Domenica 15 ottobre ci sarà la Giornata Fai d’Autunno 2017 e in occasione dell’atteso evento si riscopre uno dei più suggestivi luoghi di Napoli, a ridosso di Piazza del Mercato, attraverso la popolare leggenda dell’Orologio di Sant’Eligio e sull’annessa Chiesa omonima.
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Chiesa di Sant’Eligio: la storia
La chiesa di Sant’Eligio, situata a occidente di quello che un tempo era il Campo del Moricino (Piazza del Mercato), è modello illustre dell’architettura e dell’arte angioina francese nella città di Napoli. In particolare, essa incarna l’arte gotica tipica della Provenza e della Borgogna.
La fondazione dell’edificio risale al 1270 grazie alla cessione, da parte di Carlo D’Angiò, di un terreno a tre suoi familiari di corte, ossia a Jean D’Autun, a Jean De Lyon e a Guy Le Borgouignon; con lo scopo di realizzarvi un ospedale e una chiesa per accogliere infermi e bisognosi.
Sicuramente il supporto del sovrano a questo progetto risiedeva nell’esigenza di favorire pace e simpatia da parte del popolo, testimone di una terribile esecuzione accaduta nel luogo, ovvero la decapitazione di Corradino di Svevia. Il luogo sacro, in principio dedicato a San Martino, San Dionigi e Sant’Eligio, sarà infine destinato solo all’ultimo.
L’Arco dell’Orologio
La Chiesa, alla quale oggi si accede da un ingresso laterale, è collegata alla struttura dell’Arco da un cavalcavia. L’Arco di Sant’Eligio, risalente al XV secolo e restaurato nell’800, è inserito in una torre campanaria a due piani, realizzata in mattoni e in pietre.
Al primo piano, troviamo l’orologio in stile gotico, mentre al secondo è presente una piccola finestra, anch’essa di stampo gotico con stemmi aragonesi.
Questa disposizione della torre si riflette anche dall’altro lato, ossia in zona “Orefici” detta comunemente “Capa de Napule” in virtù di una scultura raffigurante la testa della sirena Parthénope (si tratta di una copia dell’originale, che è conservato presso Palazzo San Giacomo) situato nello spiazzale della Chiesa di San Giovanni a Mare (attigua a quella di Sant’Eligio).
Negli angoli inferiori dell‘orologio, è possibile vedere quattro testine di marmo, due da un lato e due dall’altro, situate all’interno di quattro circoli concavi. Le testine che sono volte in direzione di “Capa de Napule” sono entrambe maschili e barbute, mentre quelle che sono volte a Piazza del Mercato sono rispettivamente una maschile e l’altra femminile e la loro origine, con grande probabilità, è legata ad una leggenda.
Prima di deliziare le vostre curiosità storiche con il racconto di questa leggenda, è opportuno ricordare che l’Orologio attualmente è in funzione, grazie al ripristino della sua attività avvenuta, dopo circa 50 anni di silenzio, l’8 maggio 1993, per opera dell’Associazione Culturale Nea Ghenesis e della Parrocchia di Sat’Eligio Maggiore con il parroco Don Paolo Bellobuono.
La leggenda sull’Orologio
La custodia della leggenda sull’Orologio si deve soprattutto all’opera Historia di Napoli di Giovanni Antonio Summonte, in cui è possibile leggere un racconto intitolato Giustizia esemplare.
All’interno dello scritto, si narra di un gentiluomo, appartenente alla famiglia Caracciolo, ossia il giovane Antonello Caracciolo di Piazza di Capuana, possessore di terre in Calabria, che si invaghì di una “donzella vergine”, Costanza del Pizzo.
Per piegarla ai suoi capricci e ai suoi bassi istinti brutali, Antonello Caracciolo ricattò la pudica fanciulla, accusando falsamente di omicidio suo padre, dunque facendolo arrestare e sospendendo la sua vita alla sentenza di una pena di morte:
L’unica via di scampo era che la figliola si arrendesse al suo amore. Acconsentirono e l’uomo fu salvo.
La fanciulla, ormai disonorata, insieme alla famiglia si recò dalla reggente Isabella D’Aragona, la quale, avendo accertato l’accaduto, inviò i suoi uomini a catturare e arrestare il carnefice dell’innocente Costanza.
L’arresto del giovane non tardò ad arrivare, così come la sua confessione diffamante che lo costrinse, sotto il potere aragonese, a dotare e a sposare la povera fanciulla. Il matrimonio, celebrato a Piazza del Mercato, sancì definitivamente la condanna del vizioso Caracciolo:
sulla memore Piazza Mercato sposò la giovane pubblicamente e poi fu decapitato.”
Il messaggio della leggenda
Nonostante sia antico e radicato nel ventre di Napoli, questo racconto è di un contenuto forte e vivo, è del tempo che è stato e del nostro presente: per ogni torto o danno subito vi è una giustizia esemplare, che sia personale (vendetta) o giuridica, nessun atto resta impunito.
Vorrei che quest’articolo non sia solo un invito a condividere con i vostri cari la quotidianità e la bellezza della “Nostra Terra”. Vorrei che sia soprattutto un momento di riflessione sulla condizione di soggezione e di minorità, in cui ignorantemente e crudelmente viene, ancora e non solo, relegata la “donna” , ma ogni essere umano che sia grande o piccolo, maschio o femmina, perché la violenza non ha età e non ha genere.
Maria Molvetti
Bibliografia
- N. SPINOSA (a cura di), Napoli sacra, IX itinerario, Elio De Rosa Editore, Napoli.
- B. CROCE, L’arco di Sant’Eligio ed una leggenda ad esso connessa, in Napoli Nobilissima, 1892-1896.
- S. G. ANTONIO, Antonio, Dell’Historia della città e regno di Napoli.