Piazzetta Nilo, conosciuta anche dai napoletani come Largo Corpo di Napoli, si trova nel centro storico della città partenopea, lungo uno dei tre Decumani greco-romani, oggi noto al mondo come Spaccanapoli. La storia di questo luogo è antichissima e risale a più di duemila anni fa: tracce di questo passato persistono ancora adesso nella toponomastica moderna.
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Gli Alessandrini a Napoli
Partiamo dagli albori, dunque, dal nome “piazzetta Nilo”. Tale denominazione è sicuramente la più antica: rimanda, infatti, all’epoca ellenistica.
La storia tramanda numerose notizie riguardanti i flussi “migratori” di alessandrini verso Napoli: alcuni mercanti e schiavi provenienti da Alessandria d’Egitto, dunque, si trasferirono attorno al III-II sec. a.C. nella città della Magna Grecia.
Secondo la tradizione, la reazione dei napoletani fu assolutamente positiva. Città multietnica e molto accogliente, Napoli favorì l’arrivo degli Alessandrini, concedendo loro più spazi della città, chiamati “colonie nilesi”, in onore, appunto, del dio Nilo. Un intero cardine, addirittura, fu lasciato agli egizi: il lungo anfratto di strada fu chiamato cardo Alexandrinus, corrispondente oggi a Via Nilo o a Via Mezzocannone.
La statua del dio Nilo
Gli Alessandrini decisero, così, di erigere una statua in ricordo del loro luogo di provenienza. Il gruppo scultorio del dio Nilo è ancora oggi collocato nel Largo. Dopo numerosissime peripezie, infatti, la statua è ancora qui con noi, anche se non possiede più l’aspetto originario: le teste del dio, della Sfinge e del coccodrillo sono seicentesche, apposte dopo un temporaneo smarrimento della statua.
Il gruppo scultorio presenta il dio Nilo al centro: la divinità è stesa mentre imbraccia una cornucopia, simbolo dell’abbondanza e della fertilità della terra egiziana. Tale simbologia è accentuata dalla presenza di un putto che fuoriesce da un capezzolo del dio. Altri richiami all’Egitto sono la Sfinge, posta a destra del dio, e un coccodrillo, collocato ai piedi della statua.
Perché Largo “Corpo di Napoli”?
Come mai, allora, la piazza assume anche il nome di “Largo Corpo di Napoli”? Tale denominazione, di certo meno nota oggi rispetto al passato, è dovuta, appunto, alle lunghe peripezie che il gruppo scultorio del dio Nilo subì.
Decapitata, perduta, ritrovata, la simbologia della statua fu interpretata in maniera errata: già secondo la trecentesca Cronaca di Partenope, la figura non sarebbe quella di un uomo, ma di una donna, che allatta al seno un bambino.
Da qui, dunque, l’interpretazione “locale”: la statua rappresenterebbe il corpo di Napoli, Partenope, che nutre i propri cittadini.
Napoli: tra religione e mistero
Al di là delle denominazioni, la storia di questo luogo rimanda ad un aspetto caratteristico della città di Napoli: la religione, l’esoterismo, l’occulto. Nel centro storico (cioè il centro greco-romano), infatti, molti culti erano diffusi: non solo quello del dio Nilo, ma anche quello di Iside, o i misteri eleusini. Napoli, insomma, diventò sul piano della religione molto presto “orientale”, importando dall’Egitto numerosi culti stranieri, legati al mistero e all’oltretomba.
Mentre in epoca greca (e in parte romana) tale libertà di culto fu assolutamente garantita, a partire dall’epoca cristiana l’inclinazione della città all’esoterismo fu prontamente repressa. Pare, infatti, che proprio nella zona di Piazzetta Nilo, ancora all’epoca del Sacro Romano Impero, i napoletani praticassero in segreto i culti del Nilo e di Iside. Fu questa aria di persecuzione a far perdere numerose volte le tracce della statua, trovata poi decapitata, senza i segni che rimandavano concretamente all’Egitto.
La città di Napoli, tuttavia, non perse mai davvero quest’attrazione per il misterioso e per l’oscuro, tant’è vero che dall’epoca seicentesca in poi il gruppo scultorio fu più volte recuperato e debitamente restaurato. Il dio Nilo, così, ha tutt’oggi il posto che gli spetta, e che mantiene da duemila anni, segno della lunghissima storia della città di Napoli, tra religione, folklore ed esoterismo.
Alessia Amante