Accostarsi al diritto greco con la pretesa di doverne dare una chiara e sistematica definizione si rivela un problema di assai difficile risoluzione, alla luce dell’intricato quadro storico, linguistico e funzionale. È tuttavia punto di partenza necessario doversi porre l’interrogativo perlomeno per una maggiore consapevolezza delle distanze fra noi e gli antichi greci oltre che ovviamente sul piano temporale, anche nel pensiero logico costitutivo dell’esperienza giuridica. Che cosa si intende dunque per diritto greco?
Tentativo di definizione
Tralasciando la controversia sulla necessità di impiegare il termine “diritti” al posto del suo singolare in relazione all’estensione temporale e territoriale della vicenda giuridica delle poleis greche, si può diplomaticamente indicare il “diritto greco” , per usare le parole di Biscardi, come “l’esperienza giuridica del mondo greco nella sua globalità”, ove con globalità non si intende negare la pluralità degli ordinamenti ma piuttosto sottolineare una matrice comune nel bagaglio dei principi giuridici.
Diritto greco come diritto della polis
Nel tentativo di un inquadramento generale del tema, prima peculiarità distintiva del diritto greco rispetto agli ordinamenti successivi, ad iniziare da quello romano, è l’assenza di una sua elaborazione tecnica sistematica come scienza autonoma, comprovata dalla mancanza sia di un ceto di specialisti a cui attribuire la speculazione giuridica, così come di un termine univoco che indicasse il significato che noi moderni attribuiamo alla parola “diritto”.
Ciò tuttavia non è sinonimo dell’assenza di un pensiero giuridico nel disciplinare i rapporti sociali quanto di una decisa demarcazione fra mondo giuridico e quello socio-politico-culturale. Biscardi parla di un diritto fermo allo “stadio empirico” per rimarcare come la prassi normativa e la logica che ne sottende l’applicazione sia strettamente legata ai referenti ideologici della comunità della polis.
È a tal proposito che prevale fra gli studiosi di giusgrecistica l’idea che il diritto sia embedded in society ossia rintracciabile nelle interazioni fra i membri delle poleis nel loro quotidiano; non una sfera separata con un impianto ideologico altro ma pienamente integrato e influenzato da altri ambiti della vita comunitaria. Bisogna riconoscere tuttavia che la necessità di isolare il diritto è solo ed esclusivamente dettata dalla mentalità moderna.
Quando nasce il diritto?
La ricostruzione storica del percorso giuridico va di conseguenza parallelamente a quello della polis: il celebre antropologo francese Gernet sostiene che il diritto nasce nel momento in cui si impone un minimum d’État, ovverosia quando a compimento di un lento percorso di elaborazione la polis riesce ad imporsi sulle modalità consuetudinarie di giustizia che regolavano la convivenza fra gruppi familiari.
Il primo elemento di novità verso l’affermazione del diritto è la composizione di un gruppo politico, ossia “di un’autorità sovrana che ne dispone l’applicazione in occasione del processo” ai fini di regolare i rapporti fra le persone secondo le norme prestabilite, i nomoi.
L’evoluzione del diritto non può dunque che trovare un riscontro all’interno dei tribunali, massima espressione delle dinamiche della polis, composto da un corpo non di professionisti ma di semplici cittadini rinnovato periodicamente. È qui che avviene nel concreto l’elaborazione del diritto, nel momento in cui il corpo giurato è chiamato ad esprimere sentenza, ove la legge non è sufficiente, “secondo giustizia”, a seguito di uno scontro dialettico fra le parti in causa.
Valgano come esempio i versi v. 483-489 delle Eumenidi di Eschilo, in cui la dea Atena pone definitivamente fine a una giustizia familiare di tipo vendicativo con l’istituzione di un tribunale, l’Areopago, all’interno del quale, con prove e discorsi contrapposti, sarà discusso il caso di Oreste macchiatosi di matricidio.
