Dialoghi originali, monologhi profondi, caratterizzazione maniacale dei personaggi, pungente ironia, sarcasmo, camei, colonne sonore avvincenti e soprattutto… pulp. Quentin Tarantino ha portato nei maxi-schermi un genere cinematografico unico, strettamente personale poiché legato al suo specifico modo di intendere e inventare cinema. Regista visionario, eccentrico, esigente, meticoloso nei dettagli e perennemente in sfida con se stesso nel creare e ricreare situazioni capaci di sorprendere e scioccare il pubblico, lo stile tarantiniano si focalizza sulla ricerca del pulp, ossia il film deve essere ricco di scene emozionanti, o meglio palpitanti, essenziali a caratterizzare determinati personaggi e contestualizzarli perfettamente all’interno del contesto narrativo. L’intento è afferrare lo spettatore trasportandolo con irruenza in un mondo sui generis, quasi parodistico, con protagonisti forti e sfacciati, in cui tutto appare lecito.
Quentin Tarantino: origini italiane, infanzia vagabonda e… spaghetti western
Quentin Tarantino nasce a Knoxwille, Tennessee, in data 27 marzo 1963 da madre infermiera di origini anglo-irlandesi e padre attore-musicista di chiare origini italiane. A seguito della separazione dei propri genitori, il regista non ha mai avuto modo di conoscere suo padre, essendosi quest’ultimo allontanato dalla famiglia poco prima che nascesse il piccolo Quentin. Trasferitosi a Torrance, California, alla tenera età di due anni, trascorre la sua infanzia assieme alla madre e al suo nuovo compagno, che assurge presto per lui a ruolo di figura paterna. A inizio anni ’70 inizia ad appassionarsi al cinema, in particolare al genere spaghetti-western, reso celebre dal maestro Sergio Leone.
A quattordici anni Tarantino scrive la sua primissima sceneggiaura, poi lavora come maschera presso il cinema porno di Pussycat, successivamente inizia a prendere lezioni di recitazione alla prestigiosa Theatre Company diretta da James Best. Nel 1983 arrangiava lavorando alle dipendenze del vecchio patrigno come affitta–stand presso le fiere, per poi dedicarsi all’impiego del videonoleggio a Los Angeles, luogo che gli permise di allacciare diverse conoscenze con futuri colleghi, attori e gente dello show-business, tra cui Roger Avary, col quale, intrapresa la carriera da dietro la cinepresa, ha collaborato stabilmente in diverse sue pellicole.
Quentin Tarantino: b-movie, pulp… Edwige Fenech e Alvaro Vitali
Quentin Tarantino, prima e dopo esser divenuto parte integrante di Hollywood, non ha mai osato celare la propria passione per il cinema made in Italy da quello d’autore di Federico Fellini, al classico spaghetti western di Sergio Leone, senza tralasciare anche il fagioli–western della mitica coppia Bud Spencer e Terence Hill, fino alla commedia trash all’italiana dei vari Lino Banfi, Gianfranco D’Angelo, Alvaro Vitali ed Edwige Fenech. Il regista ha infatti confessato più volte di aver sempre provato forte attrazione verso la sex symbol di origini francesi degli anni ’70-80 e di essere un accanito fan del cinema trash di quel periodo e spesso non ha disdegnato di visitare il nostro Paese per impegni lavorativi e di piacere. Come a dire, il corretto risultato dell’equazione tra La dolce vita, spaghetti, fagioli e trash sembrerebbe condurre… al pulp.
Quentin Tarantino e i suoi “figliocci”: da Robert Rodriguez a Guy Ritchie
Quentin Tarantino è autore di numerosi capolavori nella storia del cinema, per citarne alcuni tra i più significativi nel tempo: Le iene, Pulp Fiction, Kill Bill, Bastardi senza gloria e Django Unchained. Nonostante l’arte e l’originalità del campione rimanga inevitabilmente unica e, nel caso, irreplicabile, qualche regista si è ugualmente cimentato nell‘ardua impresa di imitarne l’arte, ottenendo anche discreti risultati sia artistici che di incassi ai botteghini. È il caso di Robert Rodriguez, dichiarato “figlioccio prediletto” di Tarantino e dell’inglese Guy Ritchie, entrambi da diversi anni registi affermati e stimati a livello internazionale.
Il primo, messicano, ha studiato ed assimilato tecniche e trucchi direttamente dal maestro del pulp, il quale non gli ha mai negato suggerimenti e collaborazione, anche attraverso qualche cameo; il secondo, più giovane ed autodidatta, pur prediligendo l’azione old–style allo splutter-pulp ha comunque dichiarato di ispirarsi allo stesso Quentin Tarantino riguardo musiche, dialoghi e caratterizzazione dei personaggi, tutte qualità che di fatto il talentuoso Ritchie parrebbe possedere di suo. Tale ricerca di spunti da parte di illustri colleghi segnale di quanto lo stile del maestro abbia fatto proselitismo tra i registi delle generazioni a lui susseguitesi.
C’era una volta a Hollywood: il prossimo capolavoro made from Quentin Tarantino
Geniale, eccentrico, visionario, sconvolgente, imprevedibile, sono soltanto alcune degli epiteti attribuiti a Quentin Tarantino dalla critica. Il regista durante le sue ultime interviste ha ultimamente rilasciato ai microfoni dei giornalisti, con sommo dispiacere la sua intenzione di volersi ritirare dalla scena appena avrà terminato di girare appena altri due film. Intanto, il prossimo 9 agosto 2019, data non casuale, negli Stati Uniti è prevista l’uscita del suo ennesimo capolavoro: C’era una volta a Hollywood (Once Upon a Time in Hollywood), la cui trasposizione nei botteghini italiani avverrà con ogni probabilità verso fine anno. Il team di attori è composto dal solito cast stellare, tra cui figurano Brad Pitt e Leonardo Di Caprio, entrambi già diretti con successo dal maestro rispettivamente in Bastardi senza gloria e Django Unchained.
Al cast vanno ad aggiungersi nomi del calibro di Luke Perry, Damian Lewis, Dakota Fanning, Clifton Collins Jr. e Nicholas Hammond. La trama della pellicola narra le ambizioni di un talentuoso attore in rampa di lancio prossimo a debuttare ad Hollywood (Leonardo Di Caprio) al fianco del suo fedele stuntman (Brad Pitt). Il tutto sullo sfondo della terribile strage che colpì la giovane attrice Sharon Tate ad opera dei membri appartenenti alla famigerata setta denominata “Manson Family“, avvenuta proprio quel fatidico 9 agosto 1969. Quentin Tarantino intende così, a suo modo, celebrare la memoria delle innocenti vittime cadute per causa degli efferati delitti prodotti dalla bestialità umana.
Davide Gallo