Il tardo antico nella storiografia italiana

Dopo aver offerto una panoramica degli studi britannici sul tardo antico, si volge ora lo sguardo al territorio italiano. Come si vedrà, già a partire dal secondo dopoguerra, gli studiosi italiani hanno iniziato ad occuparsi di tardo antico in maniera sempre più intensa.

Soluzioni e intuizioni. 

Santo Mazzarino

Nel 1942 venne dato alle stampe un libro dall’eccezionale “fiuto” storiografico. Il titolo del libro era Stilicone: la crisi imperiale dopo Teodosio e il suo autore era Santo Mazzarino (1916-1987). La prima particolarità di questo libro riguarda la scelta dell’argomento. Da antichista quale era, Mazzarino si era occupato di un periodo storico tradizionalmente rubricato come medievistico. Già da questo punto di vista, si coglie l’importanza che i suoi studi hanno avuto per l’identificazione storica del tardo antico.

La figura del generale Stilicone, poi, diventava emblematico oggetto di narrazione. In lui, difatti, viveva la dialettica tra una vita vissuta a servizio dell’Impero romano e un’originaria appartenenza  “barbarica”. Dialettica che accomunava molti “barbari” e che si perpetuò proprio a partire dai secc. III-IV e.v.

La seconda specificità riguarda, poi, l’impostazione storiografica, debitrice in qualche modo degli studi di economia di Michael Rostovtzeff. Sebbene la fascinazione fosse stata più forte della contestazione metodologica, Mazzarino rilevava, tuttavia, come il concetto di decadenza, da sempre attribuito al basso Impero, fosse spesso associato ad una visione contemporanea del passato. Tale visione rischiava, pertanto, di destoricizzare fenomeni caratteristici dei secc. IV-V e.v. a vantaggio di categorie economiche e sociali otto – novecentesche.

Mazzarino stesso, d’altronde, si sarebbe occupato di questi problemi in altri due importanti studi. Nel 1951 venne pubblicato Aspetti sociali del IV secolo, in cui la ricostruzione sociale era affidata allo studio diretto delle fonti. La fine del mondo antico fu pubblicato, invece, nel 1959. Da questa seconda opera in particolare, ci si può fare un’idea di come, nonostante le intuizioni e le proposte storiografiche, Mazzarino fosse ancora lontano da una rivalutazione ottimistica del tardo antico.

Arnaldo Momigliano

Arnaldo Momigliano (1908-1987) è una figura chiave sia per la storiografia italiana sia per quella britannica. Nel 1938 la sua famiglia, come altre famiglie ebree italiane, fu vittima delle leggi razziali. Momigliano riuscì a fuggire ad Oxford, mentre alcuni dei suoi parenti più stretti perirono nei campi di concentramento nazisti. È proprio in Inghilterra che egli iniziò la sua attività di docente e molti dei suoi scritti sono, di fatto, in lingua inglese. Peter Brown sarebbe stato uno dei suoi allievi più noti.

Il filo che unisce il tardo antico e Momigliano è rappresentato da due libri, soprattutto. Il primo è Cassiodorus and Italian culture of his time, pubblicato nel 1955. La sua analisi storiografica ruota attorno a Cassiodoro, il senatore romano che lavorò a stretto contatto con Teodorico. Nel riconoscere a Ravenna un primato politico, Momigliano sottolineava un cambiamento nelle dinamiche di potere. Recuperava, al contempo, la tesi di Gibbon sull’impatto che il Cristianesimo aveva avuto sulle sorti della storia imperiale romana.

Ciò che colpisce maggiormente, tuttavia, è l’ampia riflessione sul modo in cui gli aristocratici pagani si avvicinarono alla religione cristiana. Il Cristianesimo “aristocratico” corrispose spesso ad un passaggio quasi obbligato dalla Chiesa allo Stato di personaggi influenti, quali, ad esempio, proprio Cassiodoro.

Questa tematica, tanto affascinante quanto complessa, sarebbe stata riproposta in The Conflict between Paganism and Christianity in the Fourth Century (1959). In questo secondo volume, emerge con chiarezza come la storiografia pagana avesse accettato con tacito assenso il Cristianesimo al suo interno. Eccezion fatta, ovviamente, per Ammiano Marcellino!

