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Un recital di Giuseppe Devastato a Santa Maria Capua Vetere
Parlare di un artista con il quale vi è anche un rapporto di grande stima ed amicizia è sempre difficile. Questo è ciò che avviene quando penso al pianista e compositore Giuseppe Devastato. Un lettore-interlocutore comune a questo punto potrebbe obiettare: «ogni tuo ragionamento può essere influenzato da pregiudizi di parte!» E quand’anche fosse così, l’ovvia risposta sarebbe: «può darsi, ma dov’è il problema? D’altra parte è possibile giudicare con oggettività anche l’operato dei propri cari».
Al di là della tendenziosità dell’ipotetica questione, è innegabile che il pianismo di Giuseppe Devastato abbia la capacità di trasportare naturalmente l’ascoltatore in un’atmosfera d’altri tempi, ricca di estri cantanti e di slanci appassionati. Questo è, in effetti, ciò che è avvenuto nel concerto tenuto dal maestro il 22 aprile scorso al teatro “Garibaldi” di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, per l’Associazione musicale “G. B. Pergolesi”, la cui direzione artistica è affidata alla giovane pianista Flavia Salemme.
Giuseppe Devastato e “l’arte del canto applicata al pianoforte”
Devastato, nato ad Ottaviano nel 1977 e cresciuto a Marigliano (in provincia di Napoli), si è formato pianisticamente al conservatorio di Avellino con Carlo Alessandro Lapegna. Tramite il suo maestro, egli è pertanto annoverato nella schiera dei moderni eredi dell’illustre scuola pianistica napoletana. Essa, lo si ricorda per inciso, ebbe per un caso fortuito il suo capostipite nel pianista e compositore austriaco di origini svizzere Sigismund Thalberg (Ginevra, 1812 – Napoli, 1871) – unico rivale riconosciuto del leggendario collega Franz Liszt.
Fedele assertore dei principî meccanici ed estetici caratteristici del pensiero di Thalberg – compendiati in dodici regole riportate dal celebre pianista ginevrino come epigrafe alla sua raccolta di trascrizioni operistiche intitolata L’art du chant appliqué au piano (op.70) – Giuseppe Devastato fa proprie le indicazioni didattiche e artistiche dell’antico maestro e le restituisce al suo pubblico con sensibilità e raffinatezza non comuni.
Il diario musicale di un pianista-compositore napoletano
Pianista concertista e compositore con un curriculum di tutto rispetto – tra l’altro, docente di pianoforte e musica da camera alla facoltà di musica e arti sceniche dell’Università “Alfonso X El Sabio” di Madrid e vincitore della medaglia d’oro nel 2015 per il suo album The pianist composer ai Global Music Awards di Los Angeles – Giuseppe Devastato, ormai residente in Spagna da diversi anni, trasmette ai suoi numerosi allievi con costante amore e solido magistero il culto del bel suono unito alla precisione del gesto tecnico: qualità peraltro emerse anche nel suo recital solistico tenutosi un paio di settimane fa.
Soprannominato “il Piccolo San Carlo” per la bellezza dell’architettura e soprattutto per la crescente fama che andava guadagnandosi nel corso degli anni, il teatro “Garibaldi” di Santa Maria Capua Vetere – inaugurato nel 1896 – accoglie il pubblico per il concerto di Giuseppe Devastato nel salone degli specchi, un ambiente suggestivo caratterizzato da imponenti lampadari d’epoca e finestroni che affacciano sull’adiacente piazza Bovio.
L’impaginato prevede diversi momenti della storia della trascrizione pianistica, una costante nel repertorio del maestro italiano, nonché alcune musiche dello stesso Devastato. L’artista compone dunque un programma in cui vengono riproposti diversi brani del disco che gli è valso il premio agli Awards negli USA ed altre opere altrettanto significative.
Non è un caso, tra l’altro, se il pianista napoletano decide per l’occasione di alternare il suono alla parola, quasi a condurre “per mano” il suo pubblico – si perdoni il gioco di parole, in questo caso tuttavia molto appropriato – alla scoperta delle molteplici e suggestive possibilità timbriche del pianoforte.
Il concerto – L’arte della trascrizione (da Bach, Schumann e Donizetti)
Già con l’esecuzione del primo brano, la trascrizione per pianoforte di Ferruccio Busoni del corale per organo Ich ruf’ zu dir, Herr Jesu Christ BWV639 di Johann Sebastian Bach, il pubblico è introdotto in un’atmosfera particolare, tipica dei corali bachiani: mirabilmente divina e profondamente umana ad un tempo. Queste caratteristiche vengono enfatizzate ancora di più nella scelta di un’agogica particolarmente meditata proposta dal maestro.
