È il 1939 quando Josè Ortega y Gasset, filosofo, sociologo e saggista madrileno, presenta all’opinione pubblica spagnola l’opera Meditación de la técnica.
L’intento di Ortega y Gasset è quello di scuotere le menti spagnole. Era necessario abbandonare il torpore che andava caratterizzando gli intellettuali spagnoli del secolo scorso.
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La Spagna nel primo Novecento tra inerzia e dinamismo culturale
Dopo il Trattato di Parigi (10 dicembre 1898), infatti, la Spagna, sconfitta dagli USA, era stata costretta a rinunciare non solo a Cuba, proclamatasi indipendente, ma anche a Porto Rico, all’isola di Guam e all’arcipelago delle Filippine nel Pacifico insieme ad un indennizzo cospicuo.
Ortega y Gasset promuove l’idea di una modernizzazione della Spagna. Questa deve passare attraverso l’opera di una élite significativa in campo sociale e di conseguenza impegnata sul piano politico. In altre parole la Spagna, in campo economico e industriale, ha l’esigenza primaria di formare una classe imprenditoriale adeguata al compito.
La modernizzazione sarebbe stata concretizzata solo in una cooperazione tra i cittadini e queste élites. È attraverso queste considerazioni che il filosofo rivela un’idea che negli anni a seguire sarà sempre più chiara. Si tratta di una mancanza di fiducia sostanziale nella capacità delle masse popolari di cambiare le cose. Ci troviamo di fronte ad una cultura incapace di leggere la realtà e la necessità di indirizzarsi verso una struttura culturale diversa.
Nel contesto storico-politico di queste riflessioni orteghiane, emerge la causa principale dell’arretramento spagnolo:l’inerzia di una società, nella quale si sviluppano le attività di quello che egli chiama l’uomo-massa. In tale senso le riflessioni del filosofo spagnolo saranno sviluppate a più riprese fino al 1953. Approderà, infine, ad una tipologia di Stato, distante dal modello socialdemocratico, che rappresenta l’evoluzione più raffinata di una civiltà che trova il suo fondamento sul dialogo tra scienza, tecnica e potere.
Ortega y Gasset e James Burnham: dall’avvento dei tecnici all’ascesa dei tecnocrati
Dall’altro capo del mondo, negli anni del secondo conflitto mondiale, anche James Burnham, filosofo e teorico della politica americana, pone l’attenzione sulla comparsa della nuova classe di tecnocrati. Nella sua opera The Managerial Revolution, del 1941, Burnham intravede nel New Deal di Roosevelt, nel nazionalsocialismo germanico e nella Russia stalinista, la nascita di una classe di tecnici. Questi sono del tutto funzionali alle strutture tecnocratiche tipiche di questi Stati.
La sua è una prospettiva di profilo marxista, ma nel 1940, si distacca completamente da questa posizione ideologica. La causa di cioè un’accesa polemica con Lev Trotzkij. La linea fondamentale del pensiero di Burnham sottolinea l’esistenza di una produzione industriale segnata da una crescente complessità tecnica. Essa dipende sempre più dai tecnici e sempre meno dagli effettivi proprietari dell’impresa, dai finanzieri e dai direttori commerciali.
Gli stessi ingegneri (così Ortega y Gasset definisce i tecnici) riconoscono progressivamente la coscienza di questo nuovo potere. Si tratta di una sorta di coscienza di classe, da cui scaturirà l’esigenza di ottenere ulteriori privilegi. La fine del capitalismo li lascerà liberi di aumentare questo loro potere, al punto che la direzione di ciò che si produce verrà a coincidere con la direzione della società stessa.
Le idee di Burnham attirano l’attenzione di Ortega y Gasset, che dopo alcuni anni sono state oggetto di discussione in un suo intervento durante una conferenza organizzata nell’ottobre del 1954 dal British Institute of Management. Il filosofo spagnolo riconosce nell’opera di James Burham una diagnosi che sottolinea l’eccezionalità del mestiere del direttore o del manager d’impresa nella struttura della società di quel tempo.
Ad ogni società i suoi rappresentanti: l’intuizione di Ortega y Gasset
Ortega ritiene che in ogni epoca storica i cambiamenti sono decisi dalle priorità che una società pone a se stessa. Nel medioevo, infatti, la guerra e la religione sono le occupazioni primarie della vita individuale e collettiva. Da ciò conseguono due figure di riferimento: il guerriero e il prete.
Nella società attuale, conclude il filosofo, l’industria e il commercio hanno permesso un salto decisivo nel progresso della società. Non a caso i tecnici, cioè i realizzatori di questo sviluppo, sono diventati le figure più rilevanti. Al moltiplicarsi però delle conoscenze si contrappone il decadimento della saggezza. Questo va inteso come carattere distintivo dei tempi: l’ineluttabile trionfo della quantità sulla qualità.
Qual è invece l’atteggiamento intellettuale suggerito da Ortega y Gasset? Una meditazione: un ritirarsi dalle incombenze della società, tale che sia possibile avanzare in maniera significativa. Se ciò non avviene, ci troveremo di fronte ad un potere di tecnocrati, che tendono a privilegiare in ogni campo umano più il risultato che lo scopo.
Carolina Montuori
Bibliografia:
James Burnham, The Managerial Revolution, John Day, New York 1941, 285 pp.; trad. it. La rivoluzione dei tecnici, Mondadori, Milano 1946.
J.Ortega y Gasset, Meditazione sulla tecnica e altri saggi su scienza e filosofia, ed. Mimesis, Milano-Udine 2011.
J. Ortega y Gasset, Una vista sobre la situación del gerente o “manager” en la sociedad actual, 1954, p. 1. [Discorso tenuto dal filosofo spagnolo al convegno organizzato dal British Institute of Management su “The Contribution of Management to European Prosperity” a Torquay, ottobre 1954].
Sitografia
http://www.treccani.it/enciclopedia/guerra-ispano-americana/