La Repubblica Napoletana
La Repubblica Napoletana venne proclamata il 23 gennaio 1799, durante il cosiddetto “triennio repubblicano”. Ferdinando IV, tornato a Napoli dopo una fallimentare spedizione contro la Repubblica Romana, si imbarcò il 21 dicembre su una nave inglese alla volta della Sicilia. L’esercito si era sfaldato, il governo era stato affidato al vicario Francesco Pignatelli, e necessaria era la firma di un armistizio, conclusosi l’11 gennaio 1799 a Sparanise.
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L’anarchia e la conquista francese
La popolazione a quel punto insorse: il popolo reclamò il diritto ed il dovere di difendere la città. Composta principalmente da lazzari, la fazione popolare incarnava istanze antifrancesi tradite dall’armistizio firmato da Pignatelli. Quest’ultimo optò per la fuga in Sicilia: a difesa della città restò soltanto il suo popolo.
Fu in quel momento che i lazzari occuparono le fortezze cittadine liberando prigionieri e ottenendo armi. La mobilitazione difensiva e anti-francese fu a questo punto concreta ed effettiva. Il pericolo era costituito non solo dalle truppe del generale francese Championnet prossime alla città. Ad alimentare la tensione fu anche la fazione filo-francese cittadina, espressione delle istanze dei patrioti e dei repubblicani.
Quest’ultimo gruppo riuscì ad impadronirsi di Castel Sant’Elmo, ottenendo il controllo del fuoco sulla città e sugli obiettivi ostili. Difatti nonostante la forte opposizione popolare, salvo piccoli focolai, le truppe francesi entrarono a Napoli il 23 gennaio 1799.
La restaurazione borbonica
In Sicilia Ferdinando IV nominò vicario reale il cardinale Fabrizio Ruffo. Nel febbraio del ’99 quest’ultimo sbarcò in Calabria, dove creò il primo nucleo dell”Armata Cristiana e Reale della Santa Fede in Nostro Signore. Più comunemente noto come Esercito Santa Fede, l’eterogenea estrazione dei sanfedisti era animata dalla fedeltà nella monarchia e alla chiesa, dal malcontento popolare, dalle istanze anti-francesi e controrivoluzionarie.
La partecipazione popolare fu sentita e forte: da quel momento Ruffo marciò trionfalmente verso Napoli. La città fu espugnata il 13 giugno 1799, i patrioti in gran parte giustiziati e la monarchia restaurata. La Repubblica Napoletana terminava così la sua breve storia.
La nuova emissione Repubblicana Napoletana
In ambito numismatico, la nascita di questa nuova entità repubblicana vide la sostituzione della vecchia e antiquata monetazione borbonica. Si trattava di una nuovissima emissione in cui furono evidenti i messaggi che facevano fedelmente riferimento ai principi ed ai valori della Rivoluzione Francese.
Le monete
Nei pochi mesi di vita della Repubblica Napoletana vennero coniate monete da 4 e 6 tornesi (in bronzo) e da 6 e 12 carlini (argento).
Nei 4 tornesi al dritto è presente un fascio littorio con scure, con al di sopra un berretto frigio, simbolo dei rivoluzionari e dei patrioti. Nella legenda è da evidenziarsi la scritta “REPUBBLICA NAPOLITANA” .
Sul retro figura nel campo il valore di “TORNE-SI QUAT-TRO”, dicitura disposta su quattro righe e circondata da rami di quercia. Nella legenda intorno invece è presente la scritta “ANNO SETTIMO DELLA LIBERTA” con accento omesso.
Il 6 tornesi è realizzato su modello del 4 tornesi. Presenta opportune variazioni, quali il peso e diametro, oltre che il valore sul retro di “TORNE-SI SEI”.
Più piacevoli all’ occhio sono i carlini, rari rispetto ai comuni tornesi e realizzati in argento.
Il 6 carlini presenta al dritto l’allegoria della libertà. Essa si regge, appoggiandosi con la mano sinistra, su un fascio con una scure. Con la destra invece sorregge un’asta alla cui sommità si trova un berretto frigio. La raffigurazione rimanda alle analoghe figure allegoriche delle virtù romane, presenti sulle monete coniate in età imperiale. Un ultimo particolare è l’atto con cui la figura schiaccia una corona, quella della monarchia borbonica. La legenda, come nei tornesi, è funzionale alla diffusione dei nuovi valori repubblicani.
La dicitura “REPUBBLICA NAPOLITANA” assume infatti non soltanto un significato connotativo, ma anche pedagogico. Era necessario cioè istruire la popolazione ai nuovi ideali e ai nuovi significati, incarnati nel concetto di Repubblica.
Per quanto riguarda il retro, anche qui troviamo i due rami di quercia con il valore all’ interno di “CAR-LINI-SEI” e nella legenda la dicitura “ANNO SETTIMO DELLA LIBERTA” (accento mancante).
La stessa raffinata iconografia la ritroviamo sui 12 carlini, ma con un peso e diametro diversi, oltre al valore di “CAR-LINI-DODI-CI” .
La simbologia del fascio littorio
In tutte queste emissioni è presente un fascio littorio. La presenza di questo simbolo potrebbe apparire grottesca se paragonata ai successivi utilizzi durante il fascismo. E’ da tener presente tuttavia che questa simbologia era già adottata dagli etruschi e poi nell’ antica Roma. Rappresentava infatti la capacità della repubblica di infliggere pene (verghe) e di mettere a morte (scure).
Era espressione dunque dell’autorità e la grandezza della Res publica e delle sue pretese universali e aggreganti. In età moderna poi la Rivoluzione francese si appropriò di tutte le immagini ed allegorie della Roma antica incluso il fascio. Da quel momento rappresentò infatti un chiaro riferimento alla Roma repubblicana per quanto concerne l’autorità e l’unità della Repubblica Francese, nonchè l’universalità dei suoi principi. Il caso Francese è esemplare, ma un simile utilizzo ci fu anche negli Stati Uniti dove fasci littori sono presenti persino nel Lincoln Memorial.
Domenico Iadanza