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Com’era la Terra nel Cambriano?
Se potessimo passeggiare sul nostro pianeta circa 540 milioni di anni fa, nel periodo chiamato Cambriano, non troveremmo traccia di vita. L’atmosfera era composta da pochissimo ossigeno. le radiazioni solari rendevano l’ambiente subaereo mortale, la temperatura media era di 10°C e il livello del mare cento metri più basso di quello odierno. Ed è proprio qui, nel mare, che tutto ha avuto inizio.
Nel periodo Cambriano si svilupparono tutti i phyla di animali (ossia i grandi raggruppamenti tassonomici, come molluschi, anellidi, artropodi o nematodi) che ancora oggi popolano la Terra.
In fondo al mar
Una volta immersi nel paleomare, osserveremmo animali bizzarri, con caratteristiche che possono non sembrarci familiari, e altri che invece sono del tutto simili a quelli che conosciamo.
Saremmo in grado di riconoscere un po’ ovunque delle spugne di mare, attaccate sul fondo o sulle rocce, mentre filtrano l’acqua per nutrirsi delle particelle sospese. Le meduse galleggiano placide nella colonna d’acqua, mentre i coralli, con i loro scheletri calcarei, si adoperano a costruire le prime barriere coralline. Queste avrebbero nel tempo creato un ambiente favorevole all’esplosione della diversità negli organismi marini.
Osservando i fondali, troveremmo sicuramente i trilobiti, artropodi tipici del Cambriano, estinti nell’Ordoviciano. Questi simpatici animaletti, così chiamati per via del loro corpo diviso verticalmente in tre lobi, erano probabilmente spazzini e/o predatori. Infatti, scandagliavano il fondo alla ricerca di tane di vermoni dalla forma un po’ equivoca, chiamati priapulidi.
I trilobiti erano così diffusi in questo periodo che sono considerati dei “fossili guida” del Cambriano, ossia vengono utilizzati per datare le rocce. Se in un giacimento troverò fossili di trilobiti o delle loro impronte, vuol dire che queste rocce sono nate nel Cambriano.
Fissate con un peduncolo a fondali e rocce, troveremmo alcune conchiglie, simili a quelle di cozze o vongole. Non si tratta, però, di molluschi. Infatti nel primo periodo della vita sulla Terra, ad occupare il posto dei bivalvi, vi erano animali chiamati brachiopodi.
Nonostante siano molto simili, non sono nemmeno lontanamente imparentati tra loro. I brachiopodi possono essere riconosciuti da un foro sulla conchiglia da cui fuoriesce il peduncolo e da una struttura detta lofoforo, che usa per nutrirsi. Alcuni di loro, come Lingula, esistono ancora oggi totalmente immutati, relegati ad ambienti di nicchia.
Sui bassi fondali, ci si imbatterebbe in una sorta di “giardini” di strane creature simili a fiori, con uno stelo, un calice e dei “petali”, che infatti ancora oggi prendono il nome di gigli di mare. Questi organismi, chiamati crinoidi, però, sono tutt’altro che fiori, ma echinodermi, cioè animali imparentati con le stelle e i ricci di mare.
Intorno a noi vedremmo nuotare animali simili a pesci, ma che sono in realtà solo loro antichi antenati. Myllokunmingia, Pikaia e Haikouichthys erano infatti cordati, cioè animali dotati di una notocorda, una struttura flessibile che col tempo sarà sostituita dalla colonna vertebrale.
Il vero terrore dei mari erano i grotteschi predatori che si aggiravano in cerca di cibo. Alcuni di essi erano i dinocaridi, grossi animali piatti con delle strutture simili a denti ricurvi, utilizzati forse per ghermire le prede, come in Anomalocaris, Laggania e Opabinia. Altri erano i primi euripteridi, enormi scorpioni marini che videro la loro espansione nei periodi successivi.
La testimonianza di Burgess-Shale
È stato possibile ricostruire la fauna di questo particolare periodo geologico grazie ad alcuni ritrovamenti, in particolare i fossili rinvenuti all’inizio del secolo scorso nelle argilliti di Burgess, in Canada. Un intero ecosistema venne ricoperto da finissimi sedimenti nel Cambriano medio da una sorta di “tempesta di sabbia” sottomarina.
I resti sono così ben conservati che è stato possibile addirittura riconoscere delle meduse, che essendo composte quasi totalmente da acqua, non fossilizzano quasi mai.
Altri peculiari organismi ritrovati a Burgess, come Hallucigenia o Orthrozanclus, sono così diversi da quelli attuali che ancora non si è potuto loro attribuire un posto nel grande albero genealogico della vita.
Non è da escludere che col tempo altri giacimenti fossiliferi del Cambriano possano tornare alla luce, dandoci nuove informazioni sulla fauna di allora, per completare il quadro dell’evoluzione che ha portato alla straordinaria biodiversità del nostro pianeta.
Lucrezia Guarino
Bibliografia
Stephen Jay Gould, “La vita meravigliosa – I fossili di Burgess e la natura della storia“, Universale economica Feltrinelli