Ebraismo e Cristianesimo nel tardo antico

Preziose sono anche le pagine ebraiche di Momigliano. Con troppa e sorprendente facilità, ci si dimentica degli acuti studi che egli dedicò a Flavio Giuseppe e ai rapporti tra giudaismo e ellenismo. Così come si citano assai di rado le illuminanti pagine sul metodo storico che accomuna antichisti e biblisti. Sebbene non vi siano specifici riferimenti tardo antichi in questi scritti, è sembrato opportuno riportarli alla memoria dei lettori.
Difatti, senza di essi si conosce Momigliano solo a metà.

Lellia Cracco Ruggini 

Rimanendo in tema di studi ebraici, non si può non citare Lellia Cracco Ruggini (1931-). I suoi studi, infatti, spaziano dall’antichità al Rinascimento, con un interesse particolare per la presenza ebraica in Italia. A titolo esemplificativo, basterà considerare il volume miscellaneo pubblicato nel 2011, che raccoglie i contributi di Cracco Ruggini sugli Ebrei nel tardo antico.

Da questi contributi si evince quale fosse la poliedricità legata al concetto di identità ebraica/che nel tardo antico. Si evidenziano, difatti, “presenze, intolleranze, incontri” (citando il sottotitolo del volume) in una società che, pur essendo ancora costituzionalmente pagana, si stava sempre più cristianizzando. Il Cristianesimo, però, non poteva eliminare la sua “componente ebraica”, nonostante i vari e numerosi tentativi in tal senso. Ne scaturì, pertanto, una dialettica destinata a restare nel tempo.

Salvatore Calderone

Parlando dei grandi monoteismi storici, è opportuno tornare sul Cristianesimo tardo antico. Infatti, grande rilevanza hanno, ancora oggi, gli studi legati alle forme letterarie e alle esperienze individuali e collettive dei Cristiani tra il III e il VI secolo e.v. Punto di riferimento essenziale continuano, però, ad essere i contributi di Salvatore Calderone (1915-2000).

Calderone ha portato avanti la cosiddetta scuola messinese, divenendo anch’egli illustre maestro di generazioni di giovani studiosi. Il suo interesse storiografico si è rivolto soprattutto alla figura di Costantino e ai rapporti tra Cristianesimo e potere politico. Calderone è, tra gli altri, autore di un articolo che chiama in causa la teologia politica nell’analisi più tradizionale della storiografia di Eusebio di Cesarea (biografo ufficiale di Costantino).

Lo studio tanto di Eusebio quanto di altri autori cristiani è anche al centro di La storiografia ecclesiastica nella Tarda antichità. Atti del convegno di Erice, 3-8 XII 1978 ( la cui curatela è proprio di Calderone). Dai contributi proposti durante il convegno, emerge come sia difficile stabilire con certezza l’esistenza di un’unica tradizione storiografica cristiana nel tardo antico.  

Il tardo antico a Napoli 

Un doveroso ma non campanilistico riferimento va, inoltre, allo stretto legame che si è instaurato tra Napoli e gli studi sul tardo antico. La cosiddetta scuola napoletana, infatti, lega il suo nome a quelli di due importanti studiosi: Salvatore D’Elia (1928-2002) e Antonio Garzya (1927-2012). Antichista il primo, bizantinista il secondo, entrambi sono stati docenti dell’ateneo federiciano.

Da un lato, D’Elia si interrogava, come altri suoi contemporanei, su uno dei problemi cardine del tardo antico: la periodizzazione. Si tratta ancora oggi di un problema rimasto irrisolto e che continua a provocare contrasti ideologici. D’Elia, dal canto suo, poneva la questione in termini concettuali. Un conto, infatti, è considerare la percezione che un autore ha del proprio tempo. Come e quanto, in sostanza, si percepiva di essere “tardi” rispetto ad un’antichità precedente. Altro conto è usare, da parte degli storici moderni, una scansione cronologica di comodo, che sia in linea con i risultati dei propri studi.

Dall’altro lato, Garzya si inseriva nel dibattito storiografico sul tardo antico con la sua perizia di filologo, riportando quindi l’attenzione sulle fonti dirette e aprendo l’orizzonte storiografico anche a Bisanzio. Il nome di Garzya è a sua volta legato ad un’importante iniziativa. Infatti, egli è stato direttore della rivista ΚΟINΩNIΑ.

