Becchina: l’anti-Beatrice di Cecco Angiolieri

Cecco Angiolieri, celebre per la poesia comica del medioevo italiano, come i poeti suoi contemporanei amava una donna che chiamava con un senhal: Becchina.

BecchinaCecco Angiolieri è tra i maggiori esponenti della poesia comico-parodica del XIII secolo, i quali, accanto alle rarefatte prove stilnovistiche, intrapresero una lirica dal diverso accento sostituendo all’amore il sesso, alla ricerca di perfezione e virtù il vizio ed al linguaggio eletto la dialettalità.

La sua grandezza risiede nell’aver attinto ad un insieme ben definito di temi: Angiolieri, oltre a lamentare una cronica mancanza di denaro, dice di desiderare ciò che la morale cristiana rinnega (donne, taverna e dadi), di odiare ferocemente il padre, tacciato di avarizia e di grettezza, di amare una donna di nome Becchina, che è tutto l’opposto dell’immagine di donna consegnataci dalla tradizione lirica trobadorica.

Questa poesia, etichettata come burlesca, comica o giocosa, si caratterizza per i temi realistici, i colori e le sonorità della lingua dialettale e la scelta del sonetto come genere esclusivo. Ad Angiolieri andrà riconosciuta la capacità di mediare il patrimonio topico giocoso in direzione popolareggiante più che popolare, nel senso, cioè, di un fittizio abbassamento del tono.

Becchina: altro che donna-angelo

Cecco Angiolieri ama Becchina, una popolana che oltre a non ricambiare l’amore del poeta senese sembra far di tutto per mortificarlo, una figura opposta alla donna stilnovistica: essa non rendeBecchina assolutamente nobile l’innamorato, una vera e propria anti-Beatrice.

Tra i componimenti a Becchina, che in realtà si chiama Domenica, Angiolieri ci fornisce anche dati realistici: nome e mestiere del padre della donna “ch’a nome Benci, che pela le coia” (che concia il cuoio) e la data dell’innamoramento, il 20 Giugno 1291:

“…Ché le stelle del cielo non son tante,

ancora ch’io torrei esser digiuno,

quanti bacie li die’ in un istante

in me’ la bocca, ed altro uom nessuno:

e fu di giugno vinti dì a l’intrante,

anni mille dugento nonantuno.”

Non mancheranno giorni da maledire; Cecco spesso si lamenta dei comportamenti di Becchina, che sembra tradirlo più volte, ma d’altronde i tradimenti saranno reciproci:

“Maledetta sie l’or’e ‘l punt’e ‘l giorno

E la semana e ‘l mese e tutto l’anno

Che la mia donna mi fece uno ‘nganno

Il qual m’ha tolto al cor ogni soggiorno…”

Significativo per capire questa donna che fa dannare il suo innamorato, è il sonetto “Becchin’amor”: interessante il rapporto con lei: continue risse, offese reciproche, e l’uso di un linguaggio plebeo e grottesco. Il poeta tenta di fare una corte alla quale lei risponde con insulti e maledizioni. È una vicenda sentimentale superficiale e buffonesca, in cui l’unica cosa che interessa al poeta è di ridere e far ridere, sia pure con amarezza.

Il sonetto mette in scena un dialogo tra la donna e Angiolieri che implora il perdono senza successo e facendosi maltrattare: si basa su un fittissimo scambio di battute piuttosto venale tra Cecco e la donna amata, la quale ha sempre assecondato Cecco finché questi ha avuto i soldi per pagare tutto, e poi gli si è rivoltata contro. Le parole di Cecco trovano posto sempre nella prima metà del verso, quelle di Becchina nella seconda.

“Becchin’amor! – Che vuo’, falso tradito?
Che mi perdoni. – Tu non ne se’ degno.
Merzé, per Deo! – Tu vien’ molto gecchito.
E verrò sempre. – Che sarammi pegno?
La buona fé. – Tu ne se’ mal fornito.
No inver’ di te. – Non calmar, ch’i’ ne vegno.
In che fallai? – Tu sa’ ch’i’ l’abbo udito.
Dimmel’, amor. – Va’, che ti vegn’un segno!
Vuo’ pur ch’i’ muoia? – Anzi mi par mill’anni.
Tu non di’ ben. – Tu m’insegnerai.
Ed i’ morrò. – Omè che tu m’inganni!
Die tel perdoni. – E che, non te ne vai?
Or potess’io! – Tègnoti per li panni?
Tu tieni ’l cuore. – E terrò co’ tuo’ guai.” 

BecchinaAngiolieri nella poesia dialogata rivela discrete qualità nella stesura di copioni teatrali. Il contrasto d’amore con Becchina, l’anti-Beatrice popolana da lui amata e presente sempre nei suoi sonetti, è una recita a due, nella quale i due personaggi, pur sapendo che l’altro non dice la verità, interpretano un ruolo ben preparato.

Ma la vicenda dell’amore per Becchina ha uno sviluppo di tipo “narrativo”: tra alti e bassi, accettazioni (poche) e rifiuti (molti di più), tradimenti consumati e subìti, sino alla duplice soluzione della vicenda: sia all’accettazione da parte di Becchina dell’amore di Cecco come si vede nel sonetto “Becchin’, amor, i’ ti solev’odiare” dove Angiolieri convincerà l’amata della propria lealtà al punto che nel verso conclusivo Becchina dichiarerà l’impossibilità di provare altra gioia “se di te nove mesi non vo grossa”; sia al paradossale abbandono da parte del senese del sentimento amoroso (“I’ sono innamorato, ma non tanto”).

Non c’è una coerenza da permettere lo sviluppo di un “canzoniere” angiolieresco, ma nella poesia di Cecco si rinviene un tempo lineare e in sviluppo, e quindi le situazioni non sono date per sempre ma mutano nella progressione cronologica, lo stesso sonetto dialogato realizza l’idea di un temporalismo in atto e in evoluzione.

Questo genere poetico ha una chiara la struttura antitetica alla poesia lirica alta e ne diviene una parodia, sostituendo all’io liricamente “nobile” di questa, un io poeticamente “degradato”. Becchina è un senhal particolare: se, per Dante Alighieri, Beatrice era colei che rende beati, per Petrarca Laura richiamava la pianta dei poeti, l’alloro, mentre per Cecco la donna è Becchina, una donna che “fa morire”.

Maurizio Marchese

 

Bibliografia:

Poesia comica del medioevo italiano, a cura di Marco Berisso, BUR Rizzoli, 2011