Noam Chomsky è fra i massimi linguisti dell’ultimo secolo. I suoi studi sul linguaggio hanno aperto nuove prospettive, sia in ambito linguistico sia nel campo della ricerca sulla mente.
Al nome del pensatore americano è legata la riscoperta di posizioni innatiste in sintonia con le più recenti osservazioni condotte sul sistema nervoso. Le sue riflessioni attraversano aree di studio che vanno dalla neurobiologia alla genetica, dalle scienze cognitive alla filosofia della mente.
L’obiettivo di Chomsky è allora quello di indagare il funzionamento della mente e delle lingue naturali al fine di dedurne una teoria linguistica generale.
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Il linguaggio: normatività e creatività
Ogni lingua è costituita da un sistema di regole. Queste ultime definiscono la corretta produzione del discorso, sia dal punto di vista fonetico che dal punto di vista semantico. Saper parlare una lingua significa interiorizzare e padroneggiare queste norme. La corretta associazione di rappresentazioni fonetiche (suoni) e rappresentazioni semantiche (significati), però, non esaurisce tutta la complessità dell’espressione linguistica.
Ciò che Chomsky ha a cuore è l’aspetto creativo del linguaggio, il mistero della sua inesauribilità. Com’è possibile generare un numero potenzialmente infinito di frasi a partire da un numero finito di elementi?
Per rispondere a questa domanda è necessario estendere lo studio sulla lingua anche a fattori non linguistici e alle strutture cognitive dei parlanti-ascoltatori.
Esecuzione linguistica e competenza linguistica
Chomsky distingue fra due aspetti del linguaggio, chiamati rispettivamente esecuzione linguistica e competenza linguistica. La prima indica la performance linguistica, cioè l’uso effettivo della lingua parlata in un dato contesto. La competenza linguistica, invece, rimanda ad un “parlante-ascoltatore ideale in una comunità linguistica completamente omogenea“. In maniera più semplice, la competence è l’insieme delle strutture e dei principi che rendono ogni volta possibile l’esecuzione linguistica da parte di un parlante ideale. Essa costituisce una specie di istinto, un patrimonio biologico di capacità innate proprio della specie umana nella sua attuale fase evolutiva.
Chomsky: il Menone di Platone
Chomsky si appropria così del nucleo tematico del Menone di Platone, proponendo una versione aggiornata dell’innatismo. In Linguaggio e problemi della conoscenza (1986) leggiamo:
Nel Menone Socrate dimostra che un giovane schiavo privo di istruzione conosce i principi della geometria, conducendolo, attraverso una serie di domande, alla scoperta di alcuni teoremi di geometria. Questo esperimento solleva un problema che rimane tuttora insoluto: come ha fatto il giovane schiavo a trovare la verità della geometria senza istruzioni o informazioni?
Nel dialogo platonico Socrate intrattiene una conversazione con uno schiavo. Incalzato dal metodo maieutico, questi perviene alla soluzione di un problema geometrico pur essendo privo di istruzione. Platone spiega che ciò è possibile perché Socrate ha risvegliato nel giovane conoscenze innate. Chomsky respinge la cornice mitica del discorso platonico, proponendone una lettura moderna:
Come possiamo esprimere questa proposta in termini moderni? Una variante moderna sarebbe che certi aspetti della nostra conoscenza e della nostra comprensione sono innati, cioè parte del nostro patrimonio biologico, geneticamente determinato.
Nelle tesi di Chomsky l’innatismo classico si fonde con conoscenze di natura biologica. La facoltà del linguaggio, infatti, è interpretata come un organo mentale. Come tutti gli altri organi del nostro corpo, anche il linguaggio svilupperebbe le sue funzioni in base a istruzioni codificate dal patrimonio genetico.
L’apprendimento del linguaggio e la critica al comportamentismo
L’interpretazione del linguaggio come un sapere innato consente a Chomsky di offrire una soluzione al problema dell’apprendimento del linguaggio. Il bambino che impara a parlare non si limita alla ripetizione di frasi dette dai propri genitori. Egli acquisisce in breve tempo la capacità di comprendere e formulare un numero infinito di espressioni. Alla fine del suo percorso di apprendimento, il soggetto parlante dimostra di poter far un uso del tutto autonomo della lingua. La competenza linguistica, quindi, si estenderebbe molto oltre i limiti dei dati appresi dall’esterno.
Queste osservazioni conducono Chomsky ad avanzare una critica al comportamentismo. Per gli psicologi comportamentisti l’apprendimento del linguaggio può essere spiegato nei termini di un meccanismo di stimolo-risposta. Secondo Chomsky questa teoria non sarebbe in grado di render conto dell’aspetto creativo del linguaggio. Parlare non significa semplicemente attingere ad un repertorio di frasi già disponibili. Secondo il filosofo l’apprendimento del linguaggio è possibile grazie alla presenza nella nostra mente di un dispositivo innato: il Language Acquisition Device.
Chomsky: la linguistica generativo-trasformazionale
Chomsky definisce la competenza linguistica una Grammatica universale. La Grammatica universale è quella struttura mentale che consente di generare frasi sempre nuove nella propria lingua. Come in un congegno matematico, ciò avviene a partire dalla combinazione e trasformazione di elementi minimi acquisiti. Queste considerazioni sul carattere generativo-trasformazionale della lingua sono al centro della teoria di Chomsky. La linguistica deve indagare le condizioni che rendono possibile l’attivazione di queste funzioni mentali. Dunque, risulta fondamentale l’apporto di altre scienze, come la neurofisiologia e l’informatica.
Linguaggio e cibernetica
Indagando l’aspetto creativo del linguaggio, Chomsky approfondisce la sua teoria linguistica attraverso un’interpretazione cibernetica dei soggetti parlanti.
L’uso del linguaggio non è determinato da stimoli esterni, ma da funzioni interne ai parlanti. La linguistica deve indagare questi meccanismi autoregolativi. Per questo motivo, essa deve stringere un rapporto collaborativo con la la scienza che studia i principi di autoregolazione delle intelligenze artificiali: la cibernetica.
Per la sua capacità di autoregolare le proprie prestazioni dall’interno, il soggetto parlante opera come un vero e proprio soggetto cibernetico. Pertanto, secondo Chomsky l’intelligenza artificiale, che consente di simulare l’attività mentale attraverso programmi informatici, aprirebbe nuove prospettive sul funzionamento della mente.
Martina Dell’Annunziata
Bibliografia
Platone, Tutti gli scritti, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano 2001
N. Chomsky, Il linguaggio e la mente, Bollati Boringhieri, 2001
N. Chomsky, Linguaggio e problemi della conoscenza, Il Mulino, 1986
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Fonte https://www.panorama.it/scienza/cervello-si-allena-con-le-mappe-mentali/