Ormai lontani dalla concezione che il problema dell’intolleranza sia ascrivibile alla sola sfera religiosa, come argomentava Locke, oggi ci si interroga sulle possibilità concrete di favorire progetti che abbiano come obiettivo la tolleranza non solo tra gruppi etnici vari, ma anche tra singoli soggetti lontani dalle comunità di riferimento e sempre più inclini all’individualismo. Con un occhio rivolto al passato e l’altro proiettato nel futuro Michael Walzer, filosofo ebreo statunitense, rileva che l’assimilazione individuale da un lato e il riconoscimento del gruppo dall’altro non sono affatto esigenze che si escludono a vicenda. Infatti la politica e le società odierne hanno il dovere di considerare contemporaneamente entrambe queste forme di tolleranza e di promuoverne la realizzazione.
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Perché l’intolleranza è un concetto moderno?
Quel che siamo certi di poter dire sulla tolleranza è che si tratta di un concetto del tutto moderno. Walzer infatti esamina scrupolosamente alcuni fenomeni rintracciabili nell’antichità che mostrano chiaramente quanto il problema non avesse all’epoca la rilevanza che ha oggi. In prima istanza basta considerare gli imperi multinazionali dell’antichità, come quello di Alessandria.
Nell’età dei Tolomei infatti nell’impero alessandrino riuscirono a convivere pacificamente ebrei, egiziani e greci. Inoltre, pur essendo fortemente repressivi e autocratici nei riguardi dei popoli sottomessi, anche i consoli dell’impero romano dimostrarono in svariate occasioni di essere più imparziali dei governatori locali. Eppure anche Walzer ammette che oggi le cose sono molto diverse, ma perché?
La risposta più plausibile è che con l’avvento dello Stato moderno e dunque di una lingua comune, di usi e costumi uniformi e conformi allo stato di riferimento, sia venuto meno il valore della differenza e si sia accentuata l’ostilità verso le altre etnie.
Viene inoltre meno la consapevolezza che non esiste un prototipo di straniero inteso in senso assoluto, giacché ognuno di noi è assimilabile alla categoria in questione se si cambiano i riferimenti geografici. Walzer rivela allora un punto principale da cui partire per riflettere sulla tolleranza in modo costruttivo e cioè non considerarla innanzitutto in termini utopistici. Nel testo “Sulla tolleranza” Walzer scrive:
Sostenere che gruppi e/o individui diversi devono poter coesistere pacificamente non è come dire che occorre tollerare ogni differenza reale o possibile.
È doveroso piuttosto immaginare che vi siano delle politiche sociali tese ad incrementare varie forme di tolleranza, pur tenendo conto delle complessità e dei problemi generati dal multiculturalismo.
Forme di tolleranza e contraddizioni del multiculturalismo
Alla tolleranza degli antichi imperi, Walzer aggiunge quella della società internazionale, che però sembra realizzarsi solo attraverso gli accordi diplomatici. Nelle confederazioni invece la convivenza è più pacifica, perché il più delle volte i popoli che entrano a far parte della stessa comunità hanno condiviso già da tempo lo stesso territorio. Per ciò che concerne invece i gruppi di immigrati i problemi non solo sono quelli interni al gruppo: dunque non riguardano solo l’esigenza – in quanto minoranza- di farsi accettare, ma anche il fatto che pian piano si stia incrementando la discriminazione tra diversi membri di una stessa comunità. Di certo, secondo Walzer, tra tutte le forme di tolleranza la più peculiare resta quella degli stati nazionali. Lo stato nazionale è meno tollerante verso le minoranze e dunque meno propenso al multiculturalismo, ma paradossalmente è anche quello che maggiormente incentiva i gruppi minoritari ad essere tolleranti tra loro.
D’altra parte occorre considerare secondo Walzer che proprio il multiculturalismo, presentandoci un ventaglio di possibilità culturali, religiose e tradizionali, garantisce una maggiore libertà decisionale in merito alle nostre scelte e dunque anche in merito alla realizzazione della nostra identità.
Quel che si deduce da questa breve analisi è che il discorso sulla tolleranza nell’era postmoderna deve strutturarsi su due piani: il primo riguarda il riconoscimento di un gruppo da parte di un altro e l’altro riguarda la difesa dell’autonomia dell’individuo a prescindere dal gruppo di appartenenza.
La proposta di Michael Walzer
Quali sono allora le soluzioni da adottare, salvando solo ciò che di positivo presentano le forme di tolleranza suddette? Michael Walzer sostiene chiaramente che non esiste una forma universale che possa essere adottata in ogni contesto e tempo.
Proprio perché vi è questa impossibilità di fondo, occorre ragionare seriamente su quali provvedimenti ogni Stato può intraprendere per migliorare la situazione, tenendo presente che la tolleranza rappresenta per Walzer un bene in quanto necessità, giacché l’alternativa ad essa sarebbe il conflitto perenne. Si richiede dunque un impegno politico scevro dalle ideologie di turno e seriamente impegnato a realizzare progetti a sostegno della tolleranza, che oggi più che mai deve essere salvaguardata a favore della pace.
Tra questi spicca una politica di inclusione di stampo democratico, che favorisce a seconda dei casi minoranze di vario tipo: donne, ebrei, operai, immigrati. Un altro programma alternativo all’inclusione è secondo Walzer la separazione, ovvero garantire alle minoranze di autodeterminarsi autonomamente, definendo un confine geografico ed istituzionale. Inoltre anche la scuola pubblica improntata su una maggiore laicità potrebbe favorire la tolleranza.
Richiamandoci alla chiosa finale del testo di Walzer, possiamo asserire in definitiva che, se da un lato è vero che l’incontro ravvicinato con la differenza può essere fonte di turbamento anche per persone che non hanno inclinazioni fondamentaliste, è vero anche che la libertà non ha alcun valore se non trova dinanzi a sé una resistenza che le conferisce significato.
Giuseppina Di Luna
Bibliografia
Michael Walzer, Sulla tolleranza, Laterza editore, Roma-Bari 2015.