Miracleman: il fumetto che ha consacrato Alan Moore

Miracleman è senza dubbio l’opera che ha consacrato il successo di Alan Moore. Prima del ben più noto Watchmen, furono proprio le avventure di Michael Moran, destinate a cambiare il volto del fumetto supereroistico, a conferire fama internazionale al fumettista britannico.

Miracleman: mutamento e ascesa del supereroe

Miracleman Se Miracleman è considerata una colonna portante della storia del fumetto, ciò è dovuto alla domanda che si radica in tutta la narrazione. Cosa farebbero degli individui superumani nel mondo reale?

Interrogativo fecondo in un periodo in cui il mondo dei fumetti era nettamente separato dalla realtà. Moore inquadra il suo protagonista come un semplice essere umano, seppur capace di trasformarsi in Miracleman pronunciando la parola Kimota! Lo stretto contatto che il lettore ha con i pensieri del protagonista è un elemento cruciale. La prosa ricca e coinvolgente esplora a fondo la dimensione introspettiva dei personaggi, dotandoli di notevole spessore. Le sceneggiature, insolitamente dettagliate, si mescolano alle illustrazioni dei numerosi disegnatori (Leach, Veitch, Totleben e altri). Ne risultano scene capaci tanto di emozionare quanto di turbare, colme di elementi inediti per il fumetto dell’epoca.

MiraclemanAltro punto forte è la lente attraverso cui viene mostrata la storia, divisa in modo originale in tre “libri” ovvero raccolte di capitoli. Non c’è spazio per il buonismo ingenuo, anzi, ci si scontra fin dai primi capitoli con atmosfere cupe e personaggi assuefatti al potere e alla violenza.

Ma sono anche genuini e comprensibili sentimenti di paura, ammirazione, stupore, inferiorità a colorire di un efficace realismo le pagine di Miracleman. Il supereroe abbaglia, ammalia, soggioga perché ha caratteristiche capaci di annichilire qualsiasi volontà umana.

Nonostante il tema principale, uno dei nodi cruciali della narrazione è proprio la condizione umana, da cui il protagonista si separa con fatica. L’antinomia tra la perfezione di Miracleman e la sua goffa controparte umana è fin da subito serrata e affligge duramente il personaggio. L’abbandono definitivo di quest’ultima è un lungo e travagliato processo sancito da avvenimenti traumatici e rivelazioni scioccanti, calati in una cornice narrativa che raggiunge picchi memorabili.

Moore, con una mossa geniale, integra le vecchie storie di Mick Anglo nella sceneggiatura, facendone un mondo onirico in cui il protagonista ha vissuto per anni a causa di un coma indotto da un antagonista. Quasi a dire che il precedente universo del fumetto è un sogno da cui bisogna svegliarsi.

Miracleman
Il parto di Winter, sorprendentemente illustrato per intero

Scoperto ciò, Miracleman è devastato dal desiderio di vendetta e assapora a pieno il suo sconfinato potere. Entrando poi in contatto con civiltà aliene e concependo una figlia che alla nascita è già più potente e matura del padre, il protagonista si allontana sempre più dalla sua umanità.

Da superumani a dei

A questo punto Moore sembra avere la sua risposta: un supereroe nel mondo reale, presa coscienza delle proprie capacità, si eleverebbe sopra l’umanità come un dio. Nonostante ci sia più di un rimando al filosofo tedesco F. Nietzsche, la dimensione superomistica analizzata dall’autore sembra più schiettamente evoluzionistica. Non si tratta qui di esser capaci dello sforzo estremo di determinarsi al di là della propria biologia e cultura. Parliamo piuttosto di esseri non più umani.Miracleman

Se Miracleman e i suoi simili plasmano il loro Olimpo nel cuore di Londra, lo fanno consci di poter agire indisturbati come nuova specie dominante. Se hanno la clemenza di offrire all’umanità un paradiso in Terra, lo fanno da colossi di fronte a formiche. Per quanto si ammantino di un’aura sacrale e mitica, si fanno padroni del pianeta così come fecero gli umani prima di loro, ovvero affermando la supremazia delle proprie capacità. Padroni della vita e della morte, dei bisogni e dei desideri degli umani, i super-umani trascendono verso la divinità.

L’affermazione che uno dei personaggi rivolge ad un Miracleman ancora pieno di scrupoli è significativa:

“Gli umani si facevano queste domande angosciose sul libero arbitrio delle mucche o sul destino dei pesci?”

Dall’alto dell’olimpo

Miracleman La conclusione del ciclo di Alan Moore dà un tale senso di compiutezza che l’esistenza di un seguito insospettisce. Ma Neil Gaiman si insinua nel capolavoro del suo collega facendo ciò in cui riesce meglio: cogliere piccoli dettagli e rielaborarli. In una dimensione dove ormai le divinità sono “qui e ora” e tutte le necessità dell’umanità sono soddisfatte, lo sbocco per nuove storie è dato da chi osserva questi dei dalle pendici del monte. Numerosi capitoli prendono spunto da eventi marginali del ciclo precedente o anche solo da dettagli del tutto secondari.

La condizione umana fa nuovamente da filo rosso in un mondo che sembra offrire tutto, ma che al contempo sembra essersi lasciato qualcosa di importante alle spalle. Riecheggiano con forza le parole che la moglie di Miracleman gli rivolge, quando rifiuta di diventare una super-umana:

“Hai dimenticato a cosa mi stai chiedendo di rinunciare”

Miracleman
Memorie dal sottosuolo: Warhol è il protagonista di questo episodio e Buckingham ne riproduce lo stile

Nel clima di festa di Carnevale, la chiusura della prima parte sceneggiata da Gaiman, aleggia un’impalpabile inquietudine. È lo stesso Miracleman, mescolatosi tra la folla, a chiedersi se stiano facendo la cosa giusta. Che la storia alluda a risvolti sinistri è in parte giustificato dai titoli, ormai noti, dei libri successivi: L’età dell’argento e L’età oscura. Purtroppo il percorso protrattosi dall’82 fino al ‘93 termina qui e attende ancora il suo epilogo.

Seppur frutto di idee ingegnose, quest’ultima fase di Miracleman appare meno convincente. Lo stile multiforme di Mark Buckingham la impreziosisce già a partire dalle copertine e alcune storie sono particolarmente ispirate (Memorie dal sottosuolo , Spy story). Ciononostante nel complesso non si va molto più lontani dell’epilogo del libro precedente, con un senso prevalente di spin-off. Solo il brevissimo Recupero confuta tale sensazione, provocata probabilmente dalla scelta di usare molteplici punti di vista separati, ma soprattutto dalla mancanza di un seguito che ne sostenga l’unità e la coerenza.

Gaiman dovrebbe essere a lavoro sui nuovi capitoli. Non ci resta che attendere per veder conclusa (una seconda volta) una delle saghe che ha contribuito a scrivere la storia del fumetto.Miracleman

Giovanni Di Rienzo

P.S. Per un’esauriente lettura della complicata storia editoriale di questo titolo, rimandiamo a questo articolo http://www.giornalepop.it/marvelman-alla-marvel/