Ormai reso storico e popolare in tutto il mondo e tornato in auge di recente qui in Italia grazie al grande lavoro svolto da Gabriele Mainetti nel suo “Lo Chiamavano Jeeg Robot“, il genere d’animazione giapponese Mecha ha fatto sognare milioni di ragazzi ormai quaranta/cinquantenni soprattutto negli anni ’80 con cartoni anime tipo Daitarn, Jeeg Robot d’Acciaio, Gundam e i Transformers (per Dio, state lontani dai “film” di Michael Bay!). Ma pochi sono riusciti ad entrare così prepotentemente nell’immaginario collettivo come il robottone pilotato da Koji Kabuto. E il nuovo film che lo riguarda, Mazinga Z Infinity, è destinato a far ritornare bambini ancora una volta tutti coloro che hanno vissuto in prima persona e prima di tutti gli altri, quei momenti.
Stavolta, però, con una, anzi mille marce in più, perché il mecha più amato degli eighties torna in grande stile per riprendersi il posto che gli spetta di diritto nell’Olimpo degli anime di casa del Paese del Sol Levante, con un film degno di questo nome che farà parlare di se per molti anni a venire, e che, oltre a scaldare il cuore di coloro che hanno visto nascere e crescere questo personaggio, farà appassionare anche orde di fanciulli e di infanti delle nuove generazioni che si approcciano al character per la prima volta, i quali rimarranno letteralmente di sasso dopo la visione della nuova avventura targata Toei Animation. Pronti? Partenza… MazinGO!
Mazinga Z Infinity prende tutto ciò che ha reso grande il franchise creato da Go Nagai e lo eleva ad una “potenza over 900000”. Immaginate un combattimento stile Dragon Ball ma con i robottoni, e mescolate con una puntina del (bellissimo) Pacific Rim di Guillermo del Toro (che si è ispirato palesemente al Maestro mangaka giapponese). Ecco, le scene d’azione nel film di Junji Shimizu sono così. Un finale esplosivo (nel senso letterale del termine), massiccio e spettacolare compensa alla grande una parte centrale pressoché tediosa e che aggiunge poco alla trama, la quale, settata temporalmente diversi anni dopo le puntate dell’anime degli anni ’80, vede Koji, ormai più scienziato e ricercatore che pilota, riprendere in mano tuta e casco e tornare al comando del Mazinga Z per fronteggiare la nuova minaccia del malvagio Dottor Inferno, che intanto prende il controllo di Tetsuya Tsurugi e del suo mecha ed ha preso possesso di un misterioso fossile miceneo dalle fattezze di un Mazinga demoniaco gigante, per questo denominato appunto Mazinga Infinity e ritrovato per cause misteriose all’interno del Monte Fuji, in Giappone. Dall’interno dell’Infinity, appare L.I.S.A., androide dalle sembianze umane ma costruito con parti biomeccaniche, ad avvertire di un’Apocalisse imminente. Tra teorie quantistiche, immagini psichedeliche e sottotesti politici vari (tutto sembra voler andare a parare ad una sorta di regime dittatoriale contro cui è necessario combattere, e forse, soprattutto per tempi come quelli che stiamo vivendo oggigiorno, è una cosa più che positiva svegliare un po’ le coscienze), Z Infinity intrattiene piacevolmente grazie a disegni curati in ogni minimo dettaglio e con colori molto accesi e ad una animazione fluidissima che alterna tecniche di animazione tradizionale in 2D ad animazione in CGI. Una combinazione perfetta per un film, Mazinga Z Infinity, gigantesco che porta alta la bandiera del genere Mecha.
LAME CROCI DEL SUD!
Antonio Destino