Mary e il fiore della strega: Studio Ponoc o Ghibli?

Lo Studio Ponoc nasce nel 2015 a opera del regista Hiromasa Yonebayashi e del produttore Yoshiaki Nishimura, i quali avevano lasciato lo Studio Ghibli dopo la realizzazione del film Quando c’era Marnie seguiti da molti animatori. Due anni dopo, lo Studio distribuisce Mary e il fiore della strega, diretto dallo stesso Yonebayashi e basata sul romanzo La piccola scopa della scrittrice britannica Mary Stewart.

Mary e il fiore della strega - Studio Ponoc
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Mary e il fiore della strega: la trama

Mary Smith è una ragazza goffa ma piena di buone intenzioni in vacanza dalla prozia. Un giorno, seguendo due gatti, trova uno strano fiore luminoso che, secondo una leggenda del posto, sarebbe dotato di poteri magici. Il giorno dopo, uno dei due gatti scompare e lei, mentre lo cerca, trova una scopa in grado di volare. Iniziano così le magiche avventure di Mary.

Alla ricerca di un’identità

La sfida più grande per uno studio così giovane composto da animatori usciti dalla più importante casa d’animazione giapponese era sicuramente quella di unire uno stile grafico noto a tutti a una poetica diversa da quella Ghibli, raccontando una storia magari non originale, ma che fosse capace di far pensare allo spettatore: “Ecco qualcosa di nuovo!”.

Ma l’influenza dello Studio Ghibli sembra pesare ancora troppo sulle spalle di Yonebayashi e del suo staff. Il regista, già creatore di Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento e Quando c’era Marnie, non riesce a staccare il cordone dalla casa di Totoro e realizza un film con moltissimi riferimenti ai capolavori Ghibli, da Il castello nel cielo a Principessa Mononoke passando per la stessa Arrietty.

Sebbene questo possa essere a prima vista considerato un omaggio al passato, si capisce ben presto quanto in realtà il film poggi su basi fragili e pericolanti. Yonebayashi non si limita a citare rispettosamente il suo vecchio studio, ma cerca di realizzare un film riprendendone gli stilemi ma senza riuscire a lasciare un’impronta veramente personale.

Una storia sbagliata

Regista di Mary e il fiore della strega
Hiromasa Yonebayashi

Riko Sakaguchi e lo stesso Yonebayashi firmano una sceneggiatura con decisamente troppi problemi. Stupisce notare come un autore come Yonebayashi, che nei suoi anni allo Studio Ghibli aveva realizzato due pellicole lente ma assolutamente non noiose, capaci di commuovere con la loro delicatezza e la loro attenzione per i personaggi, abbia qui scritto un film frettoloso che non concede allo spettatore un attimo di respiro.

Arrietty ci aveva mostrato come un film dalla storia semplicissima e dai ritmi lenti potesse risultare accattivante grazie soltanto ai rapporti che legavano i personaggi, dai due protagonisti a tutti i personaggi secondari che li circondavano. Bastava sedersi in giardino con il giovane Sho e la piccola prendimprestito e ascoltarli mentre si facevano promesse e si rivelavano segreti e timori accompagnati dal soffio delicato del vento. In Mary e il fiore della strega i rapporti tra i personaggi sono invece appena accennati e ogni loro azione, più che dettata da ideali, desideri, emozioni o senso del dovere, sembra dovuta solo alla necessità di mandare avanti la vicenda e portare a nuova azione.

Non esiste una vera e propria maturazione nella giovane Mary, come d’altronde non esiste una vera psicologia per la cattiva del film, la quale sembra voler riproporre la dama Eboshi di Principessa Mononoke e il tema che lì veniva approfondito, ovvero quello dell’uomo che, per sete di potere, per avidità o per altri motivi, tenta di realizzare opere innaturali, finendo per perderne il controllo e provocare disastri. Ma Eboshi era un personaggio affascinante, complesso e di cui riuscivi a capire il punto di vista e le responsabilità, mentre la cattiva del film dello Studio Ponoc risulta solo scialba e banale.

Mary e il fiore della strega - libro
Scena del film

A tutto questo si aggiunge una storia costellata di deus ex machina usati in maniera troppo semplice e troppo di frequente una serie di vicende che si ripetono nel corso dell’avventura, lasciando un fastidioso senso di già visto. Viene poi da pensare che certe scene servano da riempitivo o per mostrare l’indubbia capacità degli animatori di creare mondi affascinanti: momenti molto d’impatto, ma scritte forse solo per rendere più lungo il film.

La lezione di Spielberg

Forse si è osato troppo poco, forse i tempi non erano ancora maturi per un lungometraggio, forse l’idea del confronto con lo Studio Ghibli ha spaventato troppo il team di Yonebayashi. Qualunque sia il motivo, Mary e il fiore della strega risulta essere un film banale e che non riesce a far risaltare le sue potenzialità. Lo Studio Ponoc realizza un film Ghibli 2.0, in cui elementi della tradizione non vengono inseriti in storie e personaggi originali come invece avrebbero dovuto.

Viene da pensare a Steven Spielberg e al suo ultimo lavoro, Ready Player One. A un certo punto del film, Spielberg decide di giocare con un mostro sacro del cinema, Shining, facendo interagire ambientazioni e creature con i suoi nuovi personaggi. Sebbene sia evidente il rispetto del regista nei confronti dell’opera di Kubrick, il film ci fa capire che nulla è intoccabile e che è possibile citare e divertirsi con il passato, a patto che però sia unito a qualcosa di nuovo. Eppure, a giudicare da Mary e il fiore della strega, sembra che Yonebayashi non abbia ancora appreso questa lezione.

Davide Proroga