Timica di Sparta è stata una filosofa presocratica, attiva nel IV secolo a.C. nell’Italia meridionale. Originaria della Laconia, era moglie del filosofo Millia di Crotone, ed entrambi appartenevano alla scuola pitagorica. La Scuola di Crotone, fondata da Pitagora nel 530 a.C. è nota per lo studio della matematica, per la musica, per l’astronomia e per la filosofia. Essa era considerata come una setta mistica, aristocratica e scientifica.
Allo stesso tempo il carattere esoterico delle dottrine pitagoriche è smentito da testimonianze più che autorevoli, come quella di Eraclito, che così descrive Pitagora:
“Esercitò la ricerca scientifica più di ogni altro uomo, e con ciò che trasse da questi scritti formò la sua propria sapienza: multiscienza, arte da ciarlatani” .(DK22B129)
Nella Vita di Pitagora, invece, Giamblico definisce così i pitagorici:
“Dinanzi agli estranei, ai profani, per così dire, quegli uomini parlavano tra loro, se mai dovesse capitare, enigmaticamente per simboli […] Ma il precetto più grande di tutti in rapporto al coraggio è quello di proporre come scopo più importante di preservare e liberare l’intelletto […]. L’intelletto vede tutto e intende tutto, e tutto il resto è sordo e cieco”.
È importante sottolineare che solo pochi eletti potevano partecipare alle lezioni di Pitagora. Gli iniziati, infatti, dovevano dedicarsi esclusivamente agli studi, trascurando qualsiasi altra attività lavorativa. Secondo le testimonianze, Pitagora ha fondato la sua scuola a Crotone a seguito di un responso dell’oracolo di Delfi. La stessa scuola, nel 450 a.C., entrerà in crisi per motivi prettamente politici. I pitagorici, infatti, erano sostenitori dell’aristocrazia, ma nelle città greche prevalsero le ondate rivoluzionarie di matrice democratica.
Donna e filosofa: per “concessione” dell’uomo
È interessante notare che la Scuola pitagorica poteva essere frequentata anche dalle donne ed offriva loro due tipi di insegnamento: uno pubblico ed uno privato.
Nel Catalogo di Giamblico sono elencate le più celebri donne pitagoriche. Oltre Timica sono riportate:
“Filti, figlia di Teofri di Crotone e sorella di Bindaco, Occelo ed Eccelo, lucane, Chilonide, figlia di Chilone spartano, Cratesiclea, della Laconia, moglie di Cleanore spartano, Teano, moglie di Brontino di Metaponto, Muia, moglie di Milone di Crotone, Lastenia, dell’Arcadia, Abrotelea, figlia di Abrotele di Taranto, Echecratia di Fliunte, Tirsenide di Sibari, Pisirrode di Taranto, Nisteadusa, della Laconia, Boio argiva, Babelica argiva, Cleecma, sorella di Autocarida lacone. In tutto furono diciassette.”
Diversamente dalla scuola pitagorica, secondo il costume greco, una donna poteva occuparsi di filosofia soltanto con l’autorizzazione di una figura maschile, oppure perchè prostituta. Sono molti gli esempi di eteree filosofe: Aspasia, la concubina di Pericle, Nicarete, allieva di Stilpone, ed infine Leonzio, la famosa allieva di Epicuro.
Le donne impegnate nella cultura sono fonte di stupore per i commentatori antichi. La celebre Ipazia, scienziata del V sec. d.C., ha osato comparire davanti ad uomini per impartire loro lezioni di astronomia oppure Ipparchia, filosofa che ha lottato per sposare il cinico Cratete di Tebe.
Timica: la custodia del sapere oltre tutto
Di Timica non abbiamo molto se non citazioni di Clemente Alessandrino, nelle sue Stromata, e di Giamblico, nella Vita di Pitagora. Viene riportato che durante le varie campagne militari in Calabria, Dionisio, tiranno siracusano, mandò i suoi soldati contro i seguaci della scuola pitagorica. I pitagorici fuggirono ma si fermarono vicino ad un campo di fave, perché attraversarlo era considerato un tabù. Essi vennero così uccisi dai siracusani, ma Millia e Timica sopravvissero poiché la donna camminava con lentezza a causa di una gravidanza. A quel punto i soldati fecero prigionieri i due filosofi e li portarono al tiranno.
Ci viene inoltre detto che Millia rifiutò di rivelare i contenuti della sua setta e la reazione del tiranno fu molto dura. Il testo così riporta:
«Dionisio colpito dalla risposta, diede ordine di portar via con la forza Millia e di sottoporre Timica a tortura, convinto che, in quanto donna, in attesa di un figlio, e per di più priva del marito, avrebbe facilmente parlato per timore della tortura. Ma l’eroina si morsicò la lingua, staccandosela, e la sputò in faccia al tiranno, mostrando con ciò che anche se la sua natura di donna, sopraffatta dalla tortura, fosse stata costretta a rivelare a qualcuno segreti su cui era obbligatorio tacere, lei aveva tagliato via lo strumento a ciò necessario».
Secondo la storiografia greca Timica non è stata l’unica donna a compiere un gesto così estremo: un altro caso è Leena, amica di Armodio e Aristogitone, che strappò la sua lingua per non rivelare delle verità.
Dice di lei Leopardi…
Lo Zibaldone porta in sé immagini culturali di ogni epoca, secondo l’ottica leopardiana, e permette la conoscenza di innumerevoli personalità del passato.
Nell’opera appena citata, l’autore riporta in un frammento l’evento, che caratterizza, più di ogni altra cosa, la figura enigmatica di Timica. Egli infatti scrive:
“Timica, donna Pitagorica, fatta tormentare da Dionigi,tiranno di Siracusa, perché rivelasse i secreti o misteri della [4226] sua setta, si tagliò co’ denti la lingua, e la sputò in faccia al tiranno (Giamblico, Vita di Pitagora, cap.31). Imitazione della storia di Leena amica di Armodio e Aristogitone, come osserva il Menagio, il quale vedi, Hist. Mulier. philosopharum, (segm.94-98). E molte di siffatte narrazioni parallele si debbono interamente agli scrittori imitanti in altra materia le tradizioni e storie antiche ecc”.
Bibliografia
Appiano Buonafede, Della storia e della indole di ogni filosofia di Agatopisto Cromaziano, vol. I, Lucca, 1766.
Christoph Riedweg, Pitagora: vita, dottrina e influenza, Vita e Pensiero, Milano 2007.
Giamblico, Vita di Pitagora, In Summa pitagorica, traduzione di Francesco Romano, Bompiani 2006.
Giacomo Leopardi, Zibaldone, (cur.) L. Felici, Newton Compton 2007.
Giovanni Casertano, I Presocratici, Carrocci editore, Roma 2009.
I Presocratici. Testimonianze e frammenti, tomo I, Laterza, Bari 1983.
Sitografia