Angelo Musco, dalla primigenia della povertà e della miseria alla conquista della fama e del successo popolare. Storia ed aneddoti d’un padre del Teatro comico italiano.
“Commendatò…e se piove?”
Angelo Musco, nato a Catania il 18 dicembre del 1871, fece un duro tirocinio nella sua amata Sicilia, come canzonettista di teatrini di marionette, macchiettista e comico di farse. Nel 1899 ebbe la sua prima scrittura con Giovanni Grasso, lasciando così l’attività di “marionenettista” per accingersi all’attività di attore.
“Angelo Musco, alle prime armi, era stato scritturato dalla Compagnia di Giovanni Grasso. Gli era stata affidata una particina quasi insignificante in un truculento drammone di ambiente siciliano e non adatta al suo temperamento spiccatamente comico. La sera della prima rappresentazione al Sannazaro di Napoli, con una sala affollatissima di pubblico attento, dopo che Grasso, al finale di un atto, ebbe gridato con la sua voce roca e carica di pathos: <<Il sole di domani illuminerà un cadavere!>>, Musco fece due passettini avanti e chiese, con finta ingenuità: <<Commendatò…e se piove?>> [1]”
La raccomandazione del Poeta Vate
Dopo i loro inizi non facili, conquistarono il pubblico italiano, ottenendo anche grandi successi all’estero. La loro carriera fu legata a un rilancio del repertorio classico siciliano e alla traduzione in dialetto di opere rinomate.
Tra i diversi capolavori tradotti fu celebre “A figghia di Joru”, parodia tratta dall’opera tragica di Gabriele D’Annunzio (“La figlia di Iorio“), la quale divenne oggetto di contrasti fra
l’autore e gli attori, fondati e motivati dall’intolleranza e dalla “suscettibilità” del Poeta Vate:
“Ma appena fui lì aggrappato e cominciai la mia imprecazione ad Aligi, quel che doveva accadere accadde. Il Poeta si alzò come se fosse spinto da una molla, e nel silenzio che si fece subito sulla scena si sentì la sua voce, quella voce secca e metallica così caratteristica, esclamare <<No. E’ più forte di me>>. La prova fu sospesa. Aligi si risvegliò lì per lì e tornò ad essere Giovanni Grasso, di pessimo umore. Il Poeta voleva portarsi via il copione, Grasso minacciò di recitare a soggetto ed affermò che la sua compagnia non era abituata a prodursi al cospetto di un pubblico d’invitati. Ma D’Annunzio se ne andò lo stesso. Prima guardò me, che ero rimasto aggrappato alle sbarre della finestra a vedermi la scena e disse <<Quel mietitore là, ve lo raccomando. Non lo toccate. Se lo toccate, si sciupa>>. [2]”
“Comica Compagnia Siciliana del Cav. Angelo Musco”
Dopo l’esperienza teatrale con Grasso, passò alla compagnia di Nino Martoglio, il quale scrisse per Musco commedie che segnarono fortemente la sua carriera: “San Giovanni Decollato” e “L’aria del continente” (entrambi testi teatrali saranno portati successivamente sul grande schermo dallo stesso Musco, con la regia di Telemeco Ruggeri e Gennaro Righelli).
Nel 1914 formò una propria compagnia, “Comica Compagnia Siciliana del Cav. Angelo Musco”, sostenuta ed apprezzata da diversi critici e intellettuali, tra cui il giornalista Renato Simoni e lo scrittore e drammaturgo Luigi Pirandello e proprio con quest’ultimo, iniziò una lunga e proficua collaborazione. Ebbe il vanto di rappresentare i primi lavori teatrali del Premio Nobel, il quale gli affidò: “Pensaci, Giacomino!”, “Liolà”, “La giara”, “Il berretto a sonagli”.
In queste opere, la straripante comicità, la travolgente parlantina siciliana e la mimica spontanea di Musco s’affinarono e si acquietarono in un’amara umanità, messa in discussione in ogni situazione e ricettacolo in cui si trovava l’individuo “mascherato”. Fu anche interprete di ben undici film, tratti da diversi “cavalli di battaglia” portati in scena durante la sua voluminosa carriera teatrale; il più noto dei quali fu “Il feroce Saladino” (1937) di Mario Bonnard e con la partecipazione d’una giovanissima Alida Valli.
Oltre alle grandi doti attoriali, Angelo Musco era un uomo di gran cuore, sempre pronto ad aiutare i colleghi più sfortunati, in quanto di quella sfortuna si era nutrito durante le fatiche e gli albori del suo cammino. Tra i diversi attori favoriti dalla magnanimità del Cavaliere, ci fu un giovanissimo Peppino De Filippo, a quel tempo attore emergente in una piccola compagnia di prosa partenopea, che fu fischiata e cacciata dal Cinema-teatro Splendor di Ancona. Musco, venendo a conoscenza dell’accaduto, offrì alla piccola compagnia una grande provvista di viveri e una somma di 100 lire per il rientro a Napoli.
Il 5 ottobre del 1937, dopo la messinscena al Teatro Olympia di Milano di “Un magnifico cappello” scritta da Federico Petriccione, Angelo Musco venne colpito da un attacco di angina pectoris e morì dopo trascorsa la mezzanotte all’età di 65 anni.
Renato Simoni sul “Corriere della Sera” lo ricordò così:
“Un grande attore egli fu, grande nativamente, pieno il petto di umanità, fremente di estro il cervello; potente per stupende consapevolezze e superante la propria potenza, per meravigliose inconsapevolezze e misteriose ispirazioni”.
Domenico Livigni
Fonti:
1 “Napoli Aneddotica” di Giovanni De Caro (Arturo Berisio Editore, 1969).
2 “Cerca che trovi…” di Angelo Musco (Editore Cappelli, 1930).