Tre sorelle Prozorov di Giovanni Meola: un audace adattamento
Il teatro Tram ha ospitato durante questa stagione teatrale il signor Cechov le sue tre sorelle Prozorov, in scena dall’1 al 4 Febbraio 2017.
Lo spettacolo si presenta in un interessante abito “in-convenzinale”, cucitogli addosso da Giovanni Meola, che lo ha poi diretto.
L’intenzione di operare sul contenuto dell’opera segmentandolo per poi analizzarlo per frammenti di pensiero riproponendone una rielaborazione diversa anche solo per le dimensioni delle personalità, la posizione delle pause o la velocità, è chiara fin dal principio negli accorgimenti del titolo: “TRE. Le sorelle Prozorov”.
Il dramma delle tre sorelle è risaputo: una storia di solitudine ed insoddisfazione in una Russia di inizio secolo. Un padre militare morto da poco tempo, e nessuna figura femminile a tutelarle, dato che nel quadro dalle malinconiche tinte è dipinta anche una prematura morte della madre.
Restano quindi sole, le tre sorelle, a sognare l’una per l’altra. Ognuna di loro vive di un differente imperativo: Masa (Chiara Vietiello), la sorella centrale, infelicemente sposata con Fedor, un insegnante del ginnasio, vorrebbe cambiare. Ol’ga (Sara Missaglia), la sorella maggiore, insegna in un liceo femminile, conquistando le lodi e poi le attenzioni del cognato Fedor, senza però riuscire a trovare né nella carriera che parrebbe in ascesa né nelle relazioni interpersonali che instaura con chi la circonda quel tanto di soddisfazione in grado di farla brillare. Infine Irina, la più giovane e bella, è alla ricerca di qualcosa in più. Qualcosa di diverso che crede di poter trovare solo in una città diversa, più grande, più aperta. Lei vorrebbe partire. Parola che rimbomba nella sua testa insieme all’altro suo chiodo fisso: Mosca. Irina desidera un lavoro più gratificante di quello di impiegata comunale, ed un marito più idoneo dei freddi e rozzi frequentatori della casa di un defunto generale. La ragazza vuole solo lasciarsi alle spalle una mediocre esistenza di provincia, e proiettarsi verso una grande città che le appare promettere un luminoso futuro.
E fra tutti i desideri delle tre sorelle, ciondola a passi pesanti una sola domanda: perché no? perché soffrono invece di agire? Cosa divide l’uomo ( o la donna) dal prendersi quello che vuole? Cosa rende le ambizioni solo utopie?
Ed è su questi presupposti che si struttura una trama non troppo complessa, ma estremamente profonda: la mestizia della condizione psicologica, le aspirazioni tarpate, i sogni che non conoscono la propria strada sono i veri protagonisti di una storia dove lo spettatore subisce il riflesso di un senso di prigionia all’interno di una scatola ben sigillata da dove è chiaro che non si può uscire.
“ Poterlo sapere, poterlo sapere” recita Olga, dando voce alla domanda che silenziosa prende forma nella mente di chi osserva.
Singolare la scelta di lasciare interpretare tutti i personaggi di questa triste vicenda alle sole sovra citate attrici: è così che non c’è più differenza fra donna o uomo, ma si saltella da un animo all’altro.
Il dramma delle tre sorelle appare a tratti frammentato; già dal suo incipit è chiaro che la narrazione non seguirà un orientamento discorsivo, ma si arrampicherà su stralci di drammaturgia ed interpretazione, senza però mai perdere un assetto complessivo che renda alla storia una ovvia comprensione.
La messa in scena punta sul movimento; le luci fanno il resto: le tre attrici occupano tutto lo spazio scenico, riempiendo anche il vuoto lasciato dalla scenografia, a tal proposito volutamente inesistente.
Sulla base di un rock soft che fa da leitmotiv, le tre sorelle e tutta la coda dei personaggi che orbita loro intorno, esplorano ogni angolo del palco ed ogni posizione possibile utile alle loro continue metamorfosi, trascinando il pubblico nella loro grigia dimensione, dalla quale sembra non si possa evadere, e si esce dal teatro continuando a chiedersi il perché.
Teatro Tram- (pagina ufficiale)
Letizia Laezza