Fuje Filumena: lo spettacolo di Fonzo al TRAM

Fuje Filumena è il nuovo spettacolo di Peppe Fonzo, in scena al teatro TRAM

Fu, un tempo, Filomena Marturano. Prendendo atto della coniugazione al passato remoto del verbo essere in lingua napoletana, fuje filumena. Fugge, e si nasconde, questo è il suo destino, la nuova Filumena. Prendendo atto della coniugazione al passato remoto del verbo fuggire in lingua napoletana, “fuje Filumena”.

Sono sottili sfumature dello spettacolo di Peppe Fonzo, per l’appunto, “Fuje Filumena”, in scena al teatro TRAM di Portalba lo scorso fine settimana. La drammaturgia napoletana annovera, fra i suoi substrati, uno incentrato intorno alla figura del “femminiello”.

È rinomata la scuola di drammaturgia che qualche decennio fa è fiorita intorno ad Enzo Moscato ed Annibale Ruccello. È un genere, una scelta. E, nonostante tale scelta sia alquanto singolare e di complicata manifattura, passando per la penna dei suoi ideatori mantiene sempre un proprio garbo. La lingua è cruda, ma non volgare. Le storie sono tragiche, ma mai banali. A volte surreali, ma non del tutto incredibili. I personaggi pittoreschi, ma non ridicoli né caricaturali.

fuje filumena
fuje filumena

La Filomena di Peppe Fonzo  si incastona in questo genere ma poi cerca di distanziarsi. Nel tentativo ci resta incastrata, ma come una sbavatura di inchiostro.

Questa Filomena è un  femminiello, il suo linguaggio è d’impatto e l’approccio al pubblico è aggressivo. Esiste una sottile arte che rende questi caratteri tollerabili, ma il personaggio in questione ne è purtroppo immune. Ciò che gli manca, probabilmente, è quel tocco di misticismo che lo distanzia e lo lega a realtà concrete, esasperate ed esasperanti. I toni di voce, gli improvvisi exploit e la lingua “sporca” possono facilmente dare fastidio.

Si potrebbe però relegare questa Filomena ad una sua personale verità: racconta storie di violenza vera, carnale, subita, perpetrata, sfuggita, sofferta. Un mondo nascosto, vizi segreti, perversioni ed amori malati. Storie possibili. Storie che bruciano nei sensi di chi le ascolta, grazie al carisma e alla competenza dell’interprete in scena, Luigi Credendino.

Assodato tale obiettivo, è alquanto peculiare la scelta di forzare un’inerenza fra la storia della Filomena  in questione e quella della Filomena di De Filippo. Non perché i generi non si possano innovare o perché i così detti “mostri sacri” siano intoccabili, ma perché Filomena Marturano era un personaggio, con un percorso ed un carattere oltre che con delle caratteristiche, con delle motivazioni di esistere, con un animo ed un contesto, obiettivi ed emotività tutte diverse da quelle della Filomena di Fonzo.

Non esistono punti di contatto fra le due, né, quantomeno, sono stati cercati. La prima Filomena non è stata “continuata”, ma privata della propria profonda essenza. Alla luce di tali dati di fatto, risultano forzature vane le similitudini fra le due Filomena:  dettagli superficiali quali i nomi, il numero e il genere dei figli non giustificano alcuna concomitanza fra i due personaggi. Frasi topiche che sono concetti,  rubate alla Marturano, sono maltrattate al di fuori della loro profonda verità.

fuje filumena
fuje filumena

Il segnale di connessione fra le due si perde non appena la protagonista in scena apre la bocca. Ci sono cose che non vanno toccate, non perché rifuggano all’innovazione, ma perché appartengono alla storia in una data maniera, ovvero come ideati. Non parliamo di stereotipi di personaggi quali, ad esempio, il “soldato fanfarone” o la “serva astuta”, che si possono riprendere, ritoccare, modificare.

 

Parliamo di una donna, che ha un nome, un cognome, una vita e una storia, e che in quanto tale è uguale solo a se stessa; è quindi già complicato riprodurla senza scadere nella sua caricatura, figuriamoci rinnovarla. Specie quando il “rinnovo” prevede un cambiamento così radicale: facciamola da capo, e allora abbiamo qualcosa di cui parlare.

La storia di Fonzo potrebbe anche avere un suo perché. Ma uno tutto proprio. Non è (né si può in alcuna maniera immaginare che possa mai essere in qualcosa di fantasticato, relativo, iconico o idealizzato aderente con) la storia di Domenico Soriano, il bel marpione di città che gioca ai cavalli e conquista donne giovani ed attraenti, che poi si innamora della sua prostituta di fiducia, con la quale concepisce e sostenta a sua insaputa tre figli.

Né quella di Filomena Marturano, stupenda ed analfabeta ragazzetta di provincia finita a vendersi per mantenersi, che poi si innamora di quel Soriano che sogna quasi tutta la vita di sposare; sogno romantico che alla fine, in un modo o nell’altro, realizza. Domenico Soriano aveva classe. Filomena Marturano, è uno stile. Non ha senso cercare di “cambiarlo” tramite processo di innovazione. Troviamo un altro stile, proprio, personale. Cerchiamo la nostra storia, raccontiamola. Questo si. Ma non cerchiamo di cambiare quelli altrui.

fuje filumena
fuje filumena

Sono necessari determinati presupposti per ricalcare le orme, oppure, semplicemente, si può fare qualcosa di diverso, innovativo, sconvolgente, conturbante, e a modo proprio, bello. Ma non ci proviamo neanche ad entrare nella vita di personaggi scritti da altri, e mutarli, per lo più, in malo modo. Si rischia, poi, davvero di commettere una violenza, invece di raccontare una storia di violenza.

Per quanti fossero interessati, lo spettacolo sarà  replicato presso la sala ICHOS di San Giovanni a Teduccio il  10-11 e 12 novembre 2017.

Teatro Tram- (sito ufficiale)

Letizia Laezza