City of God è un film brasiliano del 2002, diretto da Fernando Meirelles e Katia Lund. Il film ha ottenuto quattro candidature ai Premi Oscar per le categorie di: miglior film, miglior fotografia, miglior montaggio e migliore sceneggiatura non originale. Ottenne però, nonostante un’altra candidatura come miglior film straniero ai Golden Globe, solo un premio BAFTA al miglior montaggio.
Per questo film, sono stati scelti solo attori non professionisti, direttamente dalle favelas. Gli attori protagonisti, Alexander Rodrigues (Buscapé) e Leandro Firmino (Zé Pequeno) provengono proprio da Cidade de Deus.
City of God: la trama
Anni ‘70. La voce narrante è di Buscapé, un ragazzo tranquillo che vive nella favela brasiliana Cidade de Deus. Fin da bambino, Buscapé osserva la criminalità. Suo fratello, Marrico, appartiene al “trio tenerezza”, piccoli delinquenti che compiono rapine.
Durante un assalto, e successivamente una strage, in un motel brasiliano, il trio si scompone e viene perseguitato dalla polizia. Quest’ultima, ucciderà uno dei tre. Marrico, invece, spinto dal padre, comincerà a lavorare. Il ragazzo sarà però ucciso da un bambino di nome Dadinho. La strage al motel è stata effettuata proprio da Dadinho.
Anni dopo, Buscapé sviluppa una grande passione per la fotografia. Si innamora di una ragazza, Angelica, e per lei farebbe di tutto. Per Angelica, Buscapé bazzicherà negli anfratti della favela, conoscendo meglio Zé Pequeno (il fu Dadinho) e il suo inseparabile migliore amico e braccio destro, Bené.
La vita nella favela scorre al solito, tra rapine, spaccio. Zé Pequeno è l’oramai re indiscusso di Cidade de Deus, ed è per questo che mancano sparatorie: gli scontri fra bande rivali non esistono, al momento. L’altro “bandito” e grande spacciatore della favela è Sandro Cenoura, con il quale Bené ha un buon rapporto.
Bené, in realtà, è molto amato da tutti. Si innamorerà di Angelica, ed è grazie a lei che vuole cambiare definitivamente vita. A tal proposito, Bené darà una festa, suscitando la preoccupazione di Pequeno, terrorizzato dal perdere l’unico suo affetto. Durante la festa, Bené verrà sparato da un nemico di Pequeno, agghiacciato dall’omicidio.
Dopo aver perso il suo unico fratello non di sangue, Pequeno si “infatua” della moglie di Mané Galinha, un abitante della favela. Ossessionato dall’idea di possederla, Zé si infiltra nella casa degli sposi, assalendo la donna. Il fratello minore di Galinha, inoltre, muore per mano dei fedeli di Zé.
Accecato dal desiderio di vendetta, Galinha decide di entrare nella ormai band rivale di Pequeno: quella del già citato Cenoura. Le bande daranno luogo a infinite sparatorie, anno dopo anno, hanno anche dimenticato il perché di questo scontro.
Frattanto, Buscapé inizia a lavorare per un quotidiano, come fotografo. Conoscendo bene Zé e i suoi alleati, non è un problema per lui fotografarli. Ad un certo punto, però, Buscapé si ritrova nel bel mezzo di una sparatoria, l’ultima per Zé e Galinha. La sparatoria è un’ottima occasione per il ragazzo, che scatterà foto a bizzeffe, pronte per un nuovo scottante articolo.
City of God: scelte di vita
City of God ha l’andazzo di un documentario. Ed effettivamente, il regista ha dato un ampio spazio ai suoi attori non professionisti all’improvvisazione. Ne è un esempio la scena in cui Buscapé alloggia una notte a casa della sua collega giornalista. La donna chiede al ragazzo se avesse mai fatto una doccia calda, ottenendo una risposta negativa. La domanda era del tutto improvvisata, e naturale, poiché l’attore che interpreta Buscapé proviene proprio da Cidade de Deus.
Il film mostra personaggi completamente diversi fra di loro. Zé Pequeno è la rappresentazione del male più puro. Non ha alcuno scrupolo, ha un ego spropositato, sete di potere e vendetta. È perennemente arrabbiato, e gli unici momenti di felicità autentica sono con il suo miglior amico Bené. Ma non potrebbero essere più diversi. Certo, sono stati molto amici ed uniti dalla volontà più esplicita di fare soldi.
