Il linguaggio e l’interazione con l’altro sono i mezzi attraverso cui l’individuo crea i significati, li comunica, li mantiene e li trasforma. Gli atti linguistici ed interattivi, infatti, consentono la costruzione di regole comuni del modo di pensare. Questo spiega anche quali sono le difficoltà cui vanno incontro le persone affette da autismo.
Indice dell'articolo
Breve introduzione al linguaggio
Attraverso la lente della linguistica classica, è possibile intendere il linguaggio come una serie di unità organizzate secondo una gerarchia: la frase contiene in sé le parole, composte da morfemi. Questi sono unità elementari, che comprendono a propria volta set di elementi, detti fonemi. Ogni atto comunicativo, peraltro, richiede un individuo che produce un messaggio, cioè la codifica di un pensiero in sequenza linguistica e un ricevente, pronto a decodificarne il senso.
Pensiero logico e pensiero narrativo
L’acquisizione dell’abilità linguistica è centrale nelle fasi di sviluppo del bambino e avviene intorno agli undici-tredici mesi. Essa garantisce il contatto sociale e l’influenza interpersonale, dirige il pensiero e organizza le categorie logiche. In questo senso, il linguaggio si eleva a strumento concettuale e comunicativo con cui il bambino costruisce script della realtà e degli eventi che ha vissuto, attraverso due linee di pensiero: logico e narrativo. Il pensiero logico è tipico del ragionamento scientifico, è paradigmatico, crea ordine e impone rigore. Usa criteri di falsificabilità e validazione esterna.
Il pensiero narrativo, invece, è utilizzato prevalentemente nel discorso e nella quotidianità. Esso ha come fine l’interpretazione e la comprensione delle relazioni e degli eventi interumani, crea inoltre storie dotate di significato.
Bruner e le storie personali
In quest’ottica, J.Bruner dedicò un’ampia parte dei suoi studi ad approfondire le caratteristiche del pensiero narrativo e le sue potenzialità. Egli sosteneva:
il pensiero narrativo può offrire ulteriori e importanti chiavi di comprensione circa le modalità conoscitive del soggetto ed il suo modo di rapportarsi al mondo dandovi un significato.
Le considerazioni di Bruner, infatti, ci aprono alla possibilità di individuare quella che, per lui, era una necessità umana, cioè il bisogno di dare significato alla realtà e di verbalizzare gli agiti dell’uomo. Ogni individuo, attraverso la narrazione, e quindi il linguaggio, comunica e condivide con gli altri le proprie verità e negozia i propri significati. Nella sua espressione più alta, il linguaggio è mezzo per la costruzione di sé, dell’elaborazione identitaria, attraverso un processo di stesura del romanzo individuale. Le persone raccontano e si raccontano e, proprio in questi scambi e sforzi interpretativi ed ermeneutici, si inscrive la cultura. Non a caso, lo scrittore D. Taylor asserisce:
Voi siete le vostre storie. Siete il prodotto di tutte le storie che avete ascoltato e vissuto, e delle tante che non avete sentito mai. Hanno modellato la visione di voi stessi, del mondo e del posto che in esso occupate. Il nostro grande desiderio, più grande persino del desiderio di essere felici, è che la nostra vita abbia un senso. Questo desiderio di significato è l’impulso che dà origine a ogni storia.
Raccontiamo delle storie perché speriamo di trovare o creare connessioni significative tra le cose. […] Le nostre storie insegnano che esiste un posto per noi, in cui ci inseriamo. Suggeriscono che la nostra esistenza può avere una trama. Le storie trasformano la mera cronologia, una pura successione di eventi, nell’azione accorta di un impulso e, pertanto in significato.
Ma cosa accadrebbe se venisse a mancare il linguaggio?
Citando il Manuale di neuropsicologia, possiamo definire definire l’afasia in questi termini:
un disturbo della formulazione e della comprensione di messaggi linguistici, conseguenti a lesioni focali cerebrali, in persone che avevano in precedenza acquisito un uso normale del linguaggio.
Il deficit in questione è quasi sempre conseguenza di una o più lesioni dell’emisfero cerebrale sinistro, con il coinvolgimento di aree differenti a seconda dei casi.
Le afasie, secondo una classificazione moderna, sono divisibili in due grandi gruppi: afasie fluenti e afasie non fluenti. Le prime includono l’afasia di Wernicke che compromette omogeneamente le diverse componenti del linguaggio, è coinvolta la prima circonvoluzione temporale sinistra, nel tratto medio-posteriore. A questo gruppo appartengono, con un’incidenza più bassa, anche l’afasia amnestica, l’afasia di conduzione e l’afasia trascorticale che implicano rispettivamente anomia, deficit nella ripetizione e gravi deficit di produzione spontanea, di comprensione ed ecolalia.
Le afasie non fluenti, invece, sono quelle di Broca, l’afasia globale, l’afasia trans-corticale motoria. L’afasia di Broca, come quella di Wernicke, è prototipica ed è caratterizzata da linguaggio telegrafico e agrammatismo. L’area cerebrale coinvolta è il piede della terza circonvoluzione frontale sinistra.
L’autismo
Spostando leggermente la lente d’analisi sul linguaggio, un deficit consistente di esso si presenta anche nei casi di autismo. Esso è un disturbo pervasivo dello sviluppo che si manifesta entro il terzo anno di età, con importanti carenze, talvolta anche gravi, della comunicazione, dell’intenzione sociale, dell’immaginazione e del comportamento.
Nello specifico, i disturbi relativi alle capacità comunicative impediscono ai bambini autistici di interagire con il mondo, consegnandoli ad uno stato di isolamento. Quest’ultimo è poi aggravato da una quasi totale assenza di risposta verbale e non verbale alle stimolazioni esterne. La problematicità del disturbo riguarda, peraltro, l’incapacità di prevedere ed organizzare la realtà, lasciandola nel caos. Il pensiero narrativo manca.
Conclusioni
In definitiva, è bene osservare come molto spesso, per distrazione o abitudine, si consegna alla dimenticanza la complessità dei meccanismi in atto nel quotidiano. Il linguaggio è elemento fondamentale della nostra esistenza e dei processi di significazione di essa. La sua assenza, qualunque sia il motivo che l’abbia generata, mina la fondamentale ed inevitabile necessità umana di interagire con gli altri e con il mondo.
Natalia Nieves Mordente
Bibliografia
G. Vallar e C. Papagno, Manuale di neuropsicologia, Editore Il Mulino, 2011.
Groppo, Ornaghi, Grazzani, Carruba, La psicologia culturale di Bruner: aspetti teorici ed empirici, Cortina editore, 1999.
D. Taylor, Le storie ci prendono per mano, Frassinelli, 1999.
Fonti Media
L’immagine di copertina è tratta dal sito: www.expotraining.it