Gurren Lagann è sicuramente la serie mecha più importante degli anni 2000. Ma cosa si nasconde dietro questo suo enorme successo?
Il contesto
Nel vasto panorama del genere mecha, poche sono state in realtà le serie davvero capaci di offrire al pubblico qualcosa di originale e di qualità. Negli anni ’70 abbiamo avuto la trilogia dei Mazinger (“Mazinga Z”, “Il grande Mazinga” e “Ufo Robot Goldrake”), che ha introdotto e sviluppato il concetto del robot guidato da un ragazzo per difendere l’umanità dalle forze del male.
Negli anni ’80 è toccato alla saga dei Gundam, in cui il robot è soltanto un mezzo, un’arma, e quel che conta sono gli uomini che lo pilotano, soldati e civili alle prese con una spaventosa guerra in cui non possono esserci vincitori. Il maggior anime mecha degli anni ’90 è invece sicuramente “Neon Genesis Evangelion”, serie nota per i suoi protagonisti, ragazzi e adulti dalla complessa psicologia, pieni di paure e manie, in cui il robot entra in contatto neurale con il suo pilota e rappresenta al tempo stesso una fonte di protezione e un mostro da cui fuggire.
Nel 2007 fa la sua comparsa “Sfondamento dei cieli Gurren Lagann”, diretto da Hiroyuki Imaishi e prodotto dallo studio Gainax.
Gurren Lagann: una storia semplice
Con Gurren Lagann sembra di assistere a un ritorno alle origini, quando le storie dei mecha erano semplici e senza fronzoli. L’umanità è costretta a vivere nel sottosuolo, mentre la superficie è abitata dalla razza dei violenti e mostruosi uomini-bestia.
In un villaggio sotterraneo vivono Simon, un quattordicenne addetto allo scavo di tunnel, e Kamina, ragazzo dallo spirito indomito e ribelle che sogna di raggiungere la superficie come suo padre prima di lui.
L’occasione arriva quando Simon trova una piccola trivella e un robot simile a una faccia umana, il Lagann. Pilotandolo, Kamina, Simon e Yoko, una ragazza giunta per caso nel villaggio, riescono a raggiungere la superficie e a iniziare un lungo viaggio formando un’alleanza di uomini disposti a lottare per ottenere la libertà.
Una crescita senza fine
Nonostante la trama semplice, la serie cattura e affascina grazie a un ritmo frenetico, personaggi carismatici e un comparto tecnico di prim’ordine. Volontà del regista e del suo staff è quella di creare qualcosa che risulti grande agli occhi dello spettatore, e per far questo si gioca con l’esasperazione dei caratteri e l’esagerazione delle vicende: partendo da scontri nel sottosuolo tra robot nemmeno tanto grandi, si sale sempre più verso l’alto raggiungendo la superficie, poi l’altissima torre dei nemici, fino a giungere e superare il cielo e lo spazio.
I robot e tutti i personaggi, siano essi buoni o cattivi, finiscono per adeguarsi a questa salita verso l’alto, diventando sempre più grandi e possenti. Persino i dialoghi risultano altisonanti e sopra le righe, ma incredibilmente mai forzati e, al contrario, perfettamente inseriti nello spirito del cartone e tutti volti a trasmettere l’idea di una grandezza interiore dei personaggi.
Kamina soprattutto è la guida per eccellenza: dotato di un’incrollabile forza d’animo, diventa ben presto un simbolo per la brigata e per l’intera umanità, un’icona che ispira coraggio e fiducia con i suoi discorsi sfrontati e impavidi (la sua “Con chi credete di avere a che fare?” è diventata una delle frasi più celebri del panorama anime degli ultimi anni).
Simon invece, quello che più di tutti vede Kamina come un fratello, rappresenta il concetto di crescita espresso da Gurren Lagann nella sua forma più intima. Inizialmente timoroso e impacciato, Simon riesce a far propri gli insegnamenti di Kamina nel momento in cui si trova a dover combattere per difendere persone a cui vuole bene e che hanno riposto in lui le proprie speranze. Le parti si invertono, l’allievo diventa mentore: Simon cresce grazie alla guida e alla protezione di un uomo straordinario che ha sempre cercato di fargli scoprire la grandezza in lui nascosta invitandolo ad aver fiducia prima negli altri e poi in se stesso (emblematico è il cambiamento delle parole di Kamina che passano da un “Credi in me, perché io credo in te” a un “Non credere in te perché credi in me, non credere in me che credo in te, ma credi solo in te”).
L’apparato tecnico si adatta perfettamente alla narrazione di vicende tanto grandi e alla scrittura di personaggi così carismatici. Oltre a una regia capace di valorizzare ogni istante della serie, donando allo spettatore dei combattimenti sempre chiari e adrenalinici, colpisce il disegno che diventa sporco nelle scene d’azione, a volte soltanto abbozzato con delle linee, ma sempre capace di trasmettere forti emozioni. La colonna sonora è pazzesca, originale ed energica. Nata da una grande volontà di osare e sperimentare, spazia dal rock al rap e vanta anche una canzone originale come “Libera me from Hell”, che unisce l’hip-hop alla musica lirica raggiungendo un risultato unico nel mondo dell’animazione.
Gurren Lagann ha ottenuto fin da subito moltissimi apprezzamenti da critica e pubblico, imponendosi come un modello per tutti i registi e gli animatori intenzionati a realizzare una serie mecha. La sua semplicità, il suo umorismo e il suo riuscire a unire alla perfezione la tradizione con la modernità ne fanno una serie imprescindibile per gli amanti del genere, un racconto di crescita sullo sfondo di una emozionante guerra per la libertà. Permettetemi quindi di riprendere le parole di Kamina e di chiedervi: con chi credete di avere a che fare?
Davide Proroga