L’epigramma è un genere letterario nato insieme alla scrittura (le sue prime forme sono iscrizioni poste su oggetti o su lapidi; da qui epi-gramma, cioè “scritto sopra”), ma la sua definitiva consacrazione risale solo all’epoca ellenistica. Le migliaia di epigrammi composti in età alessandrina e bizantina sono sopravvissute soltanto attraverso delle raccolte, di cui la più ampia e famosa è la Antologia Palatina.
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La struttura della Antologia Palatina
La Antologia Palatina prende il nome dal manoscritto in cui fu rinvenuta: il Palatino Greco 23, scritto nell’XI sec. ma riscoperto solo nel 1600 nella biblioteca di Heidelberg.
La raccolta consta di 15 libri, in cui sono riuniti quasi quattromila componimenti di circa quattrocento poeti, oltre ai numerosi epigrammi anonimi. Gli epigrammi sono suddivisi nei singoli libri a seconda del tema: epigrammi erotici, omoerotici, dedicatari, cristiani, epidittici, sepolcrali, ecc. Ampio spazio è lasciato, poi, ai massimi esponenti del genere: Meleagro, Filippo di Tessalonica, Agatia e, in campo cristiano, Gregorio di Nazianzo.
La Antologia Planudea
Dopo i quindici libri della Antologia Palatina, i critici moderni sono soliti considerare come sedicesimo libro l’Antologia Planudea, chiamata così perché composta da Massimo Planude, erudito bizantino del 1300.
Questa raccolta è stata per lungo tempo fondamentale, perché prima della riscoperta della Antologia Palatina era l’unico testo che riportava epigrammi greci.
Le prime raccolte di epigrammi
Il percorso che ha condotto alla stesura della Antologia Palatina è stato lungo, e noi possiamo ricostruirne solo alcune fasi.
Bisogna innanzitutto precisare che le raccolte nacquero insieme agli epigrammi stessi. L’epigramma, infatti, essendo un componimento breve, non poteva essere “pubblicato” singolarmente, come un poema epico, ma doveva essere riunito insieme ad altri epigrammi e diffuso in raccolte, spesso organizzate dagli stessi poeti.
Una delle prime raccolte di epigrammi di cui abbiamo testimonianza è l’opera “Sugli epigrammi di varie città” del poeta Polemone, vissuto nel III sec. a.C. Non si tratta ancora di un’antologia ellenistica, ma si intravede già l’inclinazione a riunire epigrammi sulla base dei temi trattati.
Il “Mucchio” di Posidippo
La prima vera e propria antologia composta dal poeta in persona che possiamo ricordare è il “Mucchio” di Posidippo di Pella, epigrammista molto celebre, nonché poeta di corte dell’Alessandria del III sec. a.C.
Posidippo quivi riunì i suoi componimenti, ma anche gli epigrammi di Asclepiade, suo contemporaneo e legato come lui all’ambiente tolemaico.
La “Ghirlanda” di Meleagro
La raccolta più celebre, o meglio, la raccolta che diede il nome alle stesse antologie – definite “ghirlande” – fu la “Ghirlanda” di Meleagro, poeta vissuto nel I sec. a.C. Oltre al nome, Meleagro determinò anche la struttura delle raccolte poetiche.
L’antologia prendeva il nome di “Ghirlanda” perché era immaginata come una metaforica corona offerta alle Muse: ogni poeta rappresentava un fiore, e i componimenti erano disposti in ordine alfabetico.
La “Ghirlanda” di Meleagro si proponeva come una summa dell’intero genere epigrammatico, che nel I sec. a.C. era ormai in decadenza, almeno nelle forme che aveva assunto in età ellenistica. Meleagro, quindi, permise a molti poeti di sopravvivere alla tradizione, e di non sparire nel nulla nel passaggio all’età romana.
La “Ghirlanda” di Filippo di Tessalonica
Un’altra “Ghirlanda” fu composta poco dopo da Filippo di Tessalonica, anch’egli poeta del I sec. a.C., ma impegnato nel tentativo di salvare anche ciò che era venuto dopo Meleagro.
Per questo motivo, egli incluse nella sua raccolta tutti i poeti vissuti nell’arco del secolo, che Meleagro non era riuscito a conoscere.
Il “Ciclo” di Agatia Scolastico
Queste antologie si persero in momenti diversi della tradizione, ma un momento di cesura fu senza alcun dubbio il passaggio dal papiro al codex.
L’ultima antologia di epoca antica che possiamo dunque annoverare è il “Ciclo” di Agatia Scolastico, autore del VI sec. d.C., che raccolse anche gli epigrammi, estremamente barocchi, composti in epoca bizantina.
La silloge di Costantino Cefala
Il diretto antenato della Antologia Palatina, tuttavia, è la silloge composta nel 900 da Costantino Cefala, erudito bizantino.
Nonostante la fama ben più ampia della Palatina, il merito della sopravvivenza dell’epigramma greco si deve solo a Costantino Cefala, che si impegnò a radunare quei pochi stralci delle “Ghirlande” che si potevano ancora leggere alla sua epoca, permettendo a molti autori di non essere per noi solo vuoti nomi.
Dalla Grecia a Bisanzio
La Antologia Palatina, dunque, non è che l’ultimo risultato di una tradizione millenaria e molto tortuosa.
La sua storia dimostra quanto sia stata importante l’opera dei bizantini per la sopravvivenza dell’antico e dei suoi testi: talvolta, il caso o la storia non hanno voluto che determinate opere si conservassero, ma altre volte lo studio e la passione per quel mondo perduto hanno permesso anche a noi moderni di conoscere le voci di autori altrimenti muti.
Alessia Amante