Artemide (in latino Diana) è una divinità molto complessa e stratificata. È vergine, ma in alcuni luoghi della Grecia è associata alla fertilità: si pensi all’Artemide di Efeso che veniva adornata con testicoli di tori sacrificati.
Il suo culto è estremamente antico: risale infatti all’età micenea la sua presenza a Delo. Lo stesso mito della sua nascita, che precede quella di Apollo, dal grembo di Letò, sembra indicarlo. Artemide stessa aiuta sua madre a partorire Apollo. Sin dall’inizio la dea è associata alla fecondità e ai cicli femminili, e di qui derivano molti episodi relativi alla manifestazione della sua benevolenza ma anche della sua ira, da Admeto in poi.
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Le caratteristiche della dea Diana
Diana intanto è nota per essere l’autrice della morte improvvisa nelle donne. La sua arma, il suo arco d’argento, simbolo della falce lunare, vibrava dardi mortali e infallibili. Per esempio una delle vittime illustri dei dardi di Artemide è la madre di Andromaca, moglie di Ettore.
Come dea lunare è il secondo membro di una trinità femminile la cui parte oscura è Ecate, la dea delle streghe. Ecate altro non è che il femminile di Ecato, epiteto di Apollo, nel senso di “colei che colpisce/benefica a suo piacimento”. L’altro membro di questa trinità è Selene, detta anche Febe, la Radiosa, epiteto che naturalmente è il femminile di Febo (Apollo).
Motivi di ira
L’ira di Diana in diversi miti che la riguardano è occasionata dalla tendenza di alcuni eroi a dimenticarsi di lei nei sacrifici. In altri casi la dea interviene a punire la tracotanza di personaggi che offendono apertamente lei o sua madre Letò. Spesso inoltre oggetto dell’ira sono le ninfe del suo corteggio che violano il voto di castità a lei dovuto. In alcuni casi più sporadici infine Artemide si rende artefice di vere e proprie vendette trasversali in salsa olimpica.
Mancata adempienza nei riti: Eneo e Admeto
Due miti eroici incentrati su personaggi che la snobbano nei riti hanno come protagonisti Eneo, l’inventore del vino, e Admeto, il re di Fere, argonauta.
Eneo, re degli Etòli, padre di Tideo e nonno di Diomede non aveva sacrificato ad Artemide. La dea, in quanto cacciatrice e madre delle belve, aveva scatenato nel suo regno un cinghiale che imperversava nelle campagne intorno a Calidone, villaggio fortificato dell’Etolia. A uccidere il cinghiale, con l’aiuto di una torma di eroi, fra cui il vile Tersite (che ritroviamo nell’Iliade), fu Meleagro.
Il caso di Admeto è al centro di uno dei miti più commoventi della memoria culturale dei Greci. Admeto aveva dimenticato Artemide nei suoi sacrifici nuziali. La dea lo aveva punito con una lenta consunzione che lo conduceva a morte. Senonché fra i servi di Admeto, a sua insaputa, c’era stato Apollo, costretto per un anno a servire un mortale da Zeus suo padre. Zeus aveva così punito il figlio per avergli ucciso i Ciclopi che avevano forgiato il fulmine con cui aveva ucciso il medico Asclepio, figlio di Apollo, e reo di aver curato la morte. Apollo volle premiare la bontà di Admeto, consentendogli di evitare la morte, purché qualcun altro morisse per lui. L’unica ad accettare era stata Alcesti, la sua giovane moglie.
Casi di tracotanza (hybris)
Un caso di hybris punita è quello di Niobe, che era orgogliosa dei suo quattordici figli, sette ragazzi e sette ragazze, e prese in giro la dea Letò che ne aveva solo due, Apollo e Diana. La dea allora insieme al fratello glieli uccise tutti: si salvò solo una figlia, a cui Niobe fece scudo col suo corpo. Per il dolore la donna si mutò poi in una statua di sale.
Un atto di hybris fu anche il più famoso di Atteone che spiò la dea nuda mentre faceva il bagno. Diana lo punì tramutandolo in cervo e lasciandolo sbranare dai suoi cani da caccia.
Altri miti legati a Diana: Ippolito e Ifigenia
Casi più complessi sono quelli legati alla vicenda di Ippolito e alla guerra di Troia.
Ippolito, figlio illegittimo di Tèseo e della amazzone Ippolita, era stato condotto a morte dalle trame di Afrodite. Ippolito era l’uomo più caro ad Artemide, che si vendicò a sua volta di Afrodite aizzando la gelosia di Ares, che di Afrodite era l’amante. Afrodite infatti si era innamorata di Adone. Ares si mutò in cinghiale e l’uccise. Così l’ira di Artemide colpisce non un mortale ma un’altra dea.
Un caso a parte è rappresentato dall’episodio di Ifigenia figlia di Agamennone. In Aulide la flotta Achea si era radunata e Menelao andando a caccia nelle selve dei dintorni aveva ucciso la cerva sacra ad Artemide. Questa aveva fermato i venti facendo morire gli Achei di fame. Per placarla Agamennone dovette sacrificarle sua figlia Ifigenia. La versione successiva del mito vuole che Artemide, impietosita per il coraggio della fanciulla nell’affrontare il sacrificio, l’abbia salvata trasportandola fra i Tauri in Tracia. Qui Ifigenia era diventata sacerdotessa di Artemide e officiava lei stessa sacrifici umani, finché non venne liberata da suo fratello Oreste.
Arianna Colurcio