Ascolto attivo e ascolto passivo, riflessioni sul tema

Una definizione

Ascolto attivo e ascolto passivo: proviamo a soffermarci un attimo su quello che significa oggi l’atto dell’ascoltare. Che cosa implica l’ascolto? Proviamo a darne una definizione più precisa. Cito dall’enciclopedia Wikipedia:

L’ascolto è l’atto dell’ascoltare. È l’arte dello stare a sentire attentamente, del prestare orecchio. Ascoltatore è chi ascolta; ascoltare la lezione, un oratore; ascoltare con interesse tutto ciò che il professore dice. Non trattasi di atto superficiale. In psicologia […] è uno strumento dei nostri cinque sensi per apprendere, conoscere il tempo e lo spazio che ci circonda e comunicare con noi stessi e il mondo circostante. L’ascolto è un processo psicologico e fisico del nostro corpo per comunicare ai nostri neuroni, al cervello che li traduce in emozioni e nozioni.

Tra le esemplificazioni di ascolto qui proposte manca, a mio avviso, la più affascinante che è, in effetti, quella che mi ha indotto alla riflessione: il divenire di un brano musicale.

L’«effetto Mozart»

Ascolto attivo e passivo

Soffermandomi su quanto appena detto, soprattutto in relazione alla natura bipartita di ascolto attivo e ascolto passivo su cui vorrei focalizzare l’attenzione, ho avuto modo di ripensare al tanto noto quanto enigmatico «effetto Mozart» su cui molto si è detto e scritto (specie negli anni ’90, ma ancora oggi è argomento diffuso).

Questa è stata la denominazione assegnata ad un preciso fenomeno consistente nella reazione positiva ad un test di tipo logico-spaziale eseguito su un gruppo di individui. Si riferisce nello specifico a ciò che accadde in seguito ad un esperimento effettuato nel 1993 da due ricercatori americani: Gordon Shaw e Frances Rauscher.

Ad un gruppo di studenti volontari di un’università americana fu fatta ascoltare la sonata di Mozart in re maggiore K448 per due pianoforti; in seguito fu chiesto loro di sottoporsi ad un test che verificasse eventuali accresciute capacità a livello encefalico, lo sviluppo delle quali era sostenuto dai due studiosi. Gli esiti dell’esperimento, pubblicati sulla rivista Nature, per quanto positivi furono tuttavia, nella sostanza, fraintesi dalla comunità scientifica.

In ogni caso oggi ci si riferisce, parlando del cosiddetto «effetto Mozart», ad un temporaneo potenziamento delle abilità spazio-temporali di un individuo (sia esso un essere umano o un animale) in seguito all’ascolto di suoni logicamente e artisticamente disposti.

Questa era, sostanzialmente, la tesi della teoria sviluppata da Shaw e Rauscher, giudicata comunque controversa dal momento che, alla ripetizione dell’esperimento, il risultato non fu lo stesso ottenuto dai due studiosi che rimasero nel 1997 gli unici sostenitori della sua validità.

Ascoltare la musica fa bene?

Ricollegandomi ora all’argomento “ascolto attivo e ascolto passivo”, dagli studi in merito alle possibilità/probabilità di miglioramento delle funzioni cerebrali ciò che emerge con evidenza, a prescindere dalla scientificità o meno delle conclusioni che se ne sono tratte, è in definitiva l’importanza della pratica e dell’ascolto della musica d’arte, intesa come elemento fondamentale nella formazione spirituale dell’individuo.

Ascolto attivo e passivo

Effetti positivi sono stati riscontrati anche nel comportamento di animali che hanno beneficiato ugualmente di ascolti musicali. È notissimo ad esempio il caso della produzione di latte, definito di ottima qualità, da parte di bovini affidati dal fattore alle cure dei suoni. Il maestro di Salisburgo sembra essere il più “efficace” tra i compositori. Le sue opere risultano tra le più stimolanti nel potenziare alcune funzioni neurologiche collegate alle capacità di organizzazione del pensiero così come del movimento ed orientamento consapevole nello spazio e nell’ambiente circostanti.

