“Delle donne bisogna parlar poco o nulla” diceva Pericle, politico ateniese e sostenitore della democrazia (nell’accezione aristotelica). Eppure una delle donne che si è fatta più sentire fu proprio la sua concubina Aspasia di Mileto (470 a.C.– 400 a.C.). Quest’ultima non corrispondeva sicuramente al modello tradizionale di femminilità classica:passiva e devota al marito e alla famiglia.
Sono state le sue lodevoli capacità di consigliera ed intellettuale a colpire il filosofo ateniese Socrate (470 a.C./469 a.C.–399 a.C.), padre dell’etica e della filosofia morale. Aspasia ha, infatti, contribuito alla nascita di una sua riflessione positiva sulla donna. Egli infatti ne riconosceva le capacità e ascoltava anche i loro consigli, ritenendo che alcune fra queste avessero una saggezza superiore alla sua.
Il metodo “socratico”: frutto dell’incontro tra Socrate e Aspasia
La visione comune della donna greca era quella sostenuta dal filosofo Aristotele, il quale conveniva nell’idea di una netta disuguaglianza fra uomo e donna e insisteva nella “credenza” di una superiorità maschile sulle donne, anche per quanto concerne la riproduzione. Lo Stagirita infatti riconosceva nel rapporto sessuale una “passività” della figura femminile in quanto “è quella che genera in se stessa e dalla quale si forma il generato che stava nel genitore”.
In questo panorama poco incline a riconoscere una certa autonomia e dignità alla donna, s’innesta la figura eccezionale di Aspasia. Di lei si dice addirittura che Socrate avesse appreso il metodo “socratico”, la quale padroneggiava con “rara maestria la tecnica del discorso”.
Si ipotizza inoltre che il filosofo sia stato influenzato dagli insegnamenti della donna – peraltro menzionata anche negli scritti di Aristofane, Platone e Senofonte – venendo a contatto con la sua dimora, che all’epoca (V sec. a.C.), era un centro intellettuale frequentato dai più noti pensatori.
Quando nel “Simposio” Aristippo gli chiede come mai stia insieme a “la più bisbetica delle creature”. Socrate risponde scherzosamente affermando che per diventare buoni cavallerizzi bisognava esercitarsi con i cavalli più indomabili e non con i più docili, perché “se essi pervengono a domare tali cavalli, potranno governare facilmente gli altri”.
L’“inferiorità” delle donne nell’antica Grecia: un “inganno” educativo
Lontano però dall’affermare la totale parità tra i due sessi, Socrate rifiutava la visione misogina della donna, riconoscendole il giusto valore, soprattutto come pensatrice.
Il filosofo era distante in parte dalla prospettiva dell’epoca, che vedeva la donna un essere inferiore. Socrate immaginò per lei una piena realizzazione intellettuale e personale al di là dei confini della maternità e della vita domestica, cui era solitamente relegata.
Ancor più anacronistica è l’intuizione secondo cui il fattore scatenante dell’ “inferiorità” delle donne non era la natura ma, piuttosto, l’“educazione” impartita dalla propria famiglia di origine e dal marito; concezione probabilmente sostenuta con indiscussa abilità da Aspasia.
Quest’ultima, secondo Plutarco, fu querelata dal poeta Ermippo di Smirne (III secolo a.C. – II secolo a.C.) e messa sotto processo per empietà e lenocinio.
Una figura scomoda e temuta, dunque, che il comico Cratino chiamerà “concubina occhio di cane”, poiché verosimilmente riusciva ad ottenere informazioni personali sugli amanti che frequentavano le sue cortigiane. Aspasia, oltre a essere donna (quindi non poteva presentarsi da sola in giudizio), era sia straniera sia un’etera. Per questi motivi e per le sue abitudini sessuali, Pericle si preoccupò di difendere in prima persona Aspasia e, con l’abilità oratoria appresa proprio da lei, riuscì ad assolverla.
È evidente che la figura controversa ed anticonformista di Aspasia assieme a quella del filosofo Socrate siano state le rare espressioni nel mondo maschile e femminile della lotta alla misoginia nell’epoca classica.
Aspasia e lo pseudonimo voluto da Leopardi
La forza incantatrice della sapiente milesia non si arresta alla cultura greca classica, ma attraversa la storia e le letterature, in particolar modo quelle moderne. Famoso è il Ciclo di Aspasia: una serie di componimenti del poeta Giacomo Leopardi, che riguardano la sua passione non corrisposta per la nobildonna Fanny Targioni Tozzetti. Come Aspasia fece parte della vita pubblica di Atene nell’età classica, anche Fanny era ben nota nella società fiorentina, per la sua bellezza e per le sue frequentazioni letterarie.
Il poeta fa riferimento alla donna usando lo pseudonimo di Aspasia e la descrive così:
«Angelica beltade!
Parmi ogni più bel volto, ovunque io miro,
quasi una finta imago
il tuo volto imitar. Tu sola fonte
d’ogni altra leggiadria,
sola vera beltà parmi che sia»
(Giacomo Leopardi, Il pensiero dominante, vv. 130-135, dal Ciclo di Aspasia)
Carolina Montuori
Bibliografia
Daniela Mazzon, Aspasia: maestra e amante di Pericle, Anordest 2011.
Jean Bertheroy, Aspasia e Frine: Vita di due cortigiane, Edizioni Studio Tesi, Roma 2017.
Sitografia