Nel corso che Althusser tenne nel 1967 all’École di Parigi è possibile rintracciare non solo le basi di quella presa di distanza dal marxismo umanista che lo rese uno dei marxisti più criticati della storia, ma anche ravvedere in che termini egli pensa la filosofia in rapporto alle scienze.
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La rottura epistemologica di Marx
Althusser è stato sicuramente uno dei principali studiosi ed estimatori di Marx. Proprio quando il pensiero di Marx attraversava una fase di crisi, dovuta anche alle svariate interpretazioni che ne erano state date, Althusser lo presentò in una luce nuova e decisamente più sistematica. Innanzitutto egli suddivide la storia della filosofia marxista in due parti: il periodo ideologico, che precede il 1845, e il periodo scientifico, che ha inizio con la cosiddetta rottura epistemologica. La rottura coincide con la stesura della Tesi su Feuerbach, nella quale Marx prenderebbe – a detta di Althusser – le distanze dall’idealismo tedesco, umanista e ideologico, proiettando il suo pensiero in una dimensione scientifica. Il filosofo francese descrive il passaggio in questi termini:
Creando la teoria della storia (materialismo storico) Marx, con un unico e medesimo gesto, aveva rotto con la sua coscienza filosofica ideologica anteriore e gettato le basi di una nuova filosofia (materialismo dialettico).
Il materialismo dialettico è il punto di approdo della filosofia di Marx, che Althusser definirà con l’iniziale sempre maiuscola “Teoria della pratica in generale“. Questa Teoria nasce quando il prodotto ideologico si trasforma in conoscenza (verità scientifica). A dire il vero non esiste nessuna pratica teorica scientificamente pura. Uno status che sia a tutti gli effetti scientifico presuppone una continua lotta contro l’ideologia. Tale lotta è proprio quella portata avanti dalla Teoria/materialismo dialettico.
Althusser e il valore del materialismo dialettico
Se dunque la pratica tecnica ha lo scopo di produrre determinati effetti in contesti e oggetti prestabiliti, la Teoria della pratica svolge un ruolo che potremmo addirittura definire più importante. In Per Marx, Althusser sostiene che questa Teoria riesca a produrre delle conoscenze, ad interrogarsi sulla validità delle altre discipline e a smascherare quelle pratiche tecniche che si travestono da scienza. Senza il materialismo dialettico tutti i ricercatori che si interessano alla morale, alla religione, all’arte non sarebbero in grado di dire alcunché di definito.
Alla stregua di Lenin, secondo il quale senza teoria non esiste azione rivoluzionaria, Althusser sottolinea in questa fase l’importanza della Teoria su cui la pratica è fondata. A questa Teoria spetta il compito di definire la differenza tra scienza e ideologia e, come direbbe Debray, allievo di Althusser, di separare le operazioni della realtà da quelle della conoscenza. In questo senso Althusser ravvede nel pensiero di Marx una struttura irriducibile, che gli varrà l’appellativo di marxista strutturalista.
La filosofia spontanea degli scienziati
La posizione di Althusser cambia, in parte, nel Corso di filosofia per scienziati che tenne all’École normale supérieure nel 1967. Qui l’idea della filosofia come teoria della pratica teorica viene meno a favore di un dominio della pratica sulla teoria. In questa prospettiva Althusser ritiene non più che la filosofia sia ciò che produce verità, ma una disciplina che enuncia delle Tesi. Le Tesi non sono da sempre date, ma si costituiscono nella lotta continua contro quelle idealistiche. Anche in questa nuova visione però la filosofia è legata alle scienze. Addirittura Althusser scrive:
Il rapporto della filosofia con le scienze non è il rapporto di un discorso con il suo tema “specifico”, o con il suo “oggetto” (poiché la filosofia non ha oggetto). Questo rapporto è costitutivo della specificità della filosofia: al di fuori del suo rapporto con le scienze, la filosofia non potrebbe esistere.
Del resto anche gli scienziati riconoscono la presenza della filosofia nella loro attività, in particolar modo quando ci sono delle crisi. Infatti, secondo il francese, quando essi sono incapaci di convogliare le nuove teorie con i vecchi strumenti, tendono ad uscire fuori dal campo scientifico ed è allora che iniziano a filosofare. È in questo caso che si può parlare di filosofia spontanea degli scienziati o F.S.S, che permane anche quando la crisi è passata. Sebbene non presenti un carattere oggettivo, essa è assolutamente inscindibile dalla pratica scientifica.
La filosofia sfrutta la scienza
Anche la filosofia si serve della scienza per giustificare concretamente le sue teorie. Inoltre, la filosofia da sempre si interroga sulla teoria della conoscenza, sui limiti e le possibilità delle verità scientifiche. Addirittura, secondo Althusser, in linea di massima tutte le filosofie hanno con la scienza un rapporto di sfruttamento. Per superare le contraddizioni che interessano il rapporto tra questi due ambiti Althusser ricorre di nuovo al materialismo dialettico. Questo incentiva una differenziazione interna alla filosofia stessa, quella tra materialismo e idealismo, anche definiti Elemento 1 ed Elemento 2.
Occorre innanzitutto capire in che rapporto sono questi due elementi in ogni periodo storico preso in esame e quali sono le forme di F.S.S che dominano la scena. Analizzando questi aspetti, il materialismo dialettico apre una nuova strada in cui la pratica scientifica è agevolata, non sfruttata dalla filosofia. Infine, cosa ancor più importante, il materialismo viene investito di una ulteriore responsabilità: costruire un rapporto sano tra filosofi e scienziati.
Giuseppina Di Luna
Bibliografia
Louis Althusser, Per Marx, edizione Mimesi, 2008.
Louis Althusser, Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati e altri scritti, editore De Donato, 1976.
Fonti
L’immagine di copertina è tratta dal sito: http://www.festascienzafilosofia.it/2016/03/scienza-e-filosofia-la-relazione-che-troviamo-tra-i-due-concetti/