In compagnia di Fabian, protagonista dell’omonimo romanzo dello scrittore tedesco Erich Kästner, riprendiamo il nostro viaggio negli “anni ruggenti” di Berlino, ossia nel decennio tra il 1920 e il 1930. Fabian. Storia di un moralista, ovvero l’andata a puttana. compare in Germania per la prima volta nel 1931 e il protagonista, Fabian Jakob, proprio come Doris, “la ragazza di seta artificiale” di Keun, viene dalla provincia. Anche Fabian, dunque, si confronterà nel romanzo con una realtà diversa da quella che conosceva prima del suo trasferimento a Berlino.
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L’iniziale ottimismo…
Al momento della pubblicazione del romanzo, Erich Kästner aveva già raggiunto il successo con il testo Emilio e i detectives (1928). Quest’ultimo è un libro per ragazzi che racconta la storia di Emilio, un giovane proveniente dalla provincia che viene mandato a Berlino con una consistente somma di soldi per la nonna. Dopo aver subito un furto da un distinto signore, riuscirà a ritrovare i soldi grazie all’aiuto di una banda di ragazzi, per nulla inesperti come Emilio, bensì furbi, agguerriti e conoscitori della metropoli e dei suoi territori più nascosti. In questo testo risulta evidente l’ottimismo e la fiducia dell’autore nel mondo, in Berlino e nelle sue istituzioni. Tale condizione, però, manca totalmente in Fabian, dove Erich Kästner, con il suo modo di vedere le cose oramai scettico e disincantato, dipinge una Germania che si sta preparando a consegnarsi ad Hitler.
… e il disincanto finale
Protagonista del romanzo è Fabian Jakob, un provinciale trentaduenne che, da quando si è trasferito a Berlino, non riesce a trovare alcuna stabilità affettiva ed economica. Nella capitale tedesca, ancora più cupa di quella descritta da Alfred Döblin in Berlin Alexanderplatz, cominciano già a farsi strada le tensioni che sfoceranno poi nell’ascesa del nazismo e nella seconda guerra mondiale: ci sono, infatti, i nazisti sempre più aggressivi ma ben protetti dal potere, i borghesi corrotti e i piccolo borghesi, i proletari e i giovani smarriti, senza sogni e speranze, disposti a tutto pur di arrivare ad una minima realizzazione personale, anche a prostituirsi (nel testo di Kästner, in effetti, non mancano i riferimenti alla prostituzione sia femminile che maschile. Consideriamo, inoltre, che durante la Repubblica di Weimar il sesso non era più considerato un tabù).
La visione politica di Erich Kästner
Il proletariato è un’associazione di interessi. La massima associazione di interessi che esista. Lottare per i vostri diritti è un sacrosanto dovere. E io vi sono amico, perché abbiamo lo stesso nemico e perché amo la giustizia. Sono vostro amico, anche se ve ne infischiate. Ma, caro mio, anche se lei, sì, proprio lei, dovesse arrivare al potere, gli ideali dell’umanità continueranno a restarsene a piangere seduti in un cantuccio. Essere poveri non significa necessariamente essere giusti e onesti.
(Fabian rivolgendosi ad un comunista)
A Berlino, l’unico amico di Fabian è l’intellettuale e socialista Labude, un uomo razionale, che guarda alla Germania e al mondo intero attraverso gli strumenti dell’analisi politica e sociale: il suo è un atteggiamento che manca totalmente nel protagonista. Erich Kästner, dal punto di vista prettamente politico, osserva quello che è stato definito un «radicalismo di sinistra», posizione criticata a lungo da grandi pensatori come Walter Benjamin. Quest’ultimo, in un famoso saggio intitolato Malinconia di sinistra e dedicato soprattutto alle poesie di Kästner (lo scrittore di Dresda, infatti, oltre ad essere scrittore e poeta, era anche sceneggiatore per il cinema e autore di canzoni da cabaret), ne riconosce la «maestra letteraria», ma vede nel suo atteggiamento nessuna reale corrispondenza politica.
La crisi della Germania
Nel suo romanzo sembra che Erich Kästner sia in grado di prevedere cosa accadrà in Germania di lì a poco (in un sogno, ad esempio, Fabian vede infornare «centinaia di migliaia di piccoli bambini in una caldaia gigantesca, in cui ardeva un vivissimo fuoco»). L’autore è consapevole del profondo senso di crisi che pervade tutta l’Europa e soprattutto la Germania dopo la prima guerra mondiale, quel conflitto che non aveva portato solo alla sconfitta della Germania, ma anche a quella crisi morale, economica e politica che sancirà la fine della Repubblica di Weimar e il trionfo di Hitler. La consapevolezza di Kästner deriva anche dalla sua diretta esperienza al fronte nel 1917. Da allora sino alla guerra fredda, lo scrittore mantenne un atteggiamento antimilitarista e per tale motivo fu inviso alle forze politiche di destra (oltre a quelle di sinistra per la posizione radicale vista poco sopra).
Un finale tragicomico
L’ironia e l’umorismo dell’autore di cabaret tornano alla fine del romanzo, segnato dalla morte sia di Labude che di Fabian. Il primo si suicida a causa di uno scherzo: gli viene fatto credere che la sua tesi di laurea sia stata respinta. Colui che doveva cambiare il mondo con la forza delle proprie idee, non ha retto ad una macchia della sua vita accademica.
Il messaggio di Fabian
Fabian, invece, troverà la morte mentre cerca di salvare un bambino caduto nel fiume: lo scettico e cinico protagonista, alla vista di un innocente in pericolo, nonostante non sappia nuotare, decide ugualmente di gettarsi in acqua. Il bimbo riuscirà a raggiungere la riva, mentre Fabian morirà affogato. Il pathos di questi tragici momenti è annullato dal titolo dell’ultimo paragrafo «Imparate a nuotare!». Questo finale tragicomico è stato interpretato da molti come il tentativo di Kästner di lanciare un messaggio ai politici di sinistra, uomini che tentano di cambiare la realtà ma non hanno delle solide basi a cui appoggiarsi, non hanno imparato a nuotare. Non è soltanto l’ideologia politica a migliorare la società, ma anche la buona volontà e il desiderio di rendersi utili e, come afferma Fabian, di «aiutare l’umanità a diventare onesta e ragionevole».
Pia C. Lombardi
Bibliografia
E. Kästner, Fabian. Storia di un moralista, Marsilio Editori, Venezia 2000.