Ascolto attivo e ascolto passivo

Ho ritenuto pertanto, in relazione a quanto scritto finora, effettuare un’utile distinzione. Che ruolo può giocare la musica su un soggetto che ascolta in maniera consapevole rispetto ad un altro che lo fa in maniera inconsapevole? Ed ecco dunque che la differenza tra ascolto attivo e ascolto passivo passa sostanzialmente per una differenza terminologica di cui tener conto. L’ascolto attivo è generalmente considerato quello del prestare attenzione all’ordine in cui sono disposti i suoni in maniera cosciente, ragionata, con punti di riferimento culturali e storico-estetici di supporto; l’ascolto passivo è a mio avviso una “non-azione”, eppure a suo modo esistente.

D’altronde l’ascolto, per definizione, presuppone sostanzialmente l’essere attivi: vale a dire il pensare, il ragionare e l’elaborare mentalmente il suono che percepiamo per collocarlo in una sequenza percettiva logica; il disporsi nei confronti del suono in maniera passiva, invece, comporta un diverso approccio che tende alla definizione di un semplice “sentire”: ossia la percezione di suoni e rumori circostanti che si lascia “scorrere” alla stregua di un flusso, senza che vi sia consciamente un’azione di “elaborazione” da parte del cervello.

L’ascolto passivo come esperienza pre-natale e infantile

Ascolto attivo e passivo

Se ci si sofferma un attimo sulla seconda tipologia di ascolto si potrebbe dire che essa è quella che più caratterizza l’universo percettivo dei neonati o dei bambini molto piccoli, immersi nella realtà ambientale quotidiana ricca di suoni e rumori: in quella fase, infatti, l’individuo assorbe ogni tipo di stimolo sonoro in maniera sostanzialmente inconsapevole, dal momento che non ha sovrastrutture o schemi mentali che gli permettano di classificare e rielaborare il materiale sonoro con il quale viene a contatto.

Tutto ciò, tuttavia, viene a formare un serbatoio di esperienze sonore che rimarrà, in un certo senso, come “riserva” per tutta la vita; inconsciamente l’individuo in età matura tenderà ad associare suoni e rumori ascoltati per la prima volta in maniera consapevole ad esperienze di ascolto precedenti, avvenute appunto in maniera inconsapevole.

Si può dunque dedurre che le prime esperienze di ascolto (ovvero i primi suoni con cui si entra in contatto) sono il primo importante sfondo fonico-culturale che rimarrà in “deposito” finchè non verrà sfruttato nuovamente all’occorrenza.

Con il passare del tempo i primi stimoli sonori, con i quali l’individuo è venuto in contatto durante le prime fasi della vita e l’infanzia, tenderanno a ritornare a mo’ di reminiscenze, quasi un riaffiorare di vecchie esperienze d’ascolto da una sorta di iperuranio di platoniana memoria: si passerebbe dunque da una fase iniziale di “ascolto passivo” ad una secondaria di “ascolto attivo” nel corso dell’esperienza di una vita (sempre se tale ascolto si svolge in maniera consapevole, ovviamente) .

Per approfondire l’argomento “ascolto attivo e ascolto passivo” si consiglia, tra gli altri, la lettura del fondamentale saggio di John A. Sloboda La mente musicale (ed. Il Mulino, Bologna 1998), ricco di spunti di riflessione.

Ascolto attivo e ascolto passivo: le prospettive possibili

Si può senz’altro affermare, come indicava già a suo tempo Alfred Tomatis,¹ che l’educazione dell’orecchio sia importantissima. Essa favorisce un miglioramento delle capacità intellettive di elaborazione, giudizio, associazione; ognuna di queste è poi relegata ad una particolare area dell’encefalo che tende a svilupparsi in base all’educazione musicale che viene offerta all’individuo.

Ascolto attivo e passivo

A questo proposito mi sovviene una delle famose Regole di vita musicale del compositore romantico tedesco Robert Schumann il quale dice che «La formazione dell’orecchio è la cosa più importante. Esercitati sin dall’inizio a riconoscere note e tonalità. La campana, i vetri delle finestre, il cuculo – tenta di cogliere quali suoni producono».

