Blaise Pascal, matematico e fisico geniale del XVII secolo, trascorre la sua vita tra meditazione e preghiera, senza mai abbandonare la ricerca scientifica. Interrogandosi sul senso profondo della condizione umana, il filosofo si chiede quale sia il ruolo delle scienze e della fede nella comprensione dell’uomo.
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Pascal: la coscienza dell’infinito
Con la scoperta dell’universo eliocentrico, la Terra non è più il centro dell’universo. La rivoluzione scientifica descrive l’immagine di un mondo nuovo, che non è più in funzione dell’uomo. Questi è come sospeso fra due infiniti. Da un lato c’è l’infinitamente grande, cioè l’immensità dell’universo, dall’altro l’infinitamente piccolo, ovvero le innumerevoli parti che compongono la realtà. La coscienza dell’infinito produce nell’uomo un senso di smarrimento. Scrive Pascal:
Il silenzio eterno degli infiniti spazi mi sgomenta…
Per il filosofo la sola razionalità scientifica non può cogliere il significato profondo dell’esistenza umana né i principi ultimi della natura. A differenza di Cartesio che esalta l’onnipotenza della ragione geometrica, Pascal distingue fra due forme di conoscenza: l’esprit géométrique e l’esprit de finesse.
Esprit de géométrie ed esprit de finesse
L’esprit de géométrie è il modo di procedere deduttivo proprio delle scienze. L’esprit de finesse è la conoscenza intuitiva ed immediata, ovvero la ‘’ragione del cuore’’. Pascal ritiene che gli stessi principi su cui si fonda la geometria, la più perfetta delle scienze, non possono essere dimostrati, ma intuiti dalla conoscenza del cuore. Dunque la pretesa della ragione geometrica di occupare l’intero spazio del sapere e della cultura deve essere ridimensionata. Egli afferma, infatti:
[…] è sulle conoscenze del cuore e dell’istinto che deve basarsi la ragione, e fondarci sopra tutto il suo discorso. Il cuore sente che ci sono tre dimensioni nello spazio e che i numeri sono infiniti, e poi la ragione dimostra che non ci sono due numeri quadrati doppi l’uno dell’altro. I principi si sentono, le proposizioni si deducono, e tutto con certezza, per quanto con modi differenti.
Pascal e la condizione umana
Per Pascal l’uomo è come sospeso in uno stato di perenne incertezza e precarietà. Egli sperimenta, allo stesso tempo, l’incapacità di sapere con certezza e di ignorare assolutamente. L’incertezza riguarda tanto la conoscenza del reale quanto i principi etici e giuridici. La relatività delle leggi, dei costumi e delle culture evidenziano i limiti della ragione umana. Per uscire dallo stato di precarietà in cui versa, l’uomo fa di tutto per dimenticare la sua condizione, cercando il divertissement (dal latino de-vertere, ”volgere altrove”), ovvero il trambusto. Il filosofo è convinto che proprio nel divertimento e nell’oblio di sé l’uomo riconosca la sua miseria. Dunque è la capacità di cogliere la propria condizione la maggiore grandezza dell’uomo:
L’uomo sa di essere miserabile, ed è tale; ma anche grande, poiché ne è consapevole.
L’apologia del Cristianesimo
Pascal vede come unica scelta per l’uomo l’accettazione della condizione umana, con tutto il suo carico di sofferenze e limitazioni. Dall’analisi dell’uomo, il filosofo giunge ad esaltare la verità del Cristianesimo. Solo nel Cristianesimo, infatti, è rappresentata la duplicità della natura umana, nella sua contemporanea miseria e grandezza. Anche la religione deve fondarsi sulla conoscenza del cuore. Diversamente dalla filosofia cartesiana, Pascal ritiene che Dio non possa essere dimostrato, ma debba essere sentito attraverso la fede.
Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce affatto. […] È il cuore che sente Dio, non la ragione. Ecco che cos’è la fede: Dio sensibile al cuore, non alla ragione.
Ma come fare se manca la fede? L’invito di Pascal è quello di ”scommettere” su Dio.
Pascal: scommettere su Dio
Nel 1658 Pascal indice un concorso a premi basato su problemi matematici relativi alle proprietà della roulette. Confrontandosi con altri logici e matematici del tempo, il filosofo francese ha modo di approfondire lo studio del calcolo delle probabilità. La riflessione di Pascal sul tema dell’esistenza di Dio è animata proprio dallo spirito ‘’del giocatore’’, chiamato a scommettere sull’esistenza di Dio.
Il filosofo fornisce un’argomentazione persuasiva in grado di orientare l’uomo al compimento della la scelta più giusta. Chi decide di puntare sull’esistenza di Dio guadagnerebbe un bene infinito – la beatitudine eterna – qualora Dio esistesse, mentre non perderebbe nulla in caso contrario. Viceversa, puntare contro l’esistenza di Dio comporterebbe il rischio di una perdita infinita. Pertanto, l’uomo che sa ben giocare non può che decidere di avere fede. La scommessa, infatti, apre la strada alla fede cristiana. E se allo spirito manca la convinzione del vero credente, paradossalmente, Pascal consiglia:
[…] fa’ come se tu credessi: prendi l’acqua santa e fa’ dire una messa: ciò ti farà credere.
Martina Dell’Annunziata
Bibliografia
B. Pascal, Pensieri, trad. it. di F. De Poli, BUR, Milano 1996.