Bené non è un santo, ha commesso anche lui qualche omicidio. Ma nel corso della storia, cambia radicalmente. Pur essendo sempre stato di indole diversa, quasi cordiale, Bené sceglie di percorrere un’altra strada. Conosce la dolce Angelica, figlia del Brasile più agiato, e di lasciare Cidade de Deus. Non ci riuscirà, perché sarà vittima di un omicidio “sbagliato”. Sbagliato perché l’obiettivo del proiettile era il suo migliore amico.
Bené è il pentimento, è la volontà di superare quel destino che marchia la pelle dei ragazzi delle favelas. E ce la stava facendo, ma in un’atmosfera quasi verghiana, Bené chiude il suo cerchio disperato morendo tra le braccia di Zé.
Galinha è la rappresentazione di quanto si è, talvolta, quasi costretti a cambiare per sopravvivere. All’inizio del film l’uomo è particolarmente docile, buono. Ha una famiglia normalissima, una donna che lo ama e vive lavorando legalmente. Ma purtroppo Zé vuole la sua amata, e lo costringe a guardare l’orribile stupro nei confronti della moglie di Galinha. Non solo, gli uccide anche il fratello.
Condizionato, si potrebbe dire, dall’ambiente in cui vive, Galinha diventa un tutt’uno con esso, trasformandosi in una macchina a sangue freddo, di pistole e sangue. “Sia chiaro, io non uccido innocenti”: e invece Galinha morirà in una sparatoria, ucciso dal ragazzino che voleva vendicarsi dell’omicidio del padre. Omicidio dovuto alla mano di Galinha, durante una rapina in una banca.
Ma City of God è, tutto sommato, un film ottimista. Mostra, infatti, la storia di un ragazzino che non aveva nulla di diverso da Zé Pequeno. Perché hanno condiviso la stessa origine. Stesse strade, stessi luoghi malfamati e violenti.
Buscapé, per alcuni versi, è stato certamente più fortunato. La sua famiglia è presente, e non stimola affatto ne Buscapé né il fratello ad intraprendere la strada della criminalità, incitandoli quantomeno a lavorare. La famiglia di Zé, è invece del tutto assente. Non si sa nulla del suo passato, se non del suo truculento presente e sanguinoso futuro.
City of God: una storia vera
La pellicola è interessante perché rappresenta una storia vera. Alexander Rodrigues (Buscapé) impersona la vita del fotografo brasiliano Wilson Rodrigues, cresciuto nella favela di City of God. Wilson aveva iniziato come ragazzo delle consegne per il giornale per il quale avrebbe poi lavorato in futuro.
Trovatosi realmente nella sparatoria avvenuta tra bande rivali della sua favela, la 736 esima di Rio de Janeiro, Wilson ha avuto la possibilità di cambiare, macchina fotografica alla mano, la sua vita. Le foto scattate furono pubblicate poco dopo, facendo il giro del Paese.
City of God è una storia vera non solo perché narra di una persona realmente esistita, e che continua il suo lavoro di fotografo. È vera perché racconta, senza moralismi, senza fronzoli, la cruda realtà di una parte del Brasile nascosta ai turisti. Quella parte fatta di spaccio, di polizia corrotta (nel film, arresta Zé ma poi lo libera il giorno stesso), di “randagi”, bambini che vengono subiti iniziati alla criminalità.
Ogni favela è in realtà un caso a sé. Quella di Cidade de Deus è la più povera, istituita negli anni sessanta. Gli abitanti delle favelas, come hanno raccontato gli stessi, sono inesistenti per lo Stato. Non hanno un indirizzo, però con il passare degli anni hanno ricevuto l’elettricità ed Internet.
Purtroppo, gli scontri tra la polizia e i narcotrafficanti sono sempre un problema. Ma ci sono anche dei miglioramenti, e fortunatamente la scuola aiuta molto in questo caso. Wilson Rodrigues è uno di quelli che ce l’ha fatta, con la sua piccola macchina fotografica ha saputo sfruttare gli ostacoli, trasformandoli in occasioni di realizzazione personale.
Aurora Scarnera