In questo mondo pieno di suoni e rumori (talvolta anche assordanti e fastidiosi) credo sia importante provare ogni tanto a fermarsi, ascoltare e cogliere il senso ed il significato profondo dei suoni che ci circondano. L’ascolto attivo è sicuramente il tipo di approccio migliore all’arte musicale.

I grandi classici

Il consiglio è dunque quello di frequentare con una certa assiduità la musica dei grandi autori come Johann Sebastian Bach, Wolfgang Amadeus Mozart, Ludwig van Beethoven e tanti altri. L’ascolto delle loro opere sviluppa la fantasia e dà grandi soddisfazioni a chi decide di goderne. Se non altro la musica classica, per la sua stessa natura, stimola l’attenzione dell’ascoltatore (e forse proprio per questo è ritenuta erroneamente più difficile da “digerire”).

Ascolto attivo e passivo

Non sarebbe possibile ascoltare attentamente una sinfonia di Beethoven mentre si fa, ad esempio, il bucato…al termine del disco si ricorderebbe poco o nulla di quanto emesso dalle casse dello stereo! Si è costretti dalla natura stessa della musica in questione a prendersi una pausa, a fermarsi e a seguire il divenire del brano musicale. Questo atteggiamento, molto auspicabile in verità, può essere in definitiva un primo passo verso una maggior comprensione di se stessi, dell’ambiente che ci circonda e del relativo contesto.

Il criterio culturale…

Credo sia importante – oggi ancor di più trovandoci in una società un po’ fracassona, che va sempre di corsa – sviluppare capacità di scelta e di critica, anche in relazione alla musica che ascoltiamo, preferibilmente con il supporto di un adeguato bagaglio culturale che deve svilupparsi progressivamente in ognuno di noi.

L’ascolto consapevole, ragionato, quello “fatto con la testa” (come diceva sempre durante i suoi corsi di storia della musica il professor Enrico Careri)² è uno dei modi migliori – allo stesso livello delle buone letture e del grande cinema – per sviluppare la propria intelligenza e, soprattutto, per godere totalmente della realtà che ci circonda, in particolare per quella sonora proveniente dallo stereo o nel momento in cui ci troviamo in una sala da concerto.

Vorrei concludere le mie divagazioni sul tema ascolto attivo e ascolto passivo con alcune parole, particolarmente appropriate, del musicologo Claudio Casini: “[…] Ci si concentra nell’ascolto come nello sguardo per le arti figurative e nella lettura per le opere letterarie. Ma la concentrazione deve essere selettiva, attenta: non bisogna abbandonarsi alle vaghe sensazioni suscitate dai suoni nè rinunciare ad un giudizio personale.

[…] In realtà, la musica non è destinata soltanto a chi ne conosce la scrittura e ne ha studiato la tecnica. Che per capire la musica se ne debba aver approfondito i più riposti segreti, al contrario di quanto si ritiene (erroneamente) per le altre arti, è una leggenda diffusa dai musicisti, per spirito corporativo, per terrorismo culturale ma anche, specie in Italia, per una ragione giustificata dalla storia […]”.³

Gianluca Blasio

Note

1. Noto otorinolaringoiatra che dedicò il suo lavoro allo sviluppo di un metodo terapeutico basato sull’ascolto di molta musica mozartiana.

2. Docente di musicologia all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

3. L’arte di ascoltare la musica, Rusconi, Milano 1995.

Fonti e bibliografia

http://www.marcostefanelli.com/subliminale/effettomozart.htm

  • Claudio Casini, L’arte di ascoltare la musica, Rusconi, Milano 1995.
  • John A. Sloboda, La mente musicale, Il Mulino, Bologna 1998.
  • Alfred Tomatis, Perchè Mozart?, Ibis, 2008.
  • Alfred Tomatis, Ascoltare l’universo. Dal big bang a Mozart, Ibis, 2013.