Definire la natura di un concetto è una delle tante sfide a cui la filosofia della mente cerca di rispondere. Trovare una teoria che sia ampiamente condivisa è estremamente complesso, a causa della molteplicità degli indirizzi di ricerca. All’interno di quest’ambito variegato, si colloca la riflessione di Jerry A. Fodor. In Concetti. Dove sbaglia la scienza cognitiva (1998), l’autore offre un notevole contributo alla discussione circa i concetti in quanto stabilisce le condizioni non negoziabili che una teoria deve presentare.
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La teoria di sfondo: RTM
Prima di entrare nel vivo della questione, occorre esplicitare i presupposti che sottostanno alle posizioni di Fodor. In primo luogo, egli veicola una teoria rappresentazionale della mente. La mente opera su simboli o stringhe di simboli, che costituiscono, appunto, le rappresentazioni. Queste ultime presentano due caratteristiche: causalità e valutabilità semantica. Hanno poteri causali nella misura in cui una credenza determina il comportamento razionale:
“Per ogni episodio in cui si crede che P, c’è un episodio corrispondente in cui si ha, nella propria scatola delle credenze, una rappresentazione mentale che significa che P.”
Sono, inoltre, suscettibili di valutazione semantica: possono essere vere o false perché dotate di un contenuto intenzionale.
Pensare è calcolare
Assumendo che le rappresentazioni siano simboli, Fodor ne deriva che i processi mentali sono computazioni. Attraverso l’adozione del modello computazionale sviluppato da Alan Turing, il filosofo può affermare che il pensiero consista in un calcolo. In particolare, un calcolo che opera su occorrenze (token) di simboli che costituiscono degli oggetti fisici con proprietà semantiche:
“A una prima approssimazione, le computazioni sono quelle relazioni causali fra simboli che rispettano in modo affidabile le proprietà semantiche dei relata.”
Le rappresentazioni mentali possiedono, oltre che proprietà semantiche, anche proprietà sintattiche. Secondo Fodor, infatti, esse si identificano come i costituenti della lingua interna del pensiero. La LDP è un linguaggio interno, innato ed universale a cui ogni espressione di una lingua naturale può esser ricondotta. Le proprietà sintattiche e semantiche sono in armonia poiché la mente funziona come una buona macchina per conoscere il mondo e agire su di esso.
I requisiti di una teoria dei concetti
Per salvaguardare la RTM, Fodor necessita di una valida teoria dei concetti. I concetti sono, infatti, come si è visto, i costituenti del mentalese. Spinto da questo intento, egli individua cinque condizioni non negoziabili che qualunque teoria deve rispettare. Esse rappresentano, dunque, dei veri e propri parametri di valutazione.
- I concetti sono particolari mentali, dotati di poteri causali: possono fungere da causa ed effetto;
- Sono categorie, ovvero sono utilizzati per indicare classi di oggetti;
- La composizionalità: i concetti sono costituenti dei pensieri o di altri concetti. I concetti costituiti derivano il loro contenuto dai costituenti;
- Molti concetti devono rivelarsi appresi;
- La pubblicità, vale a dire che devono essere condivisi da molte persone.
Va aggiunto, inoltre, che la composizionalità si fonda due elementi tipici delle rappresentazioni mentali: produttività e sistematicità.
“Le credenze sono produttive in quanto vi è un’infinità di credenze distinte che una persona può avere […]. Le credenze sono sistematiche in quanto la capacità di avere ognuna di esse implica la capacità di averne molte altre che sono collegate a quella per quanto riguarda il contenuto.”
La proposta di Fodor: Atomismo Informazionale
A questo punto della discussione, Fodor espone i capisaldi della sua teoria dei concetti, ovvero l’Atomismo Informazionale. Quest’ultimo si regge su due componenti: semantica informazionale e atomismo concettuale.
La semantica informazionale afferma che il contenuto di un concetto è costituito dalla relazione causale mente-mondo. Avere un concetto significa, dunque, essere in una relazione causale mente-mondo.
L’atomismo concettuale dichiara, invece, che la maggior parte dei concetti è atomica. Tale assunto implica che tali concetti non siano derivati dall’esperienza, ma che siano non appresi. L’atomismo comporta, dunque, una forma di innatismo. Si tratta, tuttavia, di un innatismo sui generis: Fodor ritiene che sia sufficiente sostenere l’innatismo dei meccanismi piuttosto che quello dei concetti. Questi meccanismi assicurano che si dia la relazione causale mente-mondo tra l’occorrenza della rappresentazione mentale e la proprietà realizzata che essa simboleggia.
Teoria dell’errore e dipendenza asimmetrica
Se si ammette che il contenuto di un concetto è determinato dalla relazione mente-mondo, come è possibile giustificare l’errore? Fodor ha bisogno, a questo punto, di rompere il rapporto simmetrico tra rappresentazione e la proprietà che simboleggia. Per far sì che ciò avvenga, egli propone come soluzione alternativa la dipendenza asimmetrica.
La dipendenza asimmetrica, in buona sostanza, sostiene la natura accidentale dell’errore. La possibilità dell’errore dipende dalla possibilità di utilizzare in maniera veridica il concetto. La verità è metafisicamente prioritaria rispetto all’errore:
“«Mucca» significa mucca perché, come dirò d’ora in avanti, le occorrenze di «mucca» causate da non-mucche sono dipendenti asimmetricamente dalle occorrenze di mucca causate da «mucche» .”
Quest’asimmetria si connette alla robustezza del significato. Il significato è robusto nella misura in cui è indipendente rispetto dalla storia causale, che ha determinato l’occorrenza del simbolo che lo veicola.
Alessandra Bocchetti
Bibliografia:
Fodor J.A., Concetti. Dove sbaglia la scienza cognitiva, McGraw-Hill, Milano 1999;
Fodor J. A., Mente e linguaggio, a cura di F. Ferretti, Laterza, edizione digitale 2014;