Giuseppe Devastato giunge in tal modo ad esaltare al massimo grado i due opposti, ricongiungendoli miracolosamente in un’interpretazione in cui da un lato prevale la linea lunga delle vibrazioni rilasciate dagli armonici e dall’altro emergono sfumature timbriche di insperata bellezza.
Qualcosa di simile avviene nelle due trascrizioni del grande pianista Sergio Fiorentino di due lieder tratti dal ciclo Myrthen op.25 di Robert Schumann. Anche qui non è tanto il virtuosismo rappresentato dalla velocità digitale ad emergere quanto quello del controllo sonoro e dell’abilità di “cantare” al pianoforte sfruttando una consolidata tecnica “di dito”, della quale il pianista napoletano di origine e spagnolo d’adozione si dimostra perfettamente padrone.
Virtuosismo brillante e distensione canora si ritrovano invece uniti nella complessa trascrizione di Theodor Leschetizky per sola mano sinistra dell’Andante finale dalla Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti op.13. È con questo brano che Giuseppe Devastato offre al suo pubblico, per la prima volta durante la serata del 22 aprile, un saggio di notevole agilità tecnica.
L’opera, di difficile interpretazione per la duplice sfida che pone al pianista – ossia quella di dover coniugare bravura manuale e controllo della linea melodica – viene risolta brillantemente dal maestro, che rende senz’altro un elegante omaggio all’arte del belcanto italiano. Ciò avviene in particolare grazie alla sicurezza mostrata sia nella gestione del voicing che nell’affrontare i passaggi più ardui tecnicamente caratterizzati dai numerosi arpeggi che si alternano alla linea del canto.
Il concerto – Virtuosismo, visionarietà e…
Hommage a Mozart e Toccata – Due composizioni di Giuseppe Devastato, diventate ormai dei “classici” nella sua produzione, rappresentano emblematicamente due sfaccettature dell’animo del pianista-compositore, protagonista del concerto al teatro “Garibaldi” di Santa Maria Capua Vetere.
L’afflato lirico si esprime senz’altro al massimo grado nel primo brano, una romanza il cui nucleo tematico è costituito dall’incipit della celebre sonata mozartiana in la maggiore K331 (il tema con variazioni del primo movimento). Esso viene sapientemente elaborato e armonizzato in uno stile che, come dichiarato dallo stesso compositore in partitura con la dicitura à la manière de…, richiama alla memoria Maurice Ravel.
Un virtuosismo visionario e percussivo che a tratti ricorda Sergej Prokofiev caratterizza invece la Toccata che, come indicato da Devastato nell’introduzione all’esecuzione, suggerisce i ritmi e le espressioni tipiche di una danza tribale. Qui il pianista a tratti fa sfoggio di un tocco pesante e sforzato in cui emerge chiaramente l’elemento primitivo e barbarico della composizione, eseguita senz’altro in funzione di contraltare rispetto alla precedente romanza di omaggio al compositore di Salisburgo.
Tre studi (tra cui il primo op.2 no.1 e il celeberrimo op.8 no.12 Patetico) di Alexander Skrjabin – il compositore russo visionario per eccellenza ed uno dei favoriti di Devastato da ragazzo – e due bis (la Siciliana BWV596 di Johann Sebastian Bach trascritta dal concerto op.3 no.11 di Antonio Vivaldi e la sonata di Domenico Scarlatti in re minore K32) suggellano il concerto che si conclude tra fragorosi applausi di apprezzamento ma…una sorpresa prolunga di una ventina di minuti la permanenza a teatro!
…sorpresa finale!
Rientrato dietro le quinte, Giuseppe Devastato cede la scena ad un suo giovane e talentuoso allievo: Luigi Borzillo. Questi, reduce da poche settimane del debutto nella prestigiosa Carnegie Hall di New York, regala al pubblico presente in sala una brillante interpretazione della Rapsodia Spagnola S.254 di Franz Liszt e un misterioso e funambolico Scarbo dal Gaspard de la nuit di Ravel. Questa è senz’altro una prova tangibile della grandezza artistica ed umana del generoso e solare maestro nei confronti del promettente allievo flamboyant.
Gianluca Blasio