Il ritrovamento del manoscritto del De rerum natura da parte di Poggio Bracciolini portò alla luce il capolavoro dimenticato di Lucrezio.
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Problemi nella trasmissione dei testi classici
La trasmissione di un testo classico fino ai nostri giorni è dovuta a numerosissimi fattori. Questi riguardano sia il manoscritto, supporto materiale su cui il testo è tramandato, sia la fama del testo, o dell’autore. Il passaggio dal libro in forma di rotolo a quello in forma di codice ha comportato a volte la perdita di testi antichi, poiché venivano copiati naturalmente soltanto i testi che erano richiesti. Vero spartiacque è costituito dalla copia di testi classici nell’età della Chiesa, quando numerosissimi testi pagani vennero censurati perché non in linea col pensiero cristiano.
L’età umanistica
È con l’Umanesimo che gli intellettuali riscoprono il classico e si mettono in moto, compiendo vere e proprie ricerche, per cercare di ritrovare testi citati nelle fonti ma ancora sconosciuti. Luoghi di ricerca privilegiati erano gli antichi monasteri, i quali avevano centri di copia privati. Questi per tutto il Medioevo avevano continuato a copiare manoscritti e, forse, a conservare quelli più antichi.
Poggio Bracciolini “cacciatore” di libri
Numerosi furono i ritrovamenti di manoscritti contenenti testi pagani, un vero e proprio tesoro dell’antichità. L’emozione di tali ritrovamenti era giustificata dal peso che tali scoperte avrebbero avuto sulla Storia e sulla Letteratura passata e futura. In particolare Poggio Bracciolini fu l’intellettuale più attivo, e anche più fortunato, in questo campo.
I suoi ritrovamenti furono importantissimi. Queste le sue parole nel trovare il manoscritto intatto di Quintiliano nel monastero di San Gallo:
« […]Un caso fortunato […] volle che, mentre ero ozioso a Costanza, mi venisse il desiderio di andar a visitare […] il monastero di S. Gallo, a circa venti miglia. Perciò mi recai là per distrarmi, ed insieme per vedere i libri di cui si diceva vi fosse un gran numero. Ivi, in mezzo a una gran massa di codici che sarebbe lungo enumerare, ho trovato Quintiliano ancor salvo ed incolume, ancorché tutto pieno di muffa e di polvere. Quei libri infatti non stavano nella biblioteca, come richiedeva la loro dignità, ma quasi in un tristissimo e oscuro carcere, nel fondo di una torre in cui non si caccerebbero neppure dei condannati a morte. E io son certo che chi per amore dei padri andasse esplorando con cura gli ergastoli in cui questi grandi son chiusi, troverebbe che una sorte uguale è capitata a molti dei quali ormai si dispera.»
Circostanze del ritrovamento del De Rerum Natura
Fu in uno di questi viaggi alla ricerca di libri che Bracciolini compie la scoperta che lo renderà famoso tra gli studiosi del suo tempo. Erano anni di scisma, di papi e antipapi, quando si convocò a Costanza un concilio, nel 1414. Bracciolini andò al seguito della corte papale. Durante questo viaggio, in uno dei monasteri sul lago di Costanza, avvenne il sensazionale ritrovamento. Poggio conosceva già il nome di Lucrezio tramite Ovidio, Cicerone e altre fonti antiche che aveva studiato con cura insieme ai suoi amici umanisti. Ma «né lui né gli altri avevano letto più di uno o due scampoli della sua scrittura che, a quanto si sapeva, era andata perduta per sempre». Così scrive Stephen Greenblatt, autore di un romanzo-saggio, Il manoscritto, su questo ritrovamento.
Lucrezio prima del ritrovamento del manoscritto
Prima che Poggio ritrovasse e diffondesse il testo del De rerum natura Lucrezio era pressoché sconosciuto. L’unico profilo biografico di Lucrezio era stato scritto alla fine del IV secolo d. C. – cioè centinaia di anni, quasi 500, dopo la morte del poeta – da un grande Padre della Chiesa, san Girolamo, il quale aveva parlato del poeta riferendo che dopo essere impazzito per un filtro d’amore e aver scritto negli intervalli della follia alcuni libri, che Cicerone emendò, si suicidò all’età di 44 anni.
Ostilità della Chiesa
Certamente un motivo della mancanza di copie del poema lucreziano fu l’ostilità da parte della Chiesa cristiana. Questa infatti era ostile alla filosofia tramandata nel poema, cioè la dottrina epicurea. Epicuro non solo era pagano ma portava avanti un pensiero basato sulla mortalità del corpo e dell’anima. Elementi questi che difficilmente si sarebbero adattati alla dottrina cristiana.
Un capolavoro risorto
Dopo il ritrovamento Bracciolini inviò il manoscritto all’umanista Niccolò Niccoli perché lo copiasse e lo diffondesse. Nel 1515, un secolo dopo il ritrovamento, il De rerum natura fu ancora una volta messo all’Indice. Ma ormai il testo era conosciuto, le copie erano state lette e studiate e se ne conservava memoria. Bisognava dunque tenerne conto: il capolavoro lucreziano era finalmente risorto.
Arianna Colurcio