Abbiamo già trattato, in passato, di Max Weber, filosofo, economista e storico tedesco. Le sue voluminose ricerche, che occuparono quasi vent’anni della sua vita, toccano essenzialmente tre campi di indagine. Il primo è “il problema della genesi, della specificità e del destino della civiltà occidentale moderna”. Il secondo è “il problema di una definizione sistematica e coerente dei concetti della sociologia”, scienza di cui è considerato uno dei padri. L’ultimo, infine, è “il problema del metodo delle scienze sociali e dei rapporti tra sapere scientifico e giudizi di valore”. Quest’ultimo, di cui ci interessiamo oggi, è affrontato in una serie di saggi, in particolare ne “Il significato della avalutatività delle scienze sociologiche ed economiche“.
Proprio il concetto di avalutatività è centrale, secondo Weber, per definire il metodo della ricerca sociale.
Oggettività e avalutatività
Molto spesso ci viene detto che una della caratteristiche principali della scienza è la sua oggettività. Ciò significa, in sostanza, che essa deve essere rispondente alla realtà dei fatti verificabile da tutti e, soprattutto, non deve essere influenzata dalle considerazioni personali del ricercatore.
Ebbene, secondo Weber la stessa cosa deve valere per le scienze sociali. Esse, infatti, devono essere wertfrei, cioè appunto libere (frei) da giudizi (wert). Per essere più precisi, devono essere libere da giudizi di valore. Questa, infatti, è proprio la definizione di avalutatività.
Per comprenderla meglio, bisogna prima di tutto capire il significato weberiano del termine “valore”.
Il riferimento ad un valore
I valori sono “orientamenti culturali di fondo che motivano le nostre condotte”. Ad esempio, la condotta di uno potrebbe essere motivata dal successo, quella di un altro dall’onestà, quella di un terzo dall’onore.
Lo scienziato sociale, pertanto, contrariamente a quanto penseremmo, non può in alcun modo escludere i valori dalla sua analisi. Da un lato, infatti, essi sono fondamentali per comprendere l’agire di un individuo o di un gruppo sociale. I valori, infatti, motivano le loro scelte e pertanto lo scienzato sociale deve necessariamente spiegarli. In politologia, ad esempio, sarà necessario individuare i valori e l’ideologia cui l’oggetto dell’analisi – ad esempio, un partito – si ispira. Stessa cosa se l’indagine riguarda un sistema economico o una formazione sociale come la famiglia. Ci saranno sempre, infatti, valori che motivano la loro esistenza e che necessitano, quindi, di una spiegazione.
Questo vale, ovviamente, anche per lo scienziato sociale stesso. Dice, infatti, Jedlowski:
I suoi orientamenti personali lo spingeranno a scegliere di analizzare certi nessi causali piuttosto che altri, lo spingeranno a vedere certi fenomeni o certi nessi meglio di altri. La realtà, per Weber, è infinita, e nessuna spiegazione può essere esaustiva: l’orientamento basato sui propri valori sarà dunque quello che conduce lo scienziato a privilegiare nell’analisi certi elementi piuttosto che altri.
Non a caso, le idee personali di un autore costituiscono spesso uno dei principali criteri per giudicare i risultati della sua ricerca.
Se le cose stanno così, però, dov’è l’avalutatività di cui abbiamo parlato? Come possiamo garantire un minimo di oggettività alla nostra analisi?
Per capirlo, dobbiamo introdurre la fondamentale distinzione tra riferimento ad un valore, che abbiamo appena descritto, e giudizio di valore.
Il giudizio di valore
Il giudizio di valore è una frase che esprime una valutazione sulla base di un valore. Ad esempio, misurando la condotta della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale secondo i valori dell’antirazzismo, il nostro scienziato sociale dichiarerebbe: “è male”.
È evidente, tuttavia, che tale scelta di un metro di giudizio è un criterio puramente soggettivo. Per mantenere l’obiettività, allora, è necessario che il ricercatore si astenga completamente dall’emettere valutazioni morali. Nel momento in cui lo facesse, infatti, includerebbe nella sua analisi cose che non hanno nulla a che vedere con l’obiettività scientifica, ma soltanto con la sua soggettiva personalità.
Il significato del termine “avalutatività” è, dunque, proprio questo: non che i valori non possano entrare nella ricerca sociale, ma piuttosto che essi non devono mai essere utilizzati come criteri di giudizio.
Questa, se vogliamo, è anche la distinzione principale tra le scienze sociali e i loro oggetti di studio, come la politica o l’etica. Il compito di un politologo, infatti, è comprendere e spiegare i motivi dell’avvento di una dittatura. Quello di un filosofo politico, invece, valutarla da un punto di vista normativo.
Francesco Robustelli
BIBLIOGRAFIA
Paolo Jedlowski, Il mondo in questione, editore Carocci, 2009.
FONTI
L’immagine di copertina è ripresa dal sito: https://rampages.us/osbornmr/category/max-weber