Tra i resti più significativi che i sotterranei di Napoli ci hanno restituito, va ricordata senz’altro l’immensa villa di Licinio Lucullo, militare romano, che nel I sec. a.C. fece costruire un’enorme dimora tra l’isolotto di Megaride e Pizzofalcone.
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La vita di Licinio Lucullo: tra libri e armi
Chi era Lucio Licinio Lucullo? Membro degli optimates, Lucullo era imparentato con due delle famiglie più influenti di Roma in epoca repubblicana: la gens Licinia e i Metelli.
Nato nel 117 a.C., Lucullo visse sin da giovane negli sfarzi, ma fu educato anche ad un’ampia cultura liberale, che portò con sé, come vedremo, fino alla vecchiaia. Nonostante il suo amore per le lettere e l’otium, Lucullo è ricordato principalmente come miles di così grande fama da diventare protagonista di una delle Vite Parallele di Plutarco.
Rappresentante della più rigida aristocrazia romana, servì Silla (che gli dedicò le sue memorie) nella Guerra Sociale e nella Prima guerra mitridatica, e fu grande trionfatore in Oriente, da cui portò in Italia ricchezze (come il marmo che prende il suo nome, “luculleo”) e anche varietà di piante prima sconosciute, come il ciliegio e l’albicocco.
Dopo aver rivestito il consolato nel 74, colpito in vecchiaia da numerose accuse e dalla rivalità del “popolare” Pompeo, si ritirò a vita privata, e riprese in mano i suoi più grandi amori: le lettere e la ricchezza. Così, diviso tra Tusculum e Neapolis, passò il tempo che gli restava nelle sue dimore, che aveva fornito di immense biblioteche, messe a disposizione di chiunque volesse usufruire di volumi provenienti da tutto il mondo asiatico. Fu così ricordato come protettore degli ellenici in Italia.
La villa di Licinio Lucullo a Neapolis
Come si è detto, una delle due più grandi dimore di Lucullo sorgeva a Neapolis. Tutt’oggi è impossibile determinare l’ampiezza della villa di Licinio Lucullo a causa dei continui ritrovamenti archeologici che spostano sempre un po’ più in là i confini dell’immensa dimora.
Il cuore della villa doveva corrispondere all’attuale Castel dell’Ovo: nei sotterranei di quest’ultimo, infatti, si può ammirare la cosiddetta “sala delle colonne”, che prende il nome dalle colonne romane rimaste ancora in piedi.
Un altro nucleo della villa che si può osservare coi propri occhi perché scavato a cielo aperto è quello corrispondente alla zona di Pizzofalcone e del Monte Echia, il nucleo più antico della città greca di Neapolis.
Infine, i recenti scavi della metropolitana a Piazza Municipio hanno riportato alla luce altri resti della villa, che dunque si espandeva persino all’altezza del ben più moderno Maschio Angioino.
I pranzi “luculliani”
Le dimore di Lucullo erano ricordate per gli immensi sfarzi e i pranzi che il proprietario organizzava (da qui l’aggettivo italiano “luculliano”), coinvolgendo i massimi uomini romani, tra cui, secondo l’aneddoto, addirittura Cicerone e Pompeo.
La villa di Licinio Lucullo di Napoli, in questo, non faceva eccezione. La dimora, infatti, era dotata di immensi giardini, in cui erano coltivate le piante e gli alberi che il comandante aveva portato dal Ponto e dall’Asia Minore: oltre alle già citate ciliegie e albicocche, Lucullo poteva offrire ai suoi commensali anche gustose pesche provenienti dalla Persia.
Tra divertimenti e studio
L’immensa villa era anche fornita di piscine e laghetti in cui venivano allevate le murene, secondo un uso sfarzoso praticato in epoca repubblicana, e comune anche alla dimora di Pollione a Pausilypon. Come in futuro Pollione, anche Lucullo fece costruire dei moli privati direttamente sul golfo, che permettessero alle navi di attraccare vicino alla villa.
Infine, come è stato già ricordato, Lucullo portò a Napoli parte della sua collezione di libri, e costruì nella villa un’immensa biblioteca, che doveva costituire il luogo prediletto per trascorrere il tempo nell’otium.
La villa dalla morte di Lucullo a oggi
Dopo la morte del proprietario, avvenuta secondo Plutarco nel 56 per demenza senile, la villa di Licinio Lucullo subì molti rimaneggiamenti, perdendo col tempo il suo aspetto originario. Divenne, infatti, proprietà della famiglia imperiale e, già danneggiata da terremoti e incursioni militari, in età tardo-antica (probabilmente sotto Valentiniano) fu tramutata in rocca, col nome di Castrum Lucullanum. In questa rocca subì la prigionia Romolo Augustolo, l’ultimo imperatore romano, dopo essere stato deposto da Odoacre nel 476.
In età medievale l’immensa struttura dell’antica villa di Licinio Lucullo divenne poi sempre di più una sorta di borgo monastico, dove si susseguirono diverse comunità. La villa-fortezza fu totalmente abbandonata e, anzi, distrutta dagli stessi napoletani nel 902, quando durante l’invasione dei Saraceni i locali temettero che la rocca potesse essere espugnata e utilizzata dai nemici come avamposto militare.
Soltanto sotto i Normanni il castello fu ricostruito così come oggi lo vediamo: è il Castel dell’Ovo, che nasconde ancora nelle sue viscere tracce di un antico sfarzo, segno del potere e della ricchezza raggiunti dalla classe senatoria e dalla città di Neapolis in età repubblicana.
Alessia Amante
Bibliografia
- Guide d’Italia, Napoli e dintorni, Touring Club Italiano