo, le stimoliamo, ci istighiamo e poi ci mandiamo a quel paese, ma siamo sempre lì.
È il gioco di coppia; come il gioco nel quale Ugo e Claudia si sono conosciuti. E in quel gioco tanto complicato, in quel gioco allo sfinimento, al superamento del prossimo ostacolo, non c’e stata una coppia del pubblico che non si sia riconosciuta.
Ha funzionato l’argomento, la modalità di somministrazione ma anche la scelta stilistica di semplicità (che si mantiene tale anche per la scenografia minimale e il disegno luci di Alessandro Benedetti) di una messa in scena ironica, scanzonata, leggera e a modo suo, divertente; sotto questi aspetti interpretata in maniera molto naturale, realistica, credibile.
Perché non c è niente che faccia più coppia di Platone e la sua caverna; di due metà della stessa mela, con gli stessi semi.
Vulìe teatro – (pagina fb ufficiale)
Letizia Laezza