Atena
Scegliendo giudici giurati dei delitti di sangue
costituirò un’istituzione eterna.
Voi intanto reclamate testimonianze
e prove, aiuti per la giustizia consacrati da giuramento.
Giungerò dopo aver deciso che i migliori tra i miei cittadini
giudichino questa causa realmente,
non violando il giuramento con animo iniquo.
La fase di prediritto
Molti punti appena citati meritano un’ulteriore spiegazione ai fini di una più accurata comprensione del tema. Si è parlato di un percorso storico che ha portato all’affermazione di un sistema giuridico, inteso in senso oggettivato se posto in relazione a ciò che lo precedeva, il periodo che Gernet ebbe a chiamare “predroit”.
A motivo di ciò lo studioso parla di pensiero magico-religioso, opposto a quello giuridico, per cui gesti, oggetti, parole erano dotati di una forza tale da imporre l’osservanza di alcune regole e rendere obbligatori taluni comportamenti ai fini di una sana convivenza.
Partire dalla fase più arcaica dei meccanismi di funzionamento di ciò che, latu sensu, si può definire giuridico, è un’esigenza dettata dalla volontà di comprendere perché per il diritto della polis, inteso in senso oggettivato, si debba parlare di sopravvivenze meglio riassumibili nel termine “costume”.
Si tratta di usanze religiose e familiari che sopravvivono come retaggio di un passato che assegnava loro un diverso meccanismo di funzionamento e gli attribuiva senza alcun dubbio una maggiore efficacia, ma che nella realtà democratica dettano un ordine di valori rubricali sotto l’espressione “sentimento del giusto“. In sostanza norme non scritte, che accanto ai nomoi, le leggi scritte, determinavano quella nozione di giustizia che deriva dell’ordinamento giuridico.
Le fonti
Quando parliamo di diritto della polis, l’osservatorio ideale per ricostruirne le dinamiche è immancabilmente l’Atene democratica di V-IV secolo, di cui ci è pervenuta una maggiore quantità di informazioni documentarie. In modo particolare le orazioni, i discorsi giudiziari, sono fonte privilegiata per comprendere nella pratica le dinamiche del sistema giudiziario a fronte di una compresenza di elementi diversi del percorso evolutivo del diritto, tra residui dell’età precittadina e nozioni “razionali” di giudizio.
In generale lo studio del diritto va di pari passo con quello dei vari generi letterali, che si tratti di opere filosofiche o teatrali, a motivo della sua pervasività nella vita cittadina.
Conclusione
Sono a tal proposito indicative le parole di Piero Calamandrei a conclusione della sua introduzione agli Studi del processo attico di U. E. Paoli: “In Grecia anche gli istituti giudiziari si idealizzano nella poesia e trovano nella storia esempi che trasformano la vicenda processuale in altissimo dramma umano. Non dimentichiamo che l’origine mitica dell’Aereopago fu considerata da Eschilo materia degna di canto; e che al centro della storia greca sta un processo da cui un innocente (Socrate) si erge a difendere la santità della sentenza che l’ha ingiustamente condannato a morte“.
Maria Laura Bussu
Bibliografia
Biscardi, A., Diritto greco antico, Giuffrè editore, Milano 1982;
Biscardi, A., Diritto greco e scienza del diritto, in Scritti di diritto greco a cura di Cantarella E. e Maffi A., Giuffrè editore, Milano, 1999;
Gernet, L., Diritto e civiltà in Grecia antica, ed. it. a cura di A. Taddei, La Nuova Italia, Firenze, 2000, (traduzione del ms.: Le fonctionnement du droit);
Maffi, A., Gli studi di diritto greco oggi, in Nomos. Direito e sociedade na Antiguidade Clássica. Derecho y sociedad en la Antigüedad Clásica, Imprensa da Universidade de Coimbra e Ediciones Clásicas,Coimbra e Madrid 2004;
Stolfi, E., Introduzione allo studio dei diritti greci, Giappichelli, Torino 2006.