Come già osservato in Joseph Roth, anche in Arnold Zweig, di famiglia ebraica, la componente tedesca (nel caso di Roth austriaca), generò nell’autore una certa ambivalenza, rafforzata anche da quel conflitto che egli visse tra estetismo e socialismo.
Certamente, Arnold Zweig (da non confondere con Stefan Zweig) può essere considerato il più grande narratore socialista del Novecento tedesco, anche se egli giunse al comunismo soltanto dopo lunghe meditazioni. Infatti, ancora nel 1915 credeva nella Germania guglielmina.
Inoltre, Arnold Zweig può essere considerato anche un grande conoscitore della psicologia umana. Egli la ritrae nei suoi più piccoli dettagli in molti dei suoi romanzi. Senso di giustizia e sete di vendetta sono quei sentimenti che fungono da leitmotiv nei suoi capolavori.
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La concezione di estetismo in Arnold Zweig
In Zweig vi era una sorta di riluttanza per l’ancor dominante estetismo. Per lui l’estetismo sembrava accomunare con il suo simbolismo tutti e tutto. In realtà l’esteta, che continua a vivacchiare in fondo all’anima di Zweig, non si lascerà tanto facilmente estirpare.
Arnold Zweig poté ben essere considerato lo scrittore della nuova Germania socialista o forse più esattamente l’anello di congiunzione tra il realismo prehitleriano e posthitleriano.
Spirito di giustizia…
Ebreo della Slesia prussiana, il giovane Zweig affrontò il problema del prussianesimo con spirito ebraico e allo stesso tempo il problema dell’ebraismo con spirito prussiano. Le sue opere contro l’antisemitismo non sono affatto un’apologia degli ebrei, ma piuttosto un’esaltazione dello spirito di giustizia.
Ad uno spirito di giustizia specificamente prussiano s’ispira il capolavoro narrativo di Zweig, Der Streit um den Sergeanten Grischa, composto come dramma nel 1921 e riscritto in forma di romanzo nel 1927.
… e sete di vendetta
Il romanzo Der Streit um den Sergeanten Grischa narra la storia di un assassinio legale imposto per puro puntiglio da un generale che conosce solo la legge della guerra e non quella della giustizia. Attraverso l’attento studio psicologico, ma anche economico-sociale delle molte figure secondarie, l’autore scopre che la guerra è costituita da infinite piccole guerre.
Inoltre, comprende che la risultante della guerra è appunto la somma di infinite guerre personali come quella combattuta per o contro un prigioniero di guerra russo, Grischa Papotkrin che, fuggito dal campo di concentramento e poi ripreso, è condannato a morte, perché erroneamente identificato col soldato Bjuschew, disertore dell’esercito tedesco, di cui ha indossato l’abito.
Perché il “ciclo della guerra”?
L’attività critica letteraria di Zweig abbraccia una zona vastissima; merita di essere meditato un suo saggio contro il totalitarismo politico e contro l’antisemitismo, considerato come fenomeno psicologico collettivo: Caliban oder Politik und Leidenschaft, 1927.
Gli altri romanzi di Zweig scritti fra il 1927 e il 1957 dovevano costituire il “ciclo della guerra”, cioè della guerra che segnò la fine della supremazia dell’umanità bianca. I romanzi Junge Frau von 1914 (1931), Erziehung von Verdun (1935), Einsetzung eines Königs (1937) e Die Feuerpause (1954) sono sostanzialmente storie di due educazioni, dell’educazione dello scrittore ancora in parte decadente e del giovane non ancora socialista. Alla fine nessuna delle due educazioni è propriamente condotta a termine.
La spiegazione in un romanzo
Come il suo ciclo di romanzi dovesse diventare un “ciclo della guerra” ce lo rivela il romanzo Das Beil von Wandsbek (1938-1943). Questo è indubbiamente il secondo capolavoro dell’autore; egli ci dà una particolareggiata e precisa rappresentazione della vita della popolazione di Amburgo nei primi anni del nazismo, mentre stavano già lentamente maturando i segni del malcontento che avrebbero condotto alla formazione di una efficace resistenza interna.
Das Beil von Wandsbek: Amburgo si ribella
Le autorità di Amburgo indugiano ad eseguire la condanna a morte di quattro rivoluzionari implicati in una rissa con le SS e da tempo tenuti d’occhio per la loro partecipazione ai moti del 1919. Prima dell’annunciata visita di Hitler il partito pretende la quadruplice esecuzione capitale che secondo desiderio di Göring dovrà essere fatta non con la spada, ma con la scure.
Il carnefice si dà per ammalato; un macellaio si presta per duemila marchi all’opera, che compie protetto dalla maschera. Ma la verità si diffonde ben presto; egli perde la clientela e, ad un certo punto, deve versare ai nazisti un forte «contributo spontaneo».
Storie diverse contro il nazismo
Parallela è la storia del vecchio direttore delle carceri, antinazista dopo aver letto la relazione di Freud su un pericoloso megalomane. Alla sua si lega la storia di una matura dottoressa, colpevole di aver rifiutato il suo aiuto alla fuga di almeno uno dei condannati. I due si convincono della necessità di agire e preparano un attentato alquanto romanzesco contro Hitler con un generale che però si ritira per prudenza.
Una breve appendice riferisce che il direttore delle carceri fu uno dei molti impiccati dell’ultimo anno di guerra. I quattro giustiziati risorgono però nello stesso 1938, quando quattro navi della flotta commerciale russa giungono nel porto di Amburgo; i nomi delle navi sono quelli dei quattro rivoluzionari.
Pia C. Lombardi
Bibliografia
A. Zweig, La scure di Wandsbek, Feltrinelli 1964.