La zona di Napoli gravitante attorno a Piazza San Gaetano rappresentava in età greca e romana il centro della città, essendo sede del foro, del teatro e dei templi antichi. Tra di essi svettava il tempio di Demetra a San Gregorio Armeno.
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Il tempio di Demetra a San Gregorio Armeno: il bassorilievo della canefora
La nostra storia parte da una scoperta, avvenuta nel 1600 ad opera dell’erudito Giulio Cesare Capaccio, di un bassorilievo posto all’altezza del piano di calpestio di via San Gregorio Armeno. Tale bassorilievo, nascosto tutt’oggi tra le bancarelle dei negozi, rappresenta una canefora, cioè una donna del culto di Demetra. La figura, panneggiata, porta nella mano destra un canestro (da qui canefora) e nella sinistra una fiaccola; secondo l’uso del culto, poi, indossa una corona sul capo.
Considerando che poco vicino, nei pressi di Piazza San Gaetano, sorgeva l’antico foro di Neapolis, i più ritengono che il bassorilievo della canefora appartenesse ad un tempio dedicato a Demetra, collocato così nella zona centrale e sacra della città.
Le sacerdotesse di Demetra a Neapolis
Molte erano le sacerdotesse di Demetra a Neapolis, ed erano così devote da essere richieste addirittura dall’Urbe. Le epigrafi di età romana conservate al Museo Archeologico Nazionale ne ricordano alcuni nomi: Terenzia Paramone, Kominia Plutogenia, Sabina sacerdotessa e Tettia Casta.
L’iscrizione di Tettia Casta
Tettia Casta è, fra tutte, la sacerdotessa probabilmente più famosa e anche più venerata ai suoi tempi. Un’iscrizione in greco risalente all’età flavia (dimostrazione che, anche sotto la dominazione romana, Neapolis restò città greca) riporta la notizia di alcuni provvedimenti che la boulè (l’assemblea) della città prese in onore della sacerdotessa dopo la sua morte.
La città di Neapolis, infatti, decise di dedicare a Tettia Casta una statua, un clipeo (cioè uno scudo col suo volto) e una corona d’oro: questa fu la ricompensa per aver esercitato il culto di Demetra lungo una vita intera, e per aver sostenuto a proprie spese la realizzazione di alcune statue d’argento.
Il culto di Demetra a Neapolis, tra mito e gastronomia
Il culto di Demetra, in effetti, era molto sentito a Neapolis, città da sempre caratterizzata da un’inclinazione verso l’occulto e il mistero. Demetra era la dea dell’agricoltura, quindi della morte e della rinascita ma, soprattutto, dei Misteri Eleusini, a cui solo gli iniziati potevano partecipare purché velati, in quanto, essendo mortali, non potevano assistere al miracolo della divinità.
Ma i rapporti non si limitano alla presenza del tempio di Demetra a San Gregorio Armeno: il mito stesso della dea è inevitabilmente legato alla nascita della città. La figlia di Demetra, la dea Persefone, fu rapita dal dio Ade mentre coglieva dei fiori seguita dalle sue compagne. Secondo una tradizione, queste ultime sarebbero state accusate da Demetra di non aver impedito il rapimento della vergine, e così trasformate in Sirene; secondo le Metamorfosi di Ovidio, invece, la trasformazione sarebbe stata richiesta dalle compagne stesse, per cercare Persefone anche fra i flutti. Tra di esse, dunque, figurava anche la sirena Parthenope.
Inaspettatamente, il culto di Demetra sopravvive anche nei nostri giorni, ma in forma… culinaria. Gli alimenti sacri alla dea, infatti, erano l’uovo e il grano, cibi entrambi legati alla simbologia dell’agricoltura e della rinascita. Leggendo ancora le epigrafi antiche di Neapolis, si intuisce che le donne legate al culto di Demetra avevano l’abitudine di preparare durante le feste della dea un dolce con uova e grano, proprio la base dell’attuale pastiera.
Ancora una volta, passato e presente comunicano attraverso ciò che rende Napoli da sempre famosa: religione, gastronomia, folklore.
Alessia Amante
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