L’AIST

Questa rivista è prodotta e distribuita dall’Associazione Internazionale di Studi Tardoantichi. L’Associazione, fondata nel 1975, ha la sua sede principale proprio nella città partenopea. Altre sedi sono distribuite sul territorio italiano e denominate “sezioni locali”.

Scopo di questa Associazione è promuovere dibattiti e incentivare studi sempre più specifici sul tardo antico, anche all’infuori del contesto strettamente accademico. Oltre alla rivista, infatti, sono organizzati periodicamente convegni e conferenze, che fanno il punto della situazione sugli studi in atto e ne presentano di nuovi.

Particolare attenzione viene riservata allo studio del diritto romano e, nella fatti specie, al Codex Theodosianus. Due ambiti questi che vengono considerati avulsi dal dibattito storiografico “puro”, ma che spesso risultano essere fondamentali alleati nella ricerca.

Il tardo antico oggi

Checché se ne dica, sono molti gli studiosi italiani che si sono occupati di tardo antico. Tuttavia, per quanto una rassegna storiografica voglia essere precisa e puntuale, è necessario talvolta fare una cernita. Pertanto, in questa sede sono stati proposti solo i contributi dei “maestri”. Ciascuno di essi ha poi dato vita a vere e proprie scuole che continuano ancora oggi la loro attività di ricerca.

Eppure, non si può non constatare che in Italia il tardo antico sia ancora in una forma ibrida. Nell’era delle cosiddette “competenze” e dei tanto chiacchierati settori scientifici disciplinari, non esiste ad oggi una rubricazione accademica specifica per questo periodo storico (diversamente da altri contesti nazionali). Coloro che se ne occupano, d’altronde, provengono spesso da discipline tradizionali, quali la storia antica, la teologia e la filologia.

Meritano per questo una menzione i pochi corsi sul tardo antico presenti fin’ora negli atenei italiani (per quanto ne sappia chi scrive!). Si tratta del corso di Letteratura latina tardoantica, tenuto dal Prof. Fabio Gasti presso l’Università di Pavia e dalla Prof.ssa Stefania Santelia presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro; il corso di Storia della teologia tardoantica e medievale, tenuto dal Prof. Luca Arcari presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Elisa Manzo

Bibliografia

Calderone S. (a cura di), La storiografia ecclesiastica nella Tarda antichità. Atti del convegno di Erice, 3-8 XII 1978, Scuola Superiore di Archeologia e Civiltà Medievali [III corso], C.C.S. “E. Majorana”, Messina 1980.
Id., Teologia politica, successione dinastica e consecratio in età costantiniana, in Le culte des souverains dans l’Empire romain. Sept exposés suivis de discussions par Elias Bickerman… [e.a.], 28 août – 2 septembre 1972, entretiens préparés et présidés par Willem den Boer, Vandoeuvres – Geneve, Fondation Hardt, 1973 («Entretiens sur l’Antiquité Classique», 19), pp. 213-269.

Cracco Ruggini L., Gli Ebrei in età tardoantica. Presenze, intolleranze, incontri, Roma 2011.

D’Elia S., Problemi di periodizzazione tra Tardo Antico e Alto Medio Evo, in La cultura in Italia fra Tardo Antico e Alto Medioevo. Atti del Convegno tenuto a Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, dal 12 al 16 novembre 1979, Roma 1981, vol. 1, pp. 63-98.

Garzya A. (a cura di), Metodologie della ricerca sulla Tarda Antichità. Atti del primo convegno dell’Associazione di studi tardoantichi, Napoli 1989.

Mazzarino S., La fine del mondo antico, Milano 19591.
Id., Aspetti sociali del IV secolo, Roma 19511.
Id., Stilicone: la crisi imperiale dopo Teodosio, Roma 19421.

Momigliano A.,  Pagine ebraiche, introduzione e cura di Silvia Berti, con un’intervista inedita ad Arnaldo Momigliano, Roma 2016.
Id. (ed. by), The Conflict between Paganism and Christianity in the Fourth Century, Oxford 1963.
Id., Cassiodorus and Italian culture of his time, in «Proceedings of the British Academy» 41, 1955, pp. 207-245.