Dopo Creonte, seguono gli Epigoni, gli ultimi anni di Tebe, gli ultimi re della città sino alla Repubblica.
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L’ingordigia di Erifile e l’inizio di una nuova guerra
Passarono dieci anni dalla guerra indetta da Adrasto e dai suoi capitani contro Tebe: i figli degli eroi caduti giurarono di vendicare i loro padri. Costoro vennero chiamati Epigoni.
L’oracolo di Delfi vaticinò la loro vittoria solo se Alcmeone, figlio del vate Anfiarao, avesse assunto il comando della spedizione. Il ragazzo però non aveva interesse a combattere contro Tebe, e ne discusse col fratello Anfiloco. Questi però non riuscirono a trovare un accordo, così rimisero la decisione nelle mani della madre Erifile.
Memore della corruzione che fece Polinice ad Erifile donandole la collana di Armonia, Tersandro ripetette il deplorevole gesto del padre regalandole il mantello che Atena donò alla sua ava nel giorno del suo matrimonio pur di partecipare alla nuova guerra contro Tebe.
Erifile così approvò la nuova operazione militare contro la volontà di Alcmeone.
Gli Epigoni avanzano, Tebe espugnata e rasa al suolo
Gli Epigoni marciarono verso la città dove avvennero le prime battaglie, da cui risultarono né vinti né vincitori. Poco prima della battaglia finale, gli Epigoni ed i tebani si scontrarono a Glissa a cinque miglia da Tebe (circa 8 chilometri; un miglio è pari a circa 1,60934 chilometri). Qui perse la vita Egialeo, figlio di Adrasto, ucciso dal re Laodamante che a sua volta morì per mano di Alcmeone.
Saputa la notizia della morte del sovrano, Tiresia predisse la sconfitta dell’esercito tebano e la distruzione della città sino a quando l’ultimo dei sette antichi eroi fosse rimasto in vita, ovvero Adrasto. I tebani così, nella notte prima dell’assedio finale, scapparono verso nord portando con sé armi, mogli, bambini e suppellettili.
Un messo comunicò ad Adrasto la perdita del figlio in battaglia. Il re molto vecchio non resse al dolore e morì d’infarto. Gli Epigoni arrivarono alle porte di Tebe, l’invasero e la distrussero radendo al suolo anche le sette mura costruite tanto tempo fa dai dioscuri Anfione e Zeto.
La superbia di Tersandro e la vendetta di Alcmeone
Gli epigoni erano: Alcmeone e Anfiloco (figli di Anfiarao), Egialeo (figlio di Adrasto), Diomede (figlio di Tideo), Promaco (figlio di Partenopeo), Stenelo (figlio di Capaneo), Tersandro (figlio di Polinice) e Polidoro (figlio di Ippomedonte).
Tersandro fu nominato re della nuova città e richiamò subito la popolazione tebana oramai orfana di Tiresia perché morto accidentalmente per aver bevuto acqua fredda da una fonte (si stima che l’età dell’indovino avesse raggiunto i 150 anni). Ricostruì la città e sposò Demonassa da cui ebbe un figlio di nome Tisameno.
Prima di morire per mano di Telefo in Misia nella prima spedizione contro Troia, Tersandro si vantò del successo ottenuto grazie alla collaborazione di Erifile, avendola corrotta così come fece suo padre. Alcmeone, inavvertitamente, udì quelle parole e capì che dietro a questo gioco, sia nella prima che nella seconda volta, c’era la mano di sua madre, che quindi aveva provocato la morte di suo padre e per poco anche la sua. Alcmeone, inferocito, consultò l’oracolo delfico che affermò che la donna meritava la morte. Il ragazzo però mal interpretò il volere di Apollo, perché il dio voleva solo che la donna morisse per la sua vanità, ma non per mano di suo figlio.
Alcmeone ritornò subito ad Argo e con l’aiuto del fratello Anfiloco uccise la madre; nel momento della morte, la donna maledisse i suoi figli e gridò: “Terre di Grecia e d’Asia e del mondo intero, negate asilo ai miei assassini!”
Il matrimonio di Alcmeone e l’inganno
Le Erinni non si fecero attendere, Alcmeone impazzì e fuggì dalla città chiedendo ospitalità a Psofide (a confine con l’Arcadia nel Peloponneso) dove Tegeo lo purificò dal matricidio e gli diede in sposa Arsinoe cui regalò come dono di nozze la collana e il manto di Armonia strappate alla madre in punto di morte.
Le Erinni però continuarono a perseguitarlo rendendo sterile la terra di Psofide. Alcmeone così ritornò a Delfi per consultare nuovamente l’oracolo e questi dichiarò che il ragazzo doveva purificarsi di nuovo, stavolta da un dio, in modo tale da essere immune alla maledizione della madre. La Pizia fece il nome di Acheloo in Etolia. Alcmeone si recò lì, il dio lo purificò e gli diede in sposa la figlia Calliroe facendo perdere le tracce alla famiglia precedente.
La donna però, dopo un anno, rifiutò di giacere col marito perché temeva per la sua bellezza e gli chiese che le venisse corrisposta sia la collana che il manto di Armonia. Alcmeone, per accontentarla, ritornò a Psofide da Tegeo e con l’inganno si fece restituire i monili alludendo al fatto che l’oracolo delfico avrebbe vaticinato che, per placare le Erinni, i gioielli sarebbero stati dati in sacrificio al dio Apollo. Uno dei servi del ragazzo, però, canzonò tutto senza accorgersi di essere ascoltato dal re.
Tegeo s’infuriò molto, chiamò i suoi figli e gli ordinò di tendere un’imboscata ad Alcmeone.
La morte di Alcmeone e la vendetta
Arsinoe assistette all’omicidio guardando tutta la scena dalla finestra della sua stanza e, senza neanche ascoltare le spiegazioni del sovrano, maledisse fratelli e padre augurandogli la morte prima della nuova luna per aver violato le leggi dell’ospitalità e per averla resa vedova.
Tegeo per ripicca fece arrestare la figlia, la chiuse in un cofano e la donò come schiava al re di Nemea, poi disse ai suoi figli di portare quei monili a Delfi.
Calliroe, saputa la morte del suo amato, pregò gli dei affinché i figli avuti con Alcmeone crescessero presto e vendicassero la morte del padre. Zeus l’accontentò, i suoi figli crebbero in un solo giorno, partirono per Nemea dove incontrarono i figli di Tegeo di ritorno da Delfi dove avevano posato i monili.
Vani furono i tentativi di dare spiegazioni sulla doppia natura di Alcmeone. Gli uomini morirono in combattimento, poi si recarono a Psofide dove uccisero il re Tegeo, tutto questo prima della nuova luna, così come da maledizione di Arsinoe.
Gli ultimi re di Tebe
Dopo la morte di Tersandro, divenne sovrano reggente Peneleo in attesa che Tisameno crescesse. Precedentemente, Peneleo era stato uno degli Argonauti, poi dopo il ritorno di Giasone ad Argo, partì con Tersandro nella seconda guerra contro Tebe.
Peneleo lasciò il regno a Tisameno e guidò la spedizione dei beoti contro Troia insieme con gli atridi (Agamennone e Menelao). Compare sia nell’Iliade che nell’Eneide. Fu ucciso da Euripilo.
Tisameno poi lasciò il trono a suo figlio Autesione, ma solo per breve tempo, perché partì con gli Eraclidi per obbedire ad un oracolo.
Fu nominato re Damasittone della dinastia di Peneleo. La famiglia regnante di Tebe così cambio: dai Cadmidi a quella di Peneleo.
Dopo Damasittone, ci fu Tolomeo, poi Xanto che venne ucciso con l’inganno da Melanto di Atene. Dopo il suo omicidio, il popolo tebano, stanco di questa grande instabilità politica, decise di abbandonare la monarchia a favore di una forma di governo repubblicana. Xanto quindi fu dunque l’ultimo monarca di Tebe.
Marco Parisi
Bibliografia:
- Karoly Kerenyi, Gli dei e gli eroi della Grecia, Il Saggiatore
- Robert Graves, I miti greci, Longanesi e C.