Gli appassionati lettori di Scienza, in particolare di Fisica delle astroparticelle, sentono spesso parlare di un’entità fugace: il neutrino. Ma cos’è? Perché questa particella così misteriosa è spesso al centro dell’attenzione dei moderni esperimenti di Fisica e perché si parla di Astronomia dei neutrini?
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Neutrini nel Modello Standard
Per rispondere a queste domande, partiamo un po’ più da lontano. Nel quadro delle attuali conoscenze, esistono quattro forze fondamentali; tre di queste – forza elettromagnetica, nucleare debole e nucleare forte – sono descritte nell’ambito del cosiddetto Modello Standard delle interazioni e delle particelle elementari (la quarta – la gravità – almeno per ora sembra sfuggire a questi schemi).
Il Modello Standard è costituito da “mattoncini” che sono le particelle elementari, le quali possono interagire fra loro in vari modi, scambiandosi altre particelle dette vettori. Fra le particelle elementari vi sono, appunto, i neutrini, assolutamente speciali in questo regno: hanno carica elettrica nulla, una massa estremamente piccola e sono altamente elusivi.
Eroi riluttanti
Talmente elusivi, che il fisico austriaco Wolfgang Pauli il 4 dicembre 1930, in una lettera aperta indirizzata ai “cari signore e signori radioattivi”, si sentì costretto a proporre l’esistenza di una particella neutra e debolmente interagente che potesse risolvere i seri problemi interpretativi che affliggevano lo studio del decadimento β. Per quasi tre decenni i fisici si misero invano alla ricerca di tracce di questa particella-fantasma, senza trovarne. Sembrava che Pauli avesse avuto ragione, quando disse:
Oggi ho fatto qualcosa di terribile, che nessun fisico teorico dovrebbe mai fare. Ho suggerito qualche cosa che non potrà mai essere verificato sperimentalmente.
Ma, nel giugno del 1956, Pauli ricevette un gioioso telegramma da Reines e Cowan che lo informavano di aver finalmente trovato quella particella, dopo aver progettato ed eseguito un complicato esperimento nelle vicinanze di un reattore nucleare (sorgente di anti-neutrini).
Abbondanti, ma estremamente riservati
I neutrini, in realtà, sono estremamente abbondanti in tutto l’Universo: basti pensare che una superficie da un centimetro quadrato (grande, all’incirca, quanto l’unghia di un pollice) è attraversata, ogni secondo, da circa 60 miliardi di queste particelle inviateci solamente dal Sole.
Ma neutrini vengono prodotti ovunque intorno a noi, per esempio dall’interazione fra i raggi cosmici e l’atmosfera o persino dal decadimento di un isotopo del potassio presente nel nostro corpo. Eppure, a causa della loro debolissima interazione con la materia, risulta estremamente difficile metterli in evidenza.
Ma questa loro capacità di attraversare pressoché indisturbati la materia li rende accattivanti. Essendo virtualmente privi di massa, viaggiano a velocità molto prossime a quella della luce nel vuoto; dunque, un neutrino prodotto dalle reazioni termonucleari che alimentano il Sole impiega circa due secondi a sfuggire dal nucleo della stella. D’altro canto, un fotone (il quanto di luce) impiega dai 10mila ai 100mila anni per attraversare la medesima distanza e raggiungere la superficie solare.
Ciò è dovuto alla presenza del plasma, uno stato della materia altamente ionizzato che rallenta la propagazione dei fotoni, ma non quella dei neutrini. Per questo motivo, gli esperimenti che rivelano neutrini sono gli unici che ci permettono di guardare direttamente (e quasi in tempo reale) nell’interno di una stella.
Questo in effetti è quanto sono riusciti a fare già nel 1998 i ricercatori giapponesi dell’esperimento Super-Kamiokande, in grado addirittura di fotografare il Sole… di notte! In altre parole, hanno creato un’immagine del Sole stando sul lato della Terra non illuminato, catturando i neutrini solari che hanno attraversato circa 12mila chilometri di rocce e materiale fuso.
Nascita dell’Astronomia dei neutrini e multi-messaggero
Grazie alle caratteristiche uniche di queste particelle, sul finire degli anni ’80 del secolo scorso ha visto la luce una nuova branca dell’Astronomia: quella neutrinica. Infatti, il 23 febbraio del 1987 gli esperimenti Kamiokande (Giappone), IMB (USA) e BNO (URSS) registrarono 12, 8 e 5 eventi, rispettivamente, che furono interpretati come burst di neutrini provenienti da un evento cosmico accaduto circa 170mila anni prima: l’esplosione della Supernova 1987A nella Grande Nube di Magellano.
L’evento fu visibile persino a occhio nudo e anche in questo caso – per via dell’elevata opacità della materia alla radiazione luminosa – i neutrini precedettero (di circa tre ore) l’arrivo della luce visibile dell’esplosione. Fu la prima rivelazione di neutrini da sorgente extragalattica e fece comprendere alla comunità scientifica l’importanza dell’aiuto fornito da queste particelle in Astronomia, come fossero dei veri e propri messaggeri di eventi rari e lontani.
Più recentemente, nel luglio del 2018, è giunta la notizia che la collaborazione IceCube (che opera tra i ghiacci del Polo Sud) ha rivelato un neutrino cosmico proveniente da un blazar – una galassia attiva con un buco nero supermassiccio al centro, distante da noi 4.5 miliardi di anni luce.
Messaggeri di nuova Fisica?
Ma l’importanza dei neutrini non si esaurisce certamente qui. Infatti, la Fisica teorica e sperimentale del neutrino è un campo di ricerca florido da svariate decadi e sembra essere, a oggi, l’unica ipotetica messaggera di Fisica oltre il Modello Standard.
Invero, per la loro natura puramente quantistica, i neutrini “oscillano”: durante la propagazione possono cambiare “identità” (associata a quello che i fisici chiamano sapore). Inoltre, sono le uniche particelle fondamentali che potrebbero coincidere con la propria anti-particella; il neutrino, in altre parole, potrebbe essere una particella di Majorana.
Infine, un occhio alla Cosmologia. I neutrini, e la loro abbondanza, giocano un ruolo importante nella comprensione dei processi di nucleosintesi da Big Bang che spiegano la formazione dei nuclei, che evolvono poi in strutture complesse (inclusi gli esseri umani). E le loro proprietà microscopiche potrebbero risultare il tassello mancante per la spiegazione dell’asimmetria cosmica fra materia e antimateria.
Vincenzo Ventriglia