Ormai è praticamente palese che, al giorno d’oggi, tra remake, reboot, sequel e cinecomic vari, Hollywood non spicchi certo per originalità, con registi e sceneggiatori in piena crisi di idee, ma soprattutto con produttori che puntano (ovviamente) sul guadagno facile investendo su franchise già avviati da tempo invece di rischiare con nuovi progetti. Molto spesso, purtroppo, assistiamo alla produzione di cinecomic quasi tutti senz’anima e uguali tra loro, quasi come fossero fatti con lo stampino (ogni riferimento al MCU è puramente casuale), o di sequel/remake di film cult del passato non all’altezza dell’originale, costati molti milioni in più ma con idee di sceneggiatura e messa in scena poco o mal sfruttate.
Ecco, Blade Runner 2049 non è così.
Sebbene potrebbe sembrare un sacrilegio toccare un brand così pesante dato il valore culturale e sociologico che tale film ha (si tratta infatti, inutile dirlo, di un film che chiunque sulla faccia della Terra dovrebbe vedere almeno una volta nella vita, e che tratta temi come l’evoluzione tecnologica e come l’essere umano riesca a relazionarsi ad essa, o l’ibridazione tra uomini e macchine, esseri robotici artificiali), c’è da dire che il giovane regista canadese Denis Villeneuve, già reduce dai grandi successi di blockbuster non privi di contenuti interessanti come Sicario ed Arrival, se l’è cavata più che egregiamente nel raccogliere la pesante eredità del grande maestro Ridley Scott (qui in veste di produttore).
Una regia praticamente impeccabile che rasenta la perfezione, con inquadrature che valorizzano le scenografie di Dennis Gassner (tra l’altro, orgoglio italiano agli Oscar 2018 con la friulana Alessandra Querzola, arredatrice di scena del film che ha ricevuto la candidatura tecnica per il suo straordinario lavoro), campi lunghi con i quali sembra davvero di trovarsi in una Los Angeles futuristica (la CGI non è mai ingombrante e anzi è gradevole allo sguardo), carrellate studiate al millimetro, primi piani di un’intensità unica con attori che ci hanno messo cuore e anima nel loro lavoro e una fotografia con toni caldi tendenti lievemente al bianco in certi punti contribuiscono a rendere Blade Runner 2049 una pellicola di pregevolissima fattura che intrattiene e allo stesso tempo fa riflettere e lascia anche qualcosa dopo la visione.
Tant’è che, come già accennato in precedenza, proprio tutto il lato tecnico del film ha ricevuto varie candidature agli Oscar 2018, tra cui quelle per la miglior scenografia, per il miglior montaggio sonoro e per i migliori visual effects. La pellicola è ambientata temporalmente esattamente trent’anni dopo il film originale, e ritroviamo ad esempio l’ex agente della Blade Runner (l’unità speciale composta da agenti reclutati per “ritirare” ossia uccidere i replicanti, esseri sintetici, creati in laboratorio, simili agli umani ma dotati di capacità intellettuali e forza fisica estremamente superiori agli uomini, e che venivano utilizzati come schiavi da questi ultimi) Rick Deckard, interpretato dal sempreverde Harrison Ford, il quale sembra non aver per niente perso il suo smalto nonostante gli acciacchi dell’età avanzata, anzi si potrebbe definire la sua interpretazione a dir poco stupefacente.
Abbiamo inoltre l’astro nascente Ryan Gosling, consacrato e lanciato definitivamente nel firmamento delle grandi star grazie al musical La la land, che interpreta l’agente K, nuovo cacciatore di replicanti cinico, freddo e calcolatore all’estremo. Il quale, però, arriverà a scoprire che il valore dei sentimenti umani non può essere quantificabile in numeri. Se proprio si dovesse trovare un difetto all’interno dell’opera di Villeneuve, questo potrebbe essere un lievissimo calo di ritmo nella parte centrale del film, ma si tratta del nulla cosmico se paragonato alla maestosità del complesso di ciò a cui ci troviamo davanti.
Un film se non superiore, almeno allo stesso livello del suo predecessore.
Philip Kindred Dick sarebbe estremamente soddisfatto del prodotto Blade Runner 2049, trattandosi infatti non solo di un sequel del film originale, ma di una vera e propria estensione di esso, che non verrà certo dimenticato come lacrime nella pioggia.
Antonio Destino