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La città di Messina nel 1600: il secolo d’oro
Anche in Sicilia, specialmente a Messina, il 1600 è considerato dagli storici il Secolo d’oro, periodo di grandi cambiamenti politici ed economici e di rinascita artistica e culturale.
La città di Messina, già alla fine del 1500, per la sua fedeltà alla corona spagnola, fu premiata e valorizzata: oltre ad essere sede della zecca del Regno, rispetto a Palermo poteva vantare una maggiore libertà tanto che le magistrature ed il senato erano formati da elementi locali.
Ma furono anche immensi i tesori prodigati dal Comune messinese per accrescere le proprie prerogative ed altri privilegi presso il Consiglio d’Italia o le corti di Madrid e Palermo. Il quadro sociale era particolarmente vivace e la città poteva vantare oltre l’industria topografica, sorta nel 1478, l’Università istituita nel 1548 da Ignazio di Loyola come primo collegio della Compagnia di Gesù.
Dal punto di vista demografico, in Sicilia nell’età moderna assistiamo ad un aumento della popolazione nell’ordine circa di una triplicazione (+171%), quindi in perfetta armonia ed in linea con la crescita demografica italiana ed europea.
Il porto cittadino, fulcro economico
L’alba del secolo nuovo, il 1600, vide la Sicilia confrontarsi con i problemi che da tempo flagellavano l’isola: banditismo (specie quello saraceno caratterizzato da scorribande per mare), carestie, corruzioni, epidemie e rivolte. Alla corona spagnola, con Filippo III (1598-1621), era cambiato ben poco in campo politico.
Questo re, si trovò a reggere le sorti di una Spagna e di un regno che lentamente si era avviato verso un inesorabile decadimento politico ed economico. Per quanto riguarda l’amministrazione locale, continuarono a succedersi i viceré ma pochi di loro ebbero una forte personalità e furono capaci di reggere le sorti di un’isola che era una frontiera da difendere tra la cristianità ed il temibile impero turco.
In questo clima, nella città di Messina, la vera protagonista diventò la borghesia che non perdeva occasione per mostrare tutta la propria ricchezza, anche promuovendo trasformazioni urbane più di qualsiasi altro centro del Mediterraneo.
Questo fermento cittadino, attirò nobili e ricchi mercanti, provenienti dalle maggiori città italiane, specialmente Genova, che divennero motore pulsante dell’economia e del commercio, contribuendo a rendere il porto punto strategico di scambi. Tra questi affaristi genovesi si riscontra anche la presenza dei Lazzari, committenti del Caravaggio.
La rinascita architettonica
Anche per l’architettura fu un periodo molto prolifico, dal momento che sorsero numerosi ed eleganti palazzi, visibili nelle cartine e vedute dell’epoca, nonostante, almeno per il primo trentennio del ‘600, l’arte dell’isola non differisca molto da quella di fine ‘500, con le sue istanze prebarocche.
Tra questi il Palazzo del Monte di Pietà del 1616, progettato dall’architetto gesuita Natale Masuccio per ospitare l’istituzione fondata dall’Arciconfraternita degli Azzurri.
Cambiamenti notevoli sono visibili nella scenografia del porto che fu mutata, in questi anni, dalla costruzione della Palazzata o “teatro marittimo”: una serie continua di tredici palazzi che, sostituendo le antiche mura, correvano lungo il fronte del porto, dal Palazzo Reale al forte di Real Basso.
I palazzi presentavano la facciata scandita da quattro ordini di aperture ed erano intervallati dalle porte monumentali cittadine che davano accesso alla città. Di notevole impatto visivo, la “fabbrica stupenda”, iniziata nel 1622, si snodava lungo il mare come se fosse un’unica grande e maestosa facciata.
La pittura messinese
La pittura siciliana e messinese risentì del passaggio, anche se rapido, di Michelangelo Merisi da Caravaggio che diede origine alla stagione caravaggesca, con Alonzo Rodriguez e Mario Minniti, così come continuò a fiorire un linguaggio classicheggiante, lontano dall’introspezione psicologica e drammatica del lombardo.
Industria e commercio
La situazione industriale e commerciale, non ebbe grandi scosse e mutamenti per buona parte del secolo, anzi nel 1612 l’inviato Cosimo II, granduca di Toscana, riferì che Messina era scalo di numerosi vascelli, e centro assoluto per la pregiata e raffinata produzione di seta, baroccati e damaschi.
Il porto di Messina continuava ad essere il centro, sociale ed economico, della città, divenendo fonte privilegiata di sostentamento. Sappiamo infatti che nel 1627 il dazio era di 30 grani per libbra e rendeva più di 30.000 onze. Si commerciava con la Turchia, la Toscana, Genova, la Francia, l’Inghilterra, le Fiandre.
La rivolta antispagnola e la decadenza
Ma il benessere e la gloria ebbero breve durata. La rivoluzione antispagnola del 1674-78 fece crollare anche il florido commercio, modificò la città e lo stile di vita dei suoi cittadini con la soppressione di organi vitali quali il Senato, l’Università e la zecca. Tra le punizioni inflitte ci fu anche la demolizione del palazzo senatorio, in piazza Duomo, nonché di interi quartieri.
La forza della città si esercitò su una campagna socialmente impoverita, anche dal punto di vista demografico; la rivolta segnò l’arrivo ed il termine della crescita della popolazione messinese, che si era avviata sin dagli anni ‘300 del 400, per lasciare il posto ad un lento ed inesorabile periodo di crisi e declino causato anche dalla peste che perseverava nelle varie parti dell’isola.
